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Issue 2 - 2023
Gestione dell’anafilassi: aggiornamento pratico per il pediatra (con particolare riferimento all’anafilassi da alimenti)
Abstract
L’anafilassi è una reazione di ipersensibilità sistemica a rapida insorgenza solitamente IgE mediata, a possibile esito fatale, causata da un rapido rilascio di mediatori, preformati e non, da mastcellule e basofili.
In età pediatrica gli alimenti sono fra le cause più comuni di reazioni anafilattiche, seguite dai farmaci. Le manifestazioni cliniche possono insorgere con alcuni sintomi prodromici che precedono sintomi a carico della cute o delle mucose, dell’apparato respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico. La diagnosi si basa essenzialmente su criteri clinici. Il trattamento consiste nel pronto riconoscimento dei segni e sintomi di una reazione anafilattica, seguito poi dalla rapida somministrazione di adrenalina intramuscolo, farmaco di prima scelta assoluta per la sua rapidità ed efficacia, preferibilmente tramite autoiniettore facile da utilizzare in pazienti opportunamente addestrati. Gli antistaminici sono utili solo nel trattamento dei sintomi cutanei (orticaria e prurito in particolare), mentre i cortisonici vengono consigliati per il trattamento dello shock e dell’asma assieme ai beta-2-agonisti per via inalatoria. È importante, infine, ricordare che, dopo il primo intervento medico, le reazioni anafilattiche impongono l’immediato ricovero in ospedale per l’ottimizzazione della terapia e per il monitoraggio, nelle ore successive, di eventuali riposte protratte o bifasiche che, seppure non frequenti, possono comunque mettere a rischio la vita del paziente.
INTRODUZIONE
L’anafilassi è una reazione di ipersensibilità sistemica a rapida insorgenza, potenzialmente pericolosa per la vita, che richiede interventi di emergenza.
Negli ultimi anni la letteratura internazionale ha prodotto molti articoli sull’argomento e, in particolare negli ultimi due, diverse importanti associazioni allergologiche e rianimatorie internazionali hanno pubblicato Linee Guida o Position Paper sull’argomento. Scopo del presente articolo è di fornire, alla luce della più recente letteratura, un aggiornamento pratico per il pediatra sulla diagnosi e terapia dell’anafilassi, con particolare riferimento a quella da alimenti che rappresenta la forma di anafilassi più frequente.
Nella maggior parte dei casi, l’anafilassi è una reazione IgE-mediata che porta al rilascio, da parte dei mastociti e dei basofili, di mediatori preformati, neoformati (a partire dalla parete cellulare) e citochine, responsabili delle manifestazioni cliniche. D’altro canto, anche reazioni immunologiche IgG-mediate o legate all’attivazione del complemento, mediante la formazione di immunocomplessi che portano alla degranulazione delle mastcellule, possono causare anafilassi. Ne sono esempio le reazioni in corso di emotrasfusioni o di somministrazione di IgG e.v. in bambini con immunodeficienza 1.
In età pediatrica gli alimenti rappresentano il principale fattore scatenante per una reazione anafilattica, seguiti dai farmaci e quelli maggiormente coinvolti cambiano a seconda dei vari studi, probabilmente in rapporto alle abitudini alimentari. In Italia, secondo uno studio multicentrico di qualche anno fa, gli alimenti più frequentemente coinvolti sono latte, uova, pesci e grano nei primi anni di vita, crostacei e legumi nell’età scolare, arachidi noci, grano e cereali in generale in tutta l’età pediatrica 2. Tra i farmaci responsabili i più comuni sono gli antibiotici betalattamici e i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) 3,4. Anche il veleno di imenotteri è in grado di scatenare reazioni anafilattiche. Vi sono poi alcuni cofattori che costituiscono fattori aggravanti, in grado di far evolvere una reazione allergica in anafilassi, come ad esempio lo sforzo fisico, lo stress, le infezioni, l’esposizione a farmaci antinfiammatori non steroidei e l’alcool 4. Quando la causa resta sconosciuta, si parla di anafilassi idiopatica.
Sono noti anche meccanismi non immunologici alla base di reazioni anafilattiche, come la degranulazione diretta dei mastociti scatenata da sostanze quali il mannitolo, la morfina, mezzi di contrasto e.v., o l’attivazione del complemento con formazione di anafilotossine. Tali reazioni precedentemente catalogate come reazioni anafilattoidi, oggi sono classificate come anafilassi non allergica.
Indipendentemente dalla patogenesi, i sintomi dell’anafilassi sono identici e normalmente coinvolgono cute e mucose, l’apparato respiratorio e quello gastrointestinale.
QUAL È L’EPIDEMIOLOGIA?
La frequenza degli episodi di anafilassi non è chiara. L’estrema variabilità nella sua definizione limita l’attendibilità degli studi epidemiologici. Quel che è certo è che l’incidenza e la prevalenza sembrano aumentate negli ultimi 10-20 anni. Resta da discutere se tale aumento sia dovuto a un effettivo incremento delle reazioni anafilattiche o a una maggior sensibilizzazione dei clinici e, di conseguenza, a un significativo miglioramento nel riconoscimento delle manifestazioni cliniche 5.
Pubblicazioni recenti evidenziano come l’incidenza globale di anafilassi sia compresa tra 50 e 112 episodi per 100000 persone in un anno, mentre la prevalenza varia dallo 0,3 al 3,1% 6-8. L’incidenza globale tra i bambini è stimata da 1 a 761 casi per 100.000 persone/anno. I dati europei riportano che più di un quarto dei casi di anafilassi avviene prima dei 18 anni 9. L’età maggiormente interessata è la fascia tra gli 0 e i 4 anni, anche se la mortalità è più frequente in età adolescenziale. Uno studio retrospettivo condotto negli Stati Uniti ha rilevato che gli accessi in Pronto Soccorso per anafilassi sono aumentati del 101% tra il 2005 e il 2014 e i ricoveri per lo stesso motivo sono aumentati del 37,6%. Lo stesso trend in aumento è stato riscontrato anche in Europa, nel Regno Unito e in Australia, quest’ultima al primo posto nell’incidenza delle ospedalizzazioni per anafilassi 7,10. Altri articoli, invece, sembrano dimostrare che la sua prevalenza negli ultimi 10-20 anni è rimasta stabile negli USA, in Australia e nel Regno Unito 11.
L’evitamento dei fattori scatenanti può essere difficile e il tasso di recidiva dell’anafilassi è abbastanza elevato (57 episodi/100 pazienti/anno) 12. Nonostante gli aumenti dei ricoveri, il tasso di mortalità globale per anafilassi rimane stabile tra 0,33 e 0,80 per milione di adulti l’anno. Nel complesso, i decessi correlati all’anafilassi rappresentano circa l’1% dei ricoveri e lo 0,1% degli accessi per anafilassi in Pronto Soccorso 13.
In età pediatrica i dati sull’anafilassi fatale sono pochi e variabili da paese a paese 11. Nel Regno Unito, dove dal 1992 esiste un registro nazionale per l’anafilassi fatale, il tasso di mortalità è più che dimezzato negli ultimi 20 anni 14. In uno studio statunitense è stato riportato che il 6,7% di 2458 decessi correlati all’anafilassi dal 1999 al 2010 era provocato dall’ingestione di alimenti, contro il 59% attribuito a farmaci 15. Questi dati sono in linea con quelli relativi alla mortalità osservata in Francia e Australia 16,17.
I fattori associati a un rischio più elevato di anafilassi fatale scatenata dall’ingestione di alimenti includono l’età adolescenziale, una storia di pregressa reazione, l’allergia al latte, nocciola, arachidi e anacardo, la presenza di asma bronchiale e l’assenza di sintomi cutanei 3,18.
QUALI SONO LE MANIFESTAZIONI CLINICHE?
L’anafilassi è la più grave delle reazioni allergiche, molte volte pericolosa per la vita. Il suo quadro clinico può includere tutti i segni clinici e/o i sintomi che possono comparire nel corso di una reazione allergica. Ogni segno o sintomo in realtà non è specifico dell’anafilassi e nemmeno di una reazione allergica in generale e per questo la sua diagnosi non è sempre facile. Sono indicativi di anafilassi, come vedremo in seguito, solo quelli più gravi che segnalano la possibile evoluzione verso l’insufficienza respiratoria, lo shock e il conseguente arresto cardiorespiratorio.
Il quadro clinico dell’anafilassi può insorgere con alcuni sintomi prodromici come il prurito, il bruciore delle mani, dei piedi, della regione anogenitale o la sensazione di ansia e/o disorientamento (i bambini piccoli a volte interrompono la loro attività e appaiono agitati) che precedono l’insorgenza dei sintomi più classici a carico della cute o delle mucose, dell’apparato respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico.
La cute e le mucose sono l’apparato più frequentemente interessato con la comparsa di eritema, pomfi, prurito, fino all’orticaria generalizzata talora con angioedema. Le manifestazioni compaiono anche in sedi distanti dall’eventuale contatto con l’allergene.
Le vie respiratorie rappresentano un’altra sede frequentemente coinvolta nella reazione allergica. La sintomatologia può iniziare con starnuti, secrezione e ostruzione nasale, tosse e wheezing e/o stridore laringeo fino alla comparsa di difficoltà respiratoria rilevante. L’asma compare più frequentemente nei bambini che già ne soffrono. Nel bambino l’esito fatale è determinato, nella maggior parte dei casi, proprio dall’insufficienza respiratoria, diversamente dall’adulto dove invece è più frequentemente causato dalla compromissione cardiovascolare.
I sintomi gastrointestinali possono manifestarsi con iniziale prurito orale e/o bruciore della lingua, dolori addominali, nausea, vomito o diarrea. La compromissione gastrointestinale di per sé non è pericolosa per la vita, ma in ogni caso deve mettere in allerta perché può associarsi alla comparsa di una compromissione cardiovascolare probabilmente legata a un aumento della permeabilità intestinale con perdita di liquidi nei tessuti, oltre che con la diarrea 2.
L’iniziale interessamento cardiovascolare è meno facile da rilevare per i genitori, perché si manifesta con tachicardia, cui può seguire ipotensione arteriosa, aritmie, bradicardia. L’interessamento cardiaco e respiratorio contribuisce alla comparsa dei sintomi neurologici, come malessere ingravescente, iporeattività o agitazione nei bambini più piccoli, fino alla sensazione di mancamento e perdita di coscienza. Alla risoluzione dell’evento può seguire cefalea.
Quello che deve indurre a sospettare la presenza di una reazione anafilattica è, nella maggior parte dei casi, l’insorgenza dei sintomi immediatamente dopo, o comunque al massimo qualche ora dopo, un possibile stimolo allergenico, quale ad esempio l’ingestione di un alimento inusuale o comunque comunemente allergizzante, la somministrazione di un farmaco, la puntura di un insetto, ecc. Infatti, come detto sopra, l’anafilassi è, nella maggior parte dei casi, legata a una reazione allergica di tipo IgE mediato responsabile di reazioni immunologiche di tipo “immediato”.
Il tempo trascorso tra l’assunzione del sospetto allergene e la comparsa dei sintomi è quindi uno dei criteri principali da tenere in considerazione nel sospetto di un’anafilassi e quanto è più breve, tanto maggiore è la probabilità che la reazione allergica possa evolvere in modo importante e pericoloso per la vita. La latenza temporale dipende anche dal tipo di allergene responsabile: in una casistica di soggetti deceduti per anafilassi i decessi si verificavano già entro 1-2 minuti (più comunemente entro 5’) dalla somministrazione del farmaco parenterale, entro 2-10 minuti (più comunemente entro 10-15’) dalla puntura dell’insetto o dall’assunzione del farmaco per via orale, entro 10-20 minuti dall’assunzione dell’alimento (più comunemente entro 30’). Molto raramente è stato segnalato un arresto cardiorespiratorio oltre le 4 ore dall’iniziale esposizione all’allergene 19.
QUAL È LA DEFINIZIONE DI ANAFILASSI PIÙ APPROPRIATA E QUALI I CRITERI DIAGNOSTICI?
La definizione dell’anafilassi è cambiata nel tempo e tuttora viene continuamente discussa e aggiornata nei diversi documenti (Tab. I), così come i criteri clinici indispensabili per facilitare una corretta diagnosi e la necessità o meno di iniziare l’approccio terapeutico.
A complicare ulteriormente il problema, vi è il fatto che il quadro clinico dell’anafilassi può essere estremamente variabile nei vari soggetti e anche nello stesso soggetto in diversi episodi e che, pur essendo potenzialmente pericolosa per la vita, regredisce nella maggior parte dei casi spontaneamente anche senza terapia adeguata, mentre l’anafilassi fatale si può verificare nonostante una terapia adeguata 20.
Per cercare di uniformare la diagnosi di anafilassi, nel 2006 nel corso di un Simposio Internazionale 21 sono stati proposti dei criteri che puntano sulla sensibilità a discapito della specificità (questo può giustificare l’aumento delle diagnosi di anafilassi riportate da alcuni studi epidemiologici), ma con l’obiettivo di uniformare il più possibile gli studi e favorire un precoce ricorso all’adrenalina intramuscolo.
I criteri clinici indicativi di anafilassi, proposti nel 2006, sono stati confermati successivamente anche nella pubblicazione dei Practice Parameters sull’Anafilassi del 2020 e quindi tuttora validi 22. Questi indicano che l’anafilassi è molto probabile in presenza di uno dei tre criteri clinici riportati nella Tabella II.
Questi criteri sono definiti “classici” perché includono le più frequenti modalità con cui si manifesta l’anafilassi, ma gli autori, sin dall’inizio, hanno precisato che l’anafilassi può manifestarsi anche con presentazione precoce, flushing generalizzato, con un sintomo isolato quale l’ipotensione improvvisa in un paziente senza evidenza di esposizione agli allergeni o con presentazione classica, ma a seguito di uno stimolo non allergico, come l’esercizio fisico. Tali criteri sono stati ritenuti efficaci nel diagnosticare l’anafilassi con una sensibilità del 95% 3.
Recentemente questi criteri sono stati ridiscussi e modificati dalla WAO Anaphylaxis Committee 20 che, allo scopo di renderli più semplici, ha accorpato i primi 2 criteri e integrato il terzo criterio dell’improvvisa ipotensione con un’improvvisa crisi di asma o compromissione laringea dopo contatto con allergene noto (Tab. III).
QUALI SONO I LIVELLI DI GRAVITÀ?
Le diverse definizioni di anafilassi sono accomunate dal descrivere l’anafilassi come una “reazione grave e/o pericolosa per la vita” 3-8 e molte di queste concordano sulla natura “acuta o rapida nell’esordio” e “sistemica”, ossia che interessa più organi e/o apparati 4,6-8.
Quindi, sebbene l’anafilassi sia una reazione per definizione grave, diversi sono stati i tentativi di distinguerne i livelli di gravità per il fatto che, ricostruire la gravità di una reazione allergica a posteriori è relativamente facile, ma non lo è affatto nel momento in cui si verifica. Considerando che i sintomi possono rapidamente evolvere nel tempo, è indispensabile avere dei riferimenti da un lato per non essere troppo aggressivi rispetto a reazioni modeste e dall’altro per non ritardare la somministrazione di adrenalina a fronte di una reazione che abbia un rischio anche piccolo di evolvere in una forma pericolosa per la vita. Un documento del 2003 a cura della Commissione Allergie Alimentari Anafilassi e Dermatite Atopica della Società Italiana di Immunologia e Allergologia Pediatrica (SIAIP), riprendendo una classificazione di Sampson 23, classificava l’anafilassi in lieve, moderata e grave; quella lieve e quella grave erano a loro volta suddivisi in 2 sottogruppi di gravità; a ognuno dei livelli di gravità corrispondeva una diversa indicazione alla somministrazione di adrenalina 24.
Tuttavia, va precisato che fornire una definizione dei livelli di gravità dell’anafilassi può essere veramente difficile. Non esiste, infatti, un consenso unanime in letteratura su quale sistema sia il più appropriato e questo per diversi motivi. Il primo fra tutti è che l’anafilassi fatale è un evento raro per cui gli studi su come prevenirla sono deboli e per ovvi motivi retrospettivi e non controllati. Inoltre lo stesso sintomo può essere frequente e di rado associato a forme gravi in base al fattore che ha scatenato l’anafilassi: ad esempio il vomito è frequente nelle reazioni IgE-mediate da alimenti, mentre è più raro e pericoloso se insorge in corso di reazione allergica sistemica a farmaci iniettivi o a veleno di imenotteri.
Un lavoro del 2018 ha messo in confronto ben 23 sistemi di classificazione sottolineandone le differenze 25. Quello proposto dalla WAO, originariamente utilizzato per le reazioni anafilattiche in corso di immunoterapia specifica, è stato successivamente modificato e adattato a tutte le cause di anafilassi 26. In tale classificazione si opera una distinzione ben precisa tra i quadri di anafilassi e quelli che non possono essere definiti tali, ma che potrebbero rientrare nelle reazioni generalizzate, tenendo presente che i sintomi possono modificarsi nel tempo 20. Prendendo spunto dalla tabella della WAO, ma anche facendo riferimento a una recente consensus multidisciplinare nella quale si è proposto un sistema di valutazione della gravità dei sintomi suggestivi di reazione allergica 27, abbiamo realizzato una tabella che suggerisce l’utilizzo dei farmaci in relazione al tempo decorso dalla comparsa dei sintomi e al tipo di sintomi presenti (Tab. IV).
In linea generale è noto che l’adrenalina viene spesso sottoutilizzata, che la sua tardiva somministrazione è correlata a un aumento della mortalità e che non sempre è possibile per un caregiver differenziare una reazione allergica generalizzata da un’anafilassi di 1° grado (ad es. senza visitare un bambino non è facile capire se la tosse è correlata o meno a broncospasmo, se ha un timbro laringeo, ecc.). Pertanto, di fronte a un bambino nel quale la reazione allergica si generalizzi rapidamente (5-10 minuti), si associ a tosse e in presenza di un quadro clinico importante che spaventa i genitori, pensiamo sia possibile suggerire che, anche solo nel dubbio di anafilassi, sia possibile trattarlo con adrenalina intramuscolo (Allegato 1).
ESISTONO ESAMI DI LABORATORIO UTILI PER LA DIAGNOSI DI ANAFILASSI?
La diagnosi di anafilassi è generalmente posta sulla base della storia clinica e di una recente esposizione a un allergene offendente 28. Tuttavia, alcuni esami di laboratorio su siero, plasma e possibilmente anche urine, raccolti durante o a breve distanza dall’evento acuto (indicativamente tra 15 minuti e 3 ore dall’insorgenza dell’evento), possono supportare la diagnosi clinica di anafilassi. Inoltre, gli esami di laboratorio possono essere di ausilio nella diagnosi differenziale e possono infine confermare la diagnosi di anafilassi in caso di esito fatale.
L’esame maggiormente utilizzato è il dosaggio plasmatico della triptasi, enzima che viene rilasciato dal mastocita, cellula centrale nella reazione allergica. Le forme che possono essere ricercate sono la triptasi matura e la triptasi totale. Sebbene la funzione biologica della triptasi non sia stata ancora pienamente definita, un aumento rapido dei suoi livelli nel siero o nel plasma indica un coinvolgimento dei mastociti nella manifestazione clinica osservata 29. I livelli sierici iniziano ad aumentare dopo 5 minuti dalla comparsa dei sintomi di anafilassi, raggiungono un picco tra 30 e 90 minuti, per poi mantenersi elevati per alcune ore in caso di aumenti consistenti data l’emivita di circa 2 ore. I valori normali di triptasi totale sono compresi tra 1 e 11,4 ng/ml (con un valore medio di 3-5 ng/ml, che può essere leggermente più elevato nel lattante rispetto ai bambini e agli adulti) 30; al contrario, i livelli sierici di triptasi matura non sono dosabili nei soggetti sani che non hanno avuto anafilassi nelle ore precedenti (< 1 ng/ml) (Tab. V).
Ai fini diagnostici, pertanto, si raccomanda di misurare i livelli della triptasi da mezz’ora a 2 ore dopo l’inizio della reazione (sebbene valori elevati possano persistere anche più a lungo) e di metterli a confronto con i livelli riscontrati almeno 24 ore dopo la risoluzione della sintomatologia, anche quando i livelli in fase acuta risultano nei limiti della norma. Questo perché ci sono condizioni, come i disordini mastocitari e l’alfa-triptasemia ereditaria, in cui i valori di triptasi sono già elevati di base e quindi solo una loro riduzione dopo la fase acuta può indirizzarci verso la diagnosi di anafilassi. A tale proposito, nel 2010, gli autori di una “consensus” sui disordini mastocitari, con particolare riferimento alle sindromi da attivazione dei mastociti, hanno concordato che il livello sierico acuto di triptasi totale, in un campione prelevato da mezz’ora a due ore dopo l’inizio della reazione, per essere indicativo di sindrome di attivazione mastocitaria e quindi di anafilassi, dovrebbe essere maggiore di almeno il 20% del valore basale di triptasi + 2 ng/ml 31.
Tuttavia è importante sottolineare che:
- la misurazione della triptasi non deve ritardare la somministrazione dell’adrenalina, se necessaria;
- l’aumento della triptasi non sempre si verifica in tutti i pazienti con anafilassi e un suo mancato riscontro non permette di escludere l’evento, soprattutto in età pediatrica e nelle reazioni indotte dagli alimenti, in caso di campioni raccolti dopo le 4 ore dall’inizio dell’episodio o in assenza di ipotensione;
- gli aumenti più consistenti sono stati osservati dopo anafilassi da farmaco;
- l’aumento di triptasi, infine, si correla con la gravità dell’ipotensione presente durante l’anafilassi e non con i segni o sintomi cutanei, respiratori o gastrointestinali 32.
Oltre la triptasi, un altro mediatore rilasciato in corso di anafilassi è l’istamina, amina biogena contenuta all’interno delle mastcellule e dei basofili. Anche per l’istamina, cosi come per la triptasi, qualsiasi aumento dei valori plasmatici o urinari può supportare la diagnosi di anafilassi, anche se valori normali non ne escludono la diagnosi. Una volta rilasciata dalle cellule, la maggior parte dell’istamina libera in pochi minuti viene metabolizzata in altri metaboliti (metilistamina e acido acetico metilimidazolico) che vengono escreti nelle urine e possono essere dosati in alcuni laboratori.
Sebbene Il dosaggio plasmatico dell’istamina abbia una sensibilità maggiore di quello della triptasi, la breve emivita ne limita l’utilità nella pratica clinica 4,20.
QUAL È LA GESTIONE TERAPEUTICA PIÙ APPROPRIATA DELL’ANAFILASSI?
L’insorgenza di una reazione anafilattica rappresenta una situazione medica d’urgenza che richiede un approccio basato su una rapida identificazione e valutazione dell’evento e un tempestivo trattamento 33.
Come già descritto in precedenza, può presentarsi clinicamente con sintomi a carico di diversi apparati e la sua gravità può variare non solo da individuo a individuo, ma, nel tempo, anche nello stesso individuo. La gravità dipende infatti da diversi fattori (caratteristiche individuali, sensibilizzazione, quantità di allergene, presenza di cofattori…) che a loro volta possono variare nei diversi episodi, cosa che rende impossibile prevederne a priori la gravità 21.
La corretta gestione di un episodio acuto di anafilassi è caratterizzata da due momenti fondamentali: il primo consiste nell’immediato utilizzo dell’adrenalina per via intramuscolare, anche da parte del paziente stesso opportunamente fornito di un piano terapeutico di emergenza personalizzato qualora accada al di fuori dell’ospedale, mentre il secondo nell’applicazione di ulteriori interventi terapeutici da parte di personale sanitario specializzato 20.
Pertanto attualmente le linee guida suggeriscono di seguire alcuni passaggi che prevedono inizialmente la rimozione, laddove è possibile, dell’eventuale fattore scatenante. Successivamente vanno allertati i servizi sanitari di emergenza e il paziente va posizionato correttamente in posizione supina con gli arti sollevati per garantire un adeguato ritorno venoso, evitandogli assolutamente di rialzarsi perché a questo potrebbe seguire un arresto cardiorespiratorio. Contestualmente vanno valutate le vie aeree, la respirazione, la circolazione, lo stato mentale e cutaneo; se è presente difficoltà respiratoria il paziente va messo in posizione seduta con gambe sollevate e piegate per ottimizzare lo sforzo respiratorio, e se vomita o è incosciente, va posizionato disteso sul lato sinistro. Contemporaneamente va somministrata l’adrenalina e infine, qualora fosse necessario, vanno iniziate prontamente le manovre di rianimazione cardiopolmonare 4.
L’adrenalina è efficace per il trattamento dell’anafilassi e qual è il momento ottimale per la sua somministrazione?
Anche se le prove a sostegno sono limitate a studi osservazionali per la difficoltà di effettuare studi controllati e randomizzati, la tempestiva somministrazione di adrenalina per via intramuscolare viene ormai da anni raccomandata come il trattamento di prima linea da utilizzare in presenza di un episodio acuto di anafilassi 34. Recentemente è stato evidenziato che tale trattamento, se messo in atto tempestivamente, potrebbe essere in grado di ridurre anche il rischio di insorgenza di reazioni bifasiche 19,35-37.
L’adrenalina esercita i suoi effetti in quanto agonista adrenergico non selettivo agendo rapidamente sui recettori alfa1 con vasocostrizione periferica e inversione dell’ipotensione, sui recettori beta1 con aumento sia della frequenza che della contrattilità cardiaca e sui recettori beta2 con riduzione della broncocostrizione.
Riduce, inoltre, l’edema della mucosa delle vie aeree, stabilizza le membrana dei mastociti e dei basofili 22,38,39 con inibizione del rilascio di mediatori dell’infiammazione, in particolare della PGE2, in modo, tempo e dose dipendente 40. Appare quindi evidente che l’adrenalina, se impiegata prontamente, non solo è utile per trattare tutti i sintomi associati all’anafilassi una volta comparsi, ma anche nel prevenire la loro possibile progressione, e un ritardo nella sua somministrazione può associarsi maggiormente alla comparsa di reazioni protratte, ipotensione ed esiti fatali 41-43.
Tuttavia, nonostante tali evidenze, attualmente l’adrenalina continua ancora a essere ampiamente sottoutilizzata 44,45 e pertanto è necessario sensibilizzare al suo corretto utilizzo oltre che i pazienti stessi, anche i caregiver e tutto quel personale sanitario che potrebbe trovarsi a gestire un episodio di anafilassi 20.
A proposito degli esiti fatali, va sottolineato che attualmente vengono descritti come un evento piuttosto raro 46-49. Ciononostante, poiché non è possibile prevedere la progressione dei sintomi in corso di anafilassi e la possibile evoluzione verso forme fatali, la maggior parte degli autori è concorde nell’incoraggiare un uso tempestivo e senza remore dell’adrenalina a fronte di un’anafilassi, evitando di dare eccessiva fiducia ad antistaminici e steroidi che, pur essendo buoni sintomatici, hanno una latenza d’azione che non si adatta ai tempi rapidissimi con cui una reazione anafilattica potrebbe evolvere 50,51.
Qual è la via ottimale di somministrazione dell’adrenalina (sottocutanea, intramuscolo o e.v.) e in quale zona va iniettata?
In assenza di studi comparativi che dimostrino l’uguale biodisponibilità ed efficacia dell’adrenalina somministrata per vie diverse da quella muscolare (ad es. sublinguale, inalatoria), quest’ultima rimane la via di somministrazione di scelta per la rapidità con la quale il farmaco viene assorbito e per il minor rischio di effetti avversi rispetto alla somministrazione e.v. 4,52. La somministrazione va effettuata nella superficie antero-laterale della coscia 4,20 in corrispondenza del muscolo vasto laterale del quadricipite 53. La somministrazione intramuscolare a livello deltoideo e la somministrazione sottocutanea non sono raccomandate per tassi di assorbimento più lenti 20,54-56.
La somministrazione per via intramuscolare è considerata di facile esecuzione e in generale sicura 52 se viene comparata alla somministrazione per via endovenosa 57.
Qual è il dosaggio ottimale? Il dosaggio va fatto in base al peso o in base all’età? E nel neonato con peso < 10 kg? Autoiniettore o siringa preriempita? È importante la lunghezza dell’ago?
In ambiente ospedaliero l’adrenalina va somministrata per via intramuscolare alla dose 0,01 mg/kg di peso corporeo in soluzione acquosa 1:1.000 (1 mg/ml), fino a un massimo di 0,5 mg per soggetti con peso uguale o superiore ai 50 kg 4,52.
Nei casi in cui non sia disponibile un peso corporeo recente o non sia rapidamente misurabile, è possibile adottare dei dosaggi standard in base all’età 20.
Nel caso di episodi di anafilassi al di fuori dell’ospedale e/o dei presidi sanitari, il paziente, opportunamente addestrato, deve utilizzare l’adrenalina per via intramuscolare tramite autoiniettore predosato. Al momento sul mercato sono disponibili tre autoiniettori di adrenalina in confezioni predosate da 0,15 mg, da 0,30 mg e da 0,50 mg. L’autoiniettore è da considerarsi sicuro, più veloce e poco incline a provocare errori nell’utilizzo rispetto alla somministrazione di adrenalina con siringa 4.
Gli autoiniettori vanno protetti, per quanto possibile, dalle sollecitazioni termiche ambientali e si consiglia di conservarli secondo le raccomandazioni del produttore, in genere a una temperatura ambientale di circa 25°C 4, con escursioni consentite da 15°C a 30°C. A tale proposito Rachid et al. sottolineano che la conservazione dell’autoiniettore a temperature troppo elevate (ad es. 70°C) può accelerare la degradazione dell’adrenalina contenuta e pertanto non va utilizzato per il rischio di erogare dosi significativamente più basse rispetto a quelle indicate in etichetta 58.
La Task Force dell’EAACI suggerisce di utilizzare il dosaggio da 0,15 mg di adrenalina con autoiniettore in bambini di peso compreso tra 7,5 kg e 25-30 kg, il dosaggio di 0,3 mg in bambini di peso oltre i 25-30 kg e almeno quello da 0,3 mg negli adolescenti.
Appare evidente che in bambini di peso tra i 7,5 kg e i 10 kg il dosaggio di 0,15 mg sia superiore a quello raccomandato in ambiente ospedaliero (0,01 mg/kg), ma l’EAACI rassicura che tale lieve sovradosaggio di adrenalina non rappresenta un rischio maggiore di eventi avversi 4.
A questo punto è opportuno fare due considerazioni circa l’utilizzo dell’adrenalina con autoiniettore. La prima riguarda i bambini di peso inferiore a 7,5 kg e la seconda quelli con un peso oltre i 30 kg.
Nei rari casi di anafilassi in bambini di peso inferiore a 7,5 kg, per poter somministrare dosi molto piccole in relazione al peso ridotto, l’adrenalina non va somministrata con l’autoiniettore, ma in soluzione acquosa (0,01 mg/kg per via intramuscolare) con siringa da insulina/tubercolina.
Rawas-Qalaji et al. suggeriscono, qualora si decida di consegnare direttamente ai genitori una siringa non sigillata e preriempita con adrenalina per il trattamento domiciliare dell’anafilassi, di segnalare loro il rischio di degradazione della soluzione per esposizione a temperature e umidità non adeguate e, in condizioni di alta umidità, la necessità di sostituirla con regolarità ogni 2 o al massimo ogni 3 mesi. Gli Autori, infatti, hanno evidenziato che la degradazione dell’adrenalina è più rapida nelle siringhe conservate a bassa umidità, suggerendo che le preoccupazioni sulla stabilità dovrebbero essere maggiori quando le siringhe sono conservate in ambienti caldi e asciutti. Contrariamente a quanto previsto, l’esposizione alla luce nelle condizioni testate non ha avuto alcun effetto significativo sulla dose di adrenalina rimasta nelle siringhe dopo 5 mesi di conservazione in condizioni di alta o bassa umidità 59.
Nel caso, invece, di pazienti con peso > 30 kg 22 si raccomanda di utilizzare comunque l’autoiniettore da 0,3 mg, anche se può essere presa in considerazione la possibilità di somministrare adrenalina intramuscolare in soluzione acquosa fino a un massimo di 0,5 mg o con autoiniettore da 0,5 mg, nel caso in cui il paziente abbia un peso > 40 kg o abbia avuto un precedente episodio di anafilassi severa (Tab. VI) 60.
La biodisponibilità del farmaco somministrato dipende, tra gli altri fattori, anche dalla profondità degli strati cutanei, del sottocutaneo e del tessuto adiposo sovrastanti il muscolo e di conseguenza dalla lunghezza dell’ago con il quale viene somministrato 61.
Circa la lunghezza ottimale dell’ago la letteratura non è concorde. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), utilizzando immagini di tomografia computerizzata e risonanza magnetica nucleare, ha raccomandato di utilizzare, per le iniezioni intramuscolari per le vaccinazioni, aghi di 16 mm nei neonati, di 25 mm tra 1 e 12 mesi e di 25-31 mm da uno a 18 anni 62,63 e queste raccomandazioni sono state di recente adottate anche per la somministrazione di adrenalina dal Working Group of Resuscitation Council 34.
D’altra parte, uno studio di Kim et al., eseguito mediante una ecografia e uno speciale trasduttore, ha suggerito che un ago di 12,7 mm potrebbe essere troppo lungo per i bambini piccoli e potrebbe esporre a iniezioni intraossee non intenzionali, potendo colpire l’osso nel 54,9% dei bambini di 7,5 kg di peso e nel 21,2% di quelli di 15 kg. Per tale motivo nei bambini piccoli sarebbe preferibile utilizzare aghi di 7-8 mm 64.
Al contrario diversi autori hanno sottolineato che nei bambini più grandi e soprattutto negli adolescenti e negli adulti, specie se in sovrappeso, un ago di 16 mm potrebbe non essere abbastanza lungo da raggiungere il muscolo, con la conseguente possibile ridotta efficacia 65,66. Tuttavia studi di farmacocinetica hanno evidenziato che, a parità di lunghezza di ago, alcuni autoiniettori possono raggiungere livelli sierici di adrenalina differenti, probabilmente in relazione alla diversa forza con cui il farmaco viene erogato 67,68. Per tale motivo l’EAACI ritiene che per ogni autoiniettore andrebbero forniti i relativi dati di farmacocinetica e che in assenza di questi, anche a parità di lunghezza di ago, non vada considerato che tutti gli autoiniettori siano egualmente efficaci 4.
Sta di fatto che la gran parte degli autoiniettori in commercio, compresi quelli attualmente presenti in Italia (Fastjekt, Jext, Chenpen), sono dotati di aghi di lunghezza variabile tra gli 8,5 e i 16 mm 69, anche se esistono in commercio autoiniettori con aghi di lunghezza superiore, ad es. Emerade, con un lunghezza variabile tra i 16 mm (150 mcg) e i 23 mm (300-500 mcg).
Infine, in caso di somministrazione di adrenalina tramite siringa preriempita con ago, per quanto detto sopra, va selezionato un ago di dimensioni adeguate all’età del paziente.
Sono necessarie dosi aggiuntive di adrenalina nel trattamento delle reazioni anafilattiche refrattarie al trattamento iniziale con adrenalina?
In assenza di miglioramento clinico dopo 5-10 minuti dalla prima dose di adrenalina intramuscolare è indicato ripetere la somministrazione di adrenalina intramuscolare 50 per una o due volte, sebbene la terza somministrazione si renda raramente necessaria 52.
In alcuni casi l’adrenalina per via intramuscolare può non essere efficace (ipotensione, broncospasmo severo) e, pertanto, può essere necessario somministrarla per via endovenosa, avendo cura di effettuare un continuo monitoraggio dei parametri vitali del paziente di tipo intensivistico per la possibile insorgenza di aritmie potenzialmente fatali 20,34,70.
A questo proposito la WAO 20 raccomanda di non utilizzare l’adrenalina per via endovenosa per il trattamento iniziale dell’anafilassi e, laddove fosse necessario, di farla somministrare da personale esperto nella preparazione e somministrazione delle corrette dosi. Esistono diversi protocolli per l’infusione di adrenalina a basso dosaggio per il trattamento delle reazioni refrattarie all’adrenalina intramuscolare. Uno in particolare, sviluppato da Brown et al., presenta un eccellente profilo di sicurezza ed efficacia e viene ampiamente utilizzato in Australia, Nuova Zelanda e Spagna come parte integrante delle linee guida nazionali per il trattamento dell’anafilassi in questi paesi (Tab. VII) 71.
A chi prescrivere l’autoiniettore di adrenalina e quanti autoiniettori prescrivere?
Le linee guida EAACI del 20214 forniscono le indicazioni per la prescrizione dell’autoiniettore di adrenalina a quei pazienti allergici che, per evidenze anamnestiche, coinvolgimento di particolari allergeni o predisposizione individuale, sono a rischio di sviluppare anafilassi, in modo tale da poter intervenire rapidamente sul territorio con il farmaco salvavita. Le linee guida distinguono raccomandazioni assolute e raccomandazioni relative alla prescrizione (Tab. VIII); nel caso delle raccomandazioni relative, il clinico deve considerare attentamente la prescrizione dell’autoiniettore nel caso siano presenti più di una delle condizioni nello stesso paziente. Le linee guida BSACI del 2016 72, pur non prevedendo la suddivisione in indicazioni assolute e relative, propongono indicazioni sovrapponibili alle linee guida EAACI, tranne la mancata indicazione alla prescrizione in corso di desensibilizzazione orale per alimenti (DOPA). Analogamente, le recenti linee guida australiane 60 non indicano la prescrizione di adrenalina in corso di DOPA e sottolineano altre condizioni in cui generalmente non è prevista la prescrizione (Tab. IX).
Una discordanza tra le diverse linee guida emerge in merito alla prescrizione per i pazienti con allergia IgE-mediata ad alimenti in assenza di anafilassi. A tale proposito, il pannello di esperti del NIAID 73, consiglia la prescrizione dell’autoiniettore di adrenalina in qualsiasi caso di allergia alimentare IgE mediata per l’impossibilità di predire successive reazioni severe, mentre le linee guida EAACI e BSACI si limitano a indicarne la prescrizione in caso di anafilassi o in caso di reazioni lievi a tracce di alimento.
L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) 74 ha recentemente sottolineato la possibilità di prescrivere due autoiniettori per ogni paziente, indicazione ripresa anche dalle linee guida EAACI 4 e sostenuta da alcune evidenze, nel caso di occasionale rischio di mancata somministrazione per guasto tecnico dell’autoiniettore, di inidonea sede di somministrazione del farmaco e della possibile necessità di due dosi successive di adrenalina che può verificarsi fino al 10% dei casi di anafilassi 75.
La questione, tuttavia, rimane controversa 76. Le linee guida EAACI, infatti, sottolineano che la prescrizione di due autoiniettori potrebbe ridurre la disponibilità del paziente nel portare con sé entrambi i farmaci e aumentare, in questo modo, i costi connessi alla patologia, come evidenziato anche da altri autori 77.
In conclusione, va rimarcato che, in corso di reazione anafilattica, il vero problema non è tanto quello di non avere un numero sufficiente di autoiniettori a disposizione, ma è quello di averli e non utilizzarli in maniera tempestiva e appropriata. Per tale motivo è molto importante, come vedremo successivamente, fornire al paziente e ai caregiver dettagliate istruzioni scritte circa il tempestivo e corretto utilizzo dell’adrenalina, sottolineando che è il farmaco di prima scelta, per efficacia e sicurezza, da utilizzare nel caso in cui la reazione evolva rapidamente in modo grave.
È efficace la somministrazione di fluidi per via endovenosa come trattamento adiuvante?
L’anafilassi può causare ipovolemia secondaria a vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare che a sua volta porta a maggiore rischio di collasso cardiocircolatorio 34,56.
È stato riportato in letteratura che anche reazioni lievi e moderate possono essere accompagnate da una riduzione del volume circolatorio sebbene non clinicamente evidente in quanto compensato da un aumento della frequenza cardiaca 34.
L’obiettivo principale del trattamento dell’anafilassi è ottimizzare il rilascio di adrenalina a livello tissutale 56,78. L’adrenalina potrebbe non essere efficace se la volemia non viene ristabilita, per cui il ripristino dei liquidi la aiuta a essere liberata più rapidamente rendendo più veloce la ripresa clinica del paziente 4,34,56.
È quindi raccomandata la somministrazione di fluidi per via endovenosa in corso di reazioni anafilattiche, indipendentemente dalla presenza di coinvolgimento del circolo, in modo da garantire un volume circolatorio adeguato e permettere la diffusione di adrenalina 34,56,78.
In caso di ipotensione o instabilità cardiocircolatoria è indicato somministrare boli per via endovenosa o intraossea, se vi è difficoltà nel reperire l’accesso vascolare, di soluzione fisiologica (20 ml/kg) o cristalloidi (10-20 ml/kg, massimo 500 ml per bolo) 4,20,78,79.
Gli antistaminici sono efficaci nel trattamento dell’anafilassi?
Gli antistaminici non risultano efficaci nel trattamento in acuto dell’anafilassi 4,20 e sono considerati farmaci di seconda-terza linea poiché iniziano ad agire 30 minuti dopo la somministrazione con un picco dopo 1-2 ore e non sono in grado di stabilizzare o prevenire la degranulazione dei mastociti. Non prevengono, inoltre, la comparsa di sintomi respiratori e/o cardiovascolari o di una reazione bifasica 22 e pertanto possono risultare utili solo nel trattamento dei sintomi cutanei (orticaria e prurito in particolare).
È preferibile utilizzare antistaminici orali non sedativi di seconda generazione e non quelli di prima generazione che causano sedazione e sonnolenza per ridurre il rischio che tali effetti collaterali possano essere confusi con i sintomi dell’anafilassi 34,56,79; inoltre non è consigliabile la loro somministrazione in bolo rapido per via endovenosa per il pericolo di peggioramento dell’ipotensione 80.
In letteratura sono riportati casi di assunzione domiciliare di antistaminici in corso di anafilassi che hanno ritardato l’accesso a strutture sanitarie e di conseguenza il tempestivo trattamento con adrenalina e pertanto, poiché i sintomi cutanei rispondono anche all’adrenalina intramuscolo, gli antistaminici non sono raccomandati fintanto che la reazione acuta non è stata adeguatamente trattata con interventi terapeutici più appropriati 20,34.
I corticosteroidi sono efficaci nel trattamento dell’anafilassi?
I corticosteroidi sono utilizzati molto più frequentemente dell’adrenalina nel trattamento in acuto dell’anafilassi, con conseguenti ritardi nella somministrazione di quest’ultima 79. A tale proposito esistono in letteratura sempre maggior evidenze su come i corticosteroidi non debbano essere considerati come farmaci da impiegare in prima battuta principalmente a causa della latenza d’azione di 4-6 ore dalla loro somministrazione 4,20,56 e, secondariamente, anche per la loro scarsa efficacia nella prevenzione delle reazioni bifasiche e dei sintomi prolungati e nella riduzione della severità della reazione 4,22,34,61.
La somministrazione di corticosteroidi è invece raccomandata come seconda linea nel trattamento dell’anafilassi in caso di shock, anafilassi refrattaria a 2 dosi di adrenalina e asma non controllato 78,79.
In uno studio canadese eseguito su una casistica importante (3494 casi di anafilassi arruolati sia prospettivamente che retrospettivamente), la somministrazione di cortisone, prima di arrivare in ospedale, è stata associata a un aumento dei ricoveri in terapia intensiva con un OR di 2,84 (95% CI 1,5-6,97, dopo correzione per età, sesso, asma, gravità della anafilassi e somministrazione di adrenalina e antistaminici) 81.
Per tale motivo le recenti linee guida dell’European Resuscitation Council si sono espresse contro l’uso degli steroidi nell’anafilassi e ne consigliano l’utilizzo come terza linea di intervento per il trattamento dello shock e dell’asma. Entrambe le raccomandazioni sono stimate come “certezza delle evidenze debole e molto bassa“ 34, mentre il documento della WAO a riguardo, afferma che “esistono evidenze sempre maggiori che i glucocorticoidi possono non essere utili nell’anafilassi e anzi potrebbero essere dannosi” 20.
I beta-2 agonisti per via inalatoria sono efficaci nel trattamento dell’anafilassi?
I beta-2 agonisti per via inalatoria, salbutamolo in particolare, non prevengono, né migliorano l’ostruzione delle vie aeree superiori, l’ipotensione o lo shock, ma devono essere considerati utili in presenza di ostruzione bronchiale. In presenza di sintomi lievi o moderati, si possono usare dispositivi MDI mediante distanziatore; al contrario, in caso di sintomi severi è preferibile utilizzare la somministrazione tramite aerosol 4,34.
Nel trattamento dell’anafilassi l’uso di beta-2 agonisti è quindi raccomandato dopo l’adrenalina intramuscolo, in presenza di sintomi delle basse vie aeree 34,78.
Per quanto tempo i pazienti devono essere tenuti in osservazione ospedale dopo un episodio di anafilassi?
In seguito a un episodio di anafilassi, anche se i sintomi sono regrediti, è necessario tenere in osservazione il bambino poiché nel 3-20 % dei casi la sintomatologia può riprendere senza una nuova esposizione all’allergene (reazione bifasica) in modo del tutto imprevedibile. Anche se l’anafilassi bifasica per definizione può verificarsi entro 72 ore, una revisione sistematica di 27 studi ha mostrato che circa la metà degli episodi di anafilassi bifasica si verifica dopo 10-11 ore 37.
Per tutti questi motivi attualmente, le diverse linee guida non sono concordi nel definire la durata dell’osservazione ospedaliera dopo un episodio di anafilassi, che può oscillare da 1 ora nei pazienti senza caratteristiche di severità dalla regressione dei sintomi sino a 12 ore o più nei pazienti con reazione grave che ha necessitato di 2 o più dosi di adrenalina 56 (Tab. X). Molte linee guida hanno proposto di stratificare il rischio sulla base dei suddetti fattori di rischio (Tab. XI) 34,78.
A noi sembra opportuno fare riferimento al documento dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI) 4 che raccomanda un’osservazione di 6-8 ore per i pazienti che hanno presentato sintomi respiratori e di almeno 12-24 ore in caso di ipotensione/shock, considerando però di allungare il tempo di osservazione in presenza dei fattori di rischio elencati nella Tabella XI.
Infine, si raccomanda l’osservazione notturna ospedaliera in caso di episodio di anafilassi severa o prolungata necessitante diverse dosi di adrenalina intramuscolo o fluidi endovena, se il paziente ha in anamnesi un’anafilassi severa o protratta o se presenta comorbidità (asma severo, aritmia, mastocitosi sistemica), se vive lontano da presidi di emergenza oppure se si presenta in Pronto Soccorso di sera 79.
QUAL È L’IMPATTO DELL’ANAFILASSI SULLA QUALITÀ DELLA VITA?
Dopo aver ricevuto una diagnosi di allergia alimentare, è sempre presente un certo grado di ansia e di vigilanza nei bambini che ne sono affetti e nelle loro famiglie, con possibili ripercussioni sulla qualità della vita 82,83.
A tale proposito, diversi studi pubblicati in letteratura hanno cercato di individuare eventuali fattori predittivi. Nel lavoro di Warren et al., l’allergia ad allergeni più globalmente diffusi come latte e uovo risulta influire maggiormente sulla qualità della vita rispetto all’allergia ad allergeni facilmente eliminabili dalla dieta come l’arachide 84. Diversamente, Floskra-De Blok et al. e Morou et al. hanno riscontrato che è la reazione allergica in quanto tale ad avere un forte impatto negativo sulla qualità di vita, indipendentemente dalla severità dei sintomi e dal numero o tipo di allergene alimentare implicato 85,86.
L’impatto sociale ed emotivo dell’allergia alimentare è considerevole. In ambito scolastico, dove i bambini devono dichiarare la loro patologia e i genitori preparare quotidianamente il pasto specifico, può influenzarne la frequenza 87,88. Inoltre, più del 30% di bambini e adolescenti allergici subiscono atti di bullismo e uno studio italiano riporta come il 25,8% di tali adolescenti riferisca di essere stato bersaglio di multipli episodi di bullismo 88,89.
Generalmente, l’ansia parentale aumenta dopo nuove reazioni o quando il bambino raggiunge l’adolescenza e quindi una maggiore indipendenza con minore supervisione dei genitori 82.
Tale condizione è tipicamente temporanea grazie anche al supporto imprescindibile per cercare di affrontare e ridurre il grado di ansia, paura e depressione e l’istruzione da parte del clinico, che permette di migliorare le capacità di gestire una reazione anafilattica da parte dei genitori 82,87.
In alcuni casi però l’ansia raggiunge livelli esagerati e determina comportamenti di evitamento dell’alimento spesso eccessivi e non necessari 82. Dal momento che la prevalenza dell’allergia alimentare è in aumento, verosimilmente anche pazienti e familiari con forte ansia e stress sono destinati ad aumentare e tale aumento è accentuato dai rari incidenti fatali secondari ad anafilassi che vengono trasmessi dai media 82.
Va ricordato, tuttavia, che, come abbiamo visto, la mortalità legata ad anafilassi è molto rara. Ciononostante, i potenziali danni derivanti da approcci preventivi per mitigare il rischio di anafilassi non sono insignificanti e possono portare talora a eccessivi interventi precauzionali. Pertanto è di estrema importanza cercare di ridurre l’overdiagnosi e la fobia del rischio anafilattico instaurando percorsi di supporto e istruzione adeguati a ogni contesto 90.
COME EFFETTUARE L’EDUCAZIONE E IL TRAINING DEI PAZIENT I A RISCHIO DI ANAFILASSI E DEI LORO CAREGIVER?
La Task Force EAACI raccomanda di fornire una formazione strutturata e completa per migliorare la conoscenza e l’uso degli autoiniettori di adrenalina nei soggetti a rischio di anafilassi. Esistono, infatti, evidenze dalla ricerca e dall’esperienza clinica che le informazioni e il supporto se ripetuti aiutano i pazienti a essere più informati e di conseguenza più sicuri nella gestione dei trigger e nella risposta in caso di emergenza 4,12,91. Tuttavia, il grado di evidenza degli studi randomizzati e controllati condotti in merito, rimane basso.
Non è ancora chiaro quali tipi di formazione e supporto siano realmente più efficaci: secondo alcuni autori il confronto diretto (face-to-face) con il paziente da parte di personale qualificato rimane l’approccio in grado di garantire una migliore compliance nella gestione dell’anafilassi 91, contrariamente a quanto dimostrato da vari studi riguardo l’insegnamento nella gestione di alcune situazioni di emergenza come nel caso della rianimazione cardiopolmonare 92.
D’altro canto, il fornire istruzioni su come evitare l’allergene responsabile e sull’utilizzo dell’autoiniettore spesso è insufficiente per ottenere una comprensione efficace da parte del paziente. Alcuni autori sottolineano che solo la metà dei pazienti con anafilassi ricorrente è in grado di utilizzare correttamente l’autoiniettore di adrenalina, nonostante siano stati istruiti sia visivamente, che verbalmente da personale addestrato e siano stati forniti di documentazione cartacea 12,93. Questo è spesso legato a un mancato riconoscimento dei sintomi dell’anafilassi, a una mancanza di disponibilità di autoiniettori e a una mancanza di familiarità con le tecniche adeguate per la somministrazione 94.
A tale scopo negli ultimi anni sono stati sviluppati dei piani di azione personalizzati che vengono forniti ai pazienti e ai loro caregiver per aiutarli nella gestione a lungo termine del rischio di anafilassi. Tali piani d’azione prevedono istruzioni precise sul rapido riconoscimento dei sintomi dell’anafilassi e delle situazioni in cui si rende necessaria la somministrazione di adrenalina. Inoltre forniscono indicazioni su come comportarsi in caso di emergenza e su come utilizzare l’autoiniettore di adrenalina che deve essere sempre portato con sé. L’allegato 1, elaborato dalla nostra Commissione Allergie Alimentari e Anafilassi della Società Italiana di Immunologia e Allergologia Pediatrica (SIAIP), fornisce un chiaro esempio di un piano d’azione da adottare in caso di reazione anafilattica.
La maggior parte delle morti per anafilassi alimentare sono avvenute nella fascia d’età degli adolescenti-giovani adulti 95,96. Solo il 10% degli studenti universitari a rischio di anafilassi alimentare portava con sé sempre l’autoiniettore di adrenalina. Questi dati sono facilmente riconducibili a un atteggiamento di negazione o di assunzione del rischio che contraddistingue questa fascia d’età, unitamente all’erronea convinzione di non essere a rischio, avendo trascorso un lungo periodo senza presentare sintomi 12.
Nonostante l’assenza di reazioni allergiche, i soggetti a rischio di anafilassi necessitano costantemente di mettere in atto strategie di evitamento del fattore scatenante e devono essere preparati per la gestione dell’emergenza, il che implica certamente un carico psicologico non indifferente sia da parte del paziente stesso che dei suoi familiari.
Alcuni studi hanno evidenziato come alcune strategie possano riuscire a ridurre l’ansia e a migliorare la qualità di vita. Brockow et al. 12 hanno dimostrato come un intervento educativo standardizzato in due sessioni da 6 ore, migliora le conoscenze e le capacità pratiche di gestione delle emergenze nel periodo subito dopo la formazione e a distanza di 3 mesi. Un altro tentativo potrebbe essere quello di istruire i pazienti all’utilizzo dell’autoiniettore mediante autoiniettori o siringhe contenenti soluzione salina allo 0,9%, ma anche in questo caso sono richieste risorse e preparazione adeguate 97,98.
Ancora, durante i challenge alimentari o farmacologici eseguiti in ambiente ospedaliero, si potrebbe incoraggiare i pazienti e i relativi caregiver a utilizzare, in caso di comparsa di sintomatologia significativa di anafilassi, il proprio autoiniettore per migliorare la fiducia in questa procedura 12,99.
Un’altra considerazione da fare riguarda l’importanza della sensibilizzazione e dell’educazione dei caregiver. Poiché la maggior parte delle reazioni anafilattiche (87%) si verifica a casa o in presenza di membri della famiglia, i genitori in particolare, ma anche chi quotidianamente si trova a gestire un soggetto a rischio (baby-sitter, personale scolastico…) dovrebbero essere istruiti adeguatamente 94.
Come per i pazienti, anche ai caregiver è necessario fornire istruzioni riguardo le misure appropriate per evitare gli allergeni, anche avvalendosi del consulto con un/una dietista a orientamento allergologico e illustrare e fornire un piano d’azione terapeutico personalizzato che va revisionato a intervalli regolari insieme al personale sanitario. È necessario, infine fornire anche spiegazioni sulla gestione in caso di scadenza dei dispositivi, su come rinnovarne la prescrizione senza rischiare di rimanere senza farmaco e prevedere dei re-training in caso di sostituzione del dispositivo.
Un altro aspetto non trascurabile è rappresentato sempre dalla qualità di vita delle famiglie di pazienti a rischio di anafilassi che vivono comunque una situazione di ansia e stress.
Uno studio qualitativo finalizzato a definire l’impatto globale dell’anafilassi sulla qualità di vita dei caregiver ha messo in luce, ad esempio, come una diagnosi di allergia alimentare sia responsabile di un peggioramento nella percezione della qualità di vita da parte dei genitori che di conseguenza impatta anche su quella dei figli. I genitori coinvolti nello studio hanno dichiarato di avere necessità di essere inseriti in un contesto educativo per la gestione dell’anafilassi e delle allergie alimentari e come primo approccio hanno richiesto per lo più di potersi confrontare con esempi reali di pazienti che hanno vissuto un’esperienza simile e che convivano con la necessità di dover utilizzare un farmaco salvavita 100. Pertanto anche prevedere dei gruppi di supporto può rappresentare una strategia che contribuisce a migliorare la percezione e la gestione dell’anafilassi. In tutti i casi, il confronto con il personale addestrato e l’allenamento ripetuto risultano essere gli approcci più efficaci nel migliorare la gestione dell’anafilassi.
In ambito scolastico esistono evidenze emergenti a sostegno della necessità di migliorare le direttive per la gestione dell’anafilassi. In particolare, l’anafilassi alimentare si verifica nelle scuole più che in qualsiasi altro ambiente comunitario. Fornire un supporto educativo in ambito scolastico aiuterebbe in generale a migliorare la consapevolezza, consentirebbe agli adolescenti di autogestire con maggior fiducia l’allergia alimentare e consentirebbe alle scuole di sviluppare protocolli adeguati a ridurre al minimo il rischio in caso di eventi avversi 4. Tuttavia esistono non pochi ostacoli nel mettere in pratica tali propositi e nel migliorare la politica scolastica in tal senso 101.
Pertanto, è necessario lavorare ancora per cercare soluzioni pratiche specifiche per la scuola, incluso il modo migliore per formare il personale scolastico 12.
COME EFFETTUARE L’EDUCAZIONE E IL TRAINING NEI PROFESSIONISTI SANITARI (PEDIATRI DI FAMIGLIA, MEDICI DI MEDICINA GENERALE, MEDICI DI PRONTO SOCCORSO, INFERMIERI)?
Gli operatori sanitari spesso non sono preparati a riconoscere e gestire l’anafilassi. Pertanto, la task force EAACI suggerisce di utilizzare prove di simulazione e ausili visivi, metodi peraltro già ben consolidati in medicina. Le prove di simulazione potrebbero essere inserite nei programmi di formazione per gli operatori sanitari; per quanto riguarda il materiale visivo si potrebbe prendere in considerazione flow-chart tascabili, poster, app elettroniche, video costantemente aggiornati e accessibili 12. Per quanto riguarda i programmi di formazione mediante simulazioni pratiche, i costi possono risultare elevati e anche dispendiosi in termini di tempo; le istruzioni visive invece sono sicuramente più economiche da produrre ma forse, come per i pazienti, il confronto face-to-face con operatori esperti rimane l’approccio che alla fine raggiunge maggiormente lo scopo.
Figure e tabelle
ASCIA Guideline (2020) 60 | Qualunque malattia a esordio acuto con manifestazioni cutanee tipiche (orticaria, eritema/flushing, angioedema) più coinvolgimento respiratorio e/o cardiovascolare e/o persistenti e gravi sintomi gastrointestinali |
Ogni esordio acuto di ipotensione o broncospasmo o ostruzione delle alte vie respiratorie se l’anafilassi è considerata possibile anche se non sono presenti manifestazioni cutanee | |
WAO (Cardona 2020) 20 | L’anafilassi rappresenta l’estremo più grave dello spettro delle reazioni allergiche |
Practice Parameters Update (Shaker 2020) 22 | L’anafilassi è una reazione allergica sistemica acuta e pericolosa per la vita che può avere un’ampia gamma di manifestazioni cliniche |
Guideline S2k (Ring 2021) 102 | La definizione di anafilassi non è standardizzata a livello internazionale ... |
Le reazioni anafilattiche sono tra gli eventi più gravi, potenzialmente pericolosi per la vita e drammatici presenti in allergologia | |
European Resuscitation Council (Dodd 2021) 34 | La WAO definisce l’anafilassi come “una grave reazione di ipersensibilità sistemica che di solito ha un esordio rapido e può causare la morte” |
EAACI Guidelines (Muraro 2021) 4 | L’anafilassi è una reazione pericolosa per la vita, caratterizzata dall’insorgenza acuta di sintomi che coinvolgono diversi organi e che richiedono un intervento medico immediato |
Resuscitation Council UK (Baseggio Conrado 2021) 14 | Una grave reazione di ipersensibilità sistemica che di solito ha un esordio rapido e può causare la morte (in riferimento a WAO) |
L’anafilassi è molto probabile se viene soddisfatto uno dei seguenti criteri: |
---|
• Insorgenza improvvisa (da minuti ad alcune ore) di un quadro clinico che coinvolga la cute e/o le mucose (ad es. orticaria generalizzata, prurito o flushing, angioedema delle labbra, della lingua o dell’ugola) insieme a uno dei seguenti: |
– sintomi o segni respiratori improvvisi (ad es. respiro corto, respiro sibilante, tosse, stridore) |
– un’improvvisa diminuzione della pressione sanguigna o sintomi di disfunzione d’organo (ad es. ipotonia-collasso, incontinenza) |
• Due o più dei seguenti quadri clinici che si verifichino improvvisamente dopo l’esposizione a un probabile allergene o ad altri trigger per quel paziente (da minuti a qualche ora): |
– improvviso quadro clinico che coinvolge la cute e/o le mucose (ad es. orticaria generalizzata, prurito o flushing, angioedema delle labbra, della lingua o dell’ugola) |
– sintomi o segni respiratori improvvisi (ad es. respiro corto, respiro sibilante, tosse, stridore) |
– improvvisa diminuzione della pressione sanguigna o sintomi di disfunzione d’organo (ad es. ipotonia-collasso, incontinenza) |
– improvvisi sintomi del tratto gastrointestinale (ad es. crampi addominali, vomito) |
• Calo della pressione sanguigna dopo il contatto con un allergene noto al paziente o un altro trigger di anafilassi (da minuti a qualche ora) |
1. L’ anafilassi è molto probabile se viene soddisfatto uno dei due seguenti criteri: |
Esordio acuto di una malattia (da minuti a diverse ore) con coinvolgimento simultaneo della cute e/o delle mucose o di entrambi (ad esempio, orticaria generalizzata, prurito o flushing (vampate di calore), angioedema delle labbra-lingua-ugola) |
E almeno uno dei seguenti: |
Compromissione respiratoria (ad es. dispnea, respiro sibilante-broncospasmo, stridore, PEF ridotta, ipossiemia) Riduzione della pressione arteriosa o sintomi associati di disfunzione dell’organo terminale (ad es. ipotonia [collasso], sincope, incontinenza) Sintomi gastrointestinali (ad es. forte dolore addominale, crampi, vomito ripetitivo), in particolare dopo esposizione ad allergeni alimentari |
2. Esordio acuto di ipotensione o broncospasmo o coinvolgimento laringeo dopo esposizione a un allergene noto o altamente probabile per quel paziente (da minuti a diverse ore), anche in assenza di coinvolgimento cutaneo tipico |
Sintomi | Cutaneo | Gastrointestinale | Respiratorio | Cardiovascolare | Neurologico e altro | Trattamento |
---|---|---|---|---|---|---|
Reazione allergica (segni o sintomi a carico di un solo apparato) | Orticaria e/o angioedema, eritema-sensazione di calore e/o prurito, ecc. (limitato a meno del 50% della superficie corporea) | Formicolio, o prurito delle labbra o angioedema (non laringeo), nausea, dolore addominale, 1-2 episodi di vomito, ecc. | Starnutazioni, rinorrea, prurito nasale, e/o congestione, necessità di schiarirsi la gola (prurito in gola) e/o tosse non correlata a broncospasmo | Nessuno | Eritema, prurito congiuntivale o lacrimazione e/o nausea e/o sapore metallico | Antistaminico |
Reazione allergica generalizzata (segni o sintomi a carico di 2 o più apparati) | Come sopra + prurito generalizzato, flushing (che si estende a oltre il 50% della superficie corporea) | Come sopra | Come sopra | Nessuno | Come sopra + variazioni del livello di attività | Antistaminico + (se la reazione si generalizza rapidamente o non si sia sicuri di escludere sintomi più gravi) |
Adrenalina + - cercare aiuto - rimuovere eventuale trigger se possibile | ||||||
Anafilassi 1° grado (Segni o sintomi a carico di 2 o più apparati. Solo raramente sintomi cardiovascolari e/o respiratori isolati) | Come sopra | Come sopra + crampi addominali e/o 3 o più episodi di vomito o diarrea o 2 di entrambi | Come sopra + raucedine, disfagia, stridore, broncospasmo lieve, ad es., tosse, wheezing, respiro corto che risponde al trattamento, senza difficoltà respiratoria, lieve gonfiore della lingua o ugola | Tachicardia, aritmie, vertigini, confusione, palpitazioni, presincope | Letargia o irritabilità e pianto, senso di morte imminente, crampi uterini | Adrenalina + antistaminici (se sintomi cutanei) + beta2 stimolanti (se sintomi di asma) + steroidi |
- mantenere il paziente sdraiato con gambe sollevate se sintomi cardiovascolari o seduto se sintomi respiratori + come sopra | ||||||
Anafilassi 2° grado (Segni o sintomi a carico di 2 o più apparati. Solo raramente sintomi cardiovascolari e/o respiratori isolati) | Come sopra | Come sopra | Broncospasmo con difficoltà respiratoria, ad es. che non risponde al trattamento o peggiora nonostante il trattamento e/o edema laringeo con stridore | Collasso, ipotensione, cianosi | Glasgow Coma Score (GCS) 13-14 e/o collasso | Adrenalina (ripetere dopo 5-10 minuti se non risponde) + antistaminici + beta2 stimolanti + steroidi + fluidi EV + come sopra |
Anafilassi 3° grado (segni o sintomi a carico di 2 o più apparati. Solo raramente sintomi cardiovascolari e/o respiratori isolati) | Come sopra | Come sopra | Insufficienza respiratoria | Perdita di coscienza (esclusa la forma vaso-vagale) | Convulsioni, GCS < 13 | Adrenalina (ripetere dopo 5-10 minuti se non risponde) + antistaminici + beta2 stimolanti + steroidi + fluidi EV + come sopra |
Condizione clinica | Livelli di triptasi (ng/ml) | Rapporto triptasi totale/matura | |
---|---|---|---|
Totale | Matura | ||
Normale | 1-11.4 | < 1 | Non applicabile |
Anafilassi | > 20% triptasi basale + 2 | > 1 | < 10 |
Mastocitosi sistemica | > 20 | < 1 | > 20 |
Alfa-triptasemia ereditaria | ≥ 8 | < 1 | Non applicabile |
DOSAGGIO ADRENALINA | |||
---|---|---|---|
Età (anni) | Peso (kg) | Vol. adrenalina 1:1000 | Adrenalina autoiniettore |
~ < 1 | < 7,5 | 0,1 ml | Non disponibile |
~ 1-2 | 10 | 0,1 ml | 7,5-20 kg device 0,15 mg |
~ 2-3 | 15 | 0,15 ml | |
~ 4-6 | 20 | 0,2 ml | |
~ 7-10 | 30 | 0,3 ml | 20-30 kg device 0,3 mg |
~ 10-12 | 40 | 0,4 ml | > 40 kg (adolescenti) |
~ > 12 e adulti | > 50 | 0,5 ml | device 0,3-0,5 mg |
Noa: da foglietto illustrativo l’autoiniettore da 0,5 mg non è raccomandato in età pediatrica. |
Schema per l’infusione di adrenalina in corso di anafilassi |
---|
1. Preparazione |
• Monitoraggio fisiologico continuo (ECG, Sp02, pressione sanguigna ogni 3-5 minuti) |
• Somministrare l’adrenalina tramite pompa di infusione attraverso una linea dedicata o con valvole anti-reflusso su tutte le altre linee, per evitare che possa risalire in un’altra sacca di fluidi invece che nel paziente |
• Prestare attenzione alle infusioni sullo stesso lato di un bracciale per la pressione sanguigna (le frequenti misurazioni possono interferire con l’infusione) |
• Prima sacca: 1 mg di adrenalina in 100 ml di soluzione fisiologica = 0,01 mg/ml |
– In pratica 1 ml/kg/h fornisce l’equivalente di una dose di 0,01 mg/kg nell’arco di un’ora |
2. Inizio e regolazione |
• Iniziare con 0,5-1 ml/kg/ora (30-100 ml/ora negli adulti) a seconda della gravità della reazione: |
– Gravità moderata: 0,5 ml/kg/ora |
– Gravità severa: (ipotensione o ipossia): 1 ml/kg/ora |
• Aumentare o diminuire in base alla risposta, mirando alla più bassa velocità di infusione efficace |
– Tenere conto di una breve emivita di eliminazione; lo stato stazionario viene raggiunto 5-10 minuti dopo una variazione della velocità di infusione |
• Tachicardia, tremore e pallore con una pressione sanguigna normale o aumentata sono segni di tossicità dell’adrenalina |
• Ridurre la velocità di infusione (se la tossicità è grave, interrompere brevemente l’infusione prima di riprenderla a una velocità inferiore) |
– La velocità massima di sicurezza dell’infusione di adrenalina non è nota, ma è probabilmente pari a 6 ml/kg/ora della soluzione di 1 mg in 100 ml |
3. Riduzione e cessazione |
• Appena la reazione si risolve poiché un’infusione, che in precedenza era terapeutica, può iniziare ad avere effetti tossici: |
– Quando i sintomi iniziano a risolversi, iniziare a ridurre l’infusione, se possibile, a circa la metà della velocità iniziale |
• 60 minuti dopo la risoluzione di tutti i sintomi e segni ridurre l’infusione di altri 30 minuti per poi interromperla; osservare attentamente la comparsa di possibili recidive |
Raccomandazioni assolute e relative alla prescrizione di adrenalina in età pediatrica |
---|
Raccomandazioni assolute |
Precedente anafilassi da alimenti, lattice o aeroallergeni |
Precedente anafilassi indotta da esercizio |
Precedente anafilassi idiopatica |
Concomitante asma persistente non controllata o moderato-severa o concomitante allergia alimentare* |
Allergia al veleno di imenotteri in pazienti con coinvolgimento più esteso rispetto al solo apparato muco-cutaneo o a elevato rischio di riesposizione |
Durante e dopo l’immunoterapia per il veleno di imenotteri in pazienti con reazioni più estese rispetto al solo apparato muco-cutaneo e rischio di recidiva |
Mastocitosi sistemica con coinvolgimento cutaneo severo (> 50%) e aumentato livello di triptasi seriche (> 20 ng/ml) e con forma bollosa nei primi tre anni di vita |
Raccomandazioni relative |
Pregressa reazione lieve o moderata ad alimenti* noti per essere associati con reazioni anafilattiche nell’area geografica di appartenenza |
Adolescenti con reazioni allergiche ad alimenti di grado lieve-moderato* |
Distanza dall’ospedale o frequenti viaggi all’estero in caso di reazioni lievi-moderate ad alimenti, veleno di imenotteri, lattice o aeroallergeni |
Pregressa reazione lieve-moderata a tracce di alimento* |
Pazienti con allergia al veleno di imenotteri o allergia a farmaci con coinvolgimento più esteso rispetto al solo muco-cutaneo e concomitante malattia cardiovascolare |
Immunoterapia orale per alimenti |
* A eccezione della “pollen food syndrome” a meno di anamnesi positiva per sintomi sistemici. |
Condizioni in cui generalmente non viene prescritto l’autoiniettore |
---|
Asma senza storia di anafilassi o reazioni generalizzate |
Nei casi in cui l’allergene può essere evitato facilmente |
Sindrome orale allergica |
Aumento delle IgE specifiche in assenza di storia di reattività clinica |
Storia familiari di anafilassi o allergia |
Reazioni locali a punture di insetto |
Rash generalizzato a punture di ape o vespa |
Pregressa allergia alimentare |
Angioedema isolato |
ASCIA Guideline (2020) | Dimissione dopo almeno 4 ore in caso di: |
• Pazienti a rischio di ricomparsa dei sintomi, reazioni protratte e/o bifasiche | |
WAO (Cardona 2020) 20 | Circa la metà degli episodi di anafilassi bifasica si verifica entro 6-12 ore dall’esordio dell’anafilassi |
• Tutti i pazienti affetti da anafilassi devono essere osservati, in particolare quelli che hanno avuto bisogno di dosi multiple di adrenalina o che hanno avuto delle reazioni gravi | |
Shaker et al. (2020) 22 | Dimissione dopo 1 ora in caso di: |
• Pazienti senza caratteristiche di severità dalla regressione dei sintomi | |
Dimissione dopo almeno 6 ore in caso di: | |
• Pazienti a rischio di reazione bifasica o a rischio di fatalità per comorbidità cardiovascolari o impossibilità di accesso all’adrenalina o a Pronto Soccorso | |
Guideline S2k (Ring 2021) 102 | Non ne tratta |
Dodd et al (2021) 34 Resuscitation Council UK (Baseggio Conrado 2021) 14 | Dimissione dopo 2 ore in caso di: |
• Buona risposta (entro 5-10 min.) a una singola dose di adrenalina somministrata entro 30 minuti dall’insorgenza della reazione | |
• Risoluzione completa dei sintomi | |
• Paziente che dispone già di autoiniettore di adrenalina non utilizzato ed è stato addestrato al suo utilizzo | |
Dimissione dopo almeno 6 ore se: | |
• è stato necessario somministrare 2 dosi di adrenalina intramuscolo, oppure se ha presentato in passato una reazione anafilattica bifasica | |
Dimissione dopo 12 ore o più se: | |
• Reazione grave che necessita di > 2 dosi di adrenalina | |
• Il paziente ha un’asma grave o la reazione ha comportato una grave compromissione respiratoria | |
• Possibilità di assorbimento continuo dell’allergene, ad esempio farmaci a lento rilascio | |
• Il paziente si presenta a tarda notte, o potrebbe non essere in grado di reagire a un eventuale peggioramento | |
• Pazienti in aree in cui l’accesso alle cure d’emergenza è difficile | |
EAACI Guidelines Muraro et al. (2021) 4 | Dimissione dopo 6-8 ore in caso di: |
• Pazienti che hanno presentato sintomi respiratori | |
Dimissione dopo almeno 12-24 ore in caso di: | |
• Pazienti con ipotensione | |
N.B. tenere in considerazione anche i fattori di rischio elencati nella Tabella XI |
Legati al paziente |
• Affetto da asma grave |
• Si verifica di sera e non sembra in grado di curarsi se dovesse ripresentarsi |
• Potrebbe avere difficoltà a tornare in PS |
• Ha già avuto un’anafilassi bifasica |
Legati alla reazione |
• Ha avuto una reazione multiorgano |
• Ha avuto un grave interessamento respiratorio |
• Ha avuto necessità di più di 1 dose di adrenalina |
• È causata da allergeni il cui assorbimento continua |
• Si ignora la causa della anafilassi |
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