Abstract

Gli acari della polvere, house dust mites (HDM), specialmente nelle regioni a clima temperato, rappresentano una delle principali fonti ambientali di allergeni inalanti, la cui inalazione, in soggetti sensibilizzati e geneticamente predisposti, può causare la comparsa o l’aggravarsi di patologie allergiche come rinite e asma bronchiale. Esistono poi evidenze concrete che, accanto alla via di sensibilizzazione allergica, gli HDM arrivino a esercitare un’azione infiammatoria direttamente sulla barriera epiteliale, potendo quindi rivestire un importante ruolo anche nella patogenesi della dermatite atopica. Un aspetto tuttora molto discusso rimane quello della profilassi ambientale, nell’ottica di una prevenzione delle patologie allergiche legate alla presenza degli HDM, sebbene diversi studi abbiano comunque dimostrato lo stretto legame tra esposizione agli HDM e rischio di sensibilizzazione allergica e comparsa quindi delle patologie a essa correlate. D’altronde difficilmente potrà essere la singola misura preventiva a sortire effetti significativamente positivi, bensì potrà farlo un insieme di specifici provvedimenti applicati con costanza nel tempo. L’applicazione di apparecchi a ultrasuoni nell’ambiente domestico (camera da letto) parrebbe poter rappresentare una novità nell’ottica di una bonifica ambientale, ma sarebbero necessari ulteriori studi in merito. L’impiego dell’immunoterapia specifica, invece, poggia le sue indicazioni su basi solide e ormai scientificamente ben comprovate, rimanendo l’unica terapia in grado non solo di migliorare i sintomi e il ricorso ai farmaci, ma anche di centrare l’obiettivo primario di indurre un’auspicabile specifica tolleranza, nonché di prevenire lo sviluppo di nuove sensibilizzazioni allergiche.

INTRODUZIONE

È ormai trascorso più di mezzo secolo dalla pubblicazione del primo studio sugli HDM 1, seguito poi, negli anni, da un numero sempre maggiore di lavori che hanno identificato proprio negli HDM la principale fonte di allergeni inalanti nell’ambiente domestico, nonché una importante fonte di sensibilizzazione e quindi un fattore di rischio per patologie allergiche quali la rinite allergica, l’asma bronchiale e la dermatite atopica (DA) 2,3. Nei paesi a clima temperato oltre la metà dei soggetti allergici mostra una sensibilizzazione all’acaro della polvere e fino all’85% dei bambini che soffrono di asma bronchiale sono sensibilizzati alle principali specie di Dermatophagoides 4.

HOUSE DUST MITES

Seguendo la nomenclatura degli allergeni raccomandata dalla WHO (le prime tre lettere indicano il genere, spazio, la prima lettera indica la specie, spazio, un numero romano indica l’ordine cronologico della sua identificazione), sono elencati al momento più di 60 allergeni di Dermatophagoides pteronyssinus e Dermatophagoides farinae, nonché 14 allergeni di Blomia tropicalis. Nella polvere di casa gli allergeni più rilevanti sono i pellet fecali delle specie Dermatophagoides pteronyssinus, in primis Der p 1, Der p 2, Der p 23 (ma anche Der p 5, Der p 7, Der p 21) e Dermatophagoides farinae (Der f 1 e Der f 2). Tra essi, i primi allergeni purificati furono il Der p 1, una glicoproteina termolabile presente soprattutto nel materiale fecale dell’acaro che costituisce la forma principale attraverso cui gli allergeni degli acari si disperdono nell’ambiente domestico, e il Der p 2, una proteina solubile che si ritrova maggiormente come componente dell’esoscheletro: Der p 1 e Der p 2 vengono considerati gli allergeni maggiori del Der P in quanto riconosciuti dalla stragrande maggioranza dei soggetti sensibilizzati all’acaro 5. Recentemente, poi, il gruppo di Valenta ha individuato un altro allergene maggiore, il Der p 23, una proteina della matrice peritrofica che avvolge le feci dell’acaro. Tale molecola è riconosciuta dal 74% dei pazienti allergici al Der p 1 e Der p 2 ed ha un importante ruolo sia per la diagnosi che per l’immunoterapia specifica (AIT) nei pazienti allergici agli acari. Gli allergeni degli HDM, contenuti non solo nelle particelle fecali, ma anche nell’intestino, negli esoscheletri e nelle uova, entrando in contatto con gli epiteli delle vie respiratorie superiori e inferiori, ma anche degli occhi, della pelle e dell’intestino, possono indurre sensibilizzazione e quindi malattie atopiche di tipo respiratorio quali rinite, congiuntivite, sinusite e asma bronchiale 6. Le proteasi dell’acaro, inoltre, causando un danno epiteliale diretto attraverso la rottura delle giunzioni strette con conseguente rilascio di citochine proinfiammatorie, entrano direttamente in causa nella patogenesi della dermatite atopica 7. Va infine segnalato che, accanto a patologie prettamente “distrettuali”, manifestazioni allergiche di natura sistemica possono verificarsi in soggetti allergici all’acaro a seguito di ingestione di invertebrati come i crostacei, a causa di reazioni crociate tra gli allergeni in essi presenti con allergeni degli acari stessi. Tutto questo è da imputare alla presenza di Tropomiosina Der p 10, l’allergene maggiore dei crostacei che risulta essere responsabile della crossreattività molecolare, con ripercussioni cliniche a seguito di sensibilizzazione inalatoria di altri invertebrati tipo appunto gli HDM 8 (Box 1).

BOX 1. Acari quali allergeni e dove? Nella polvere di casa gli allergeni maggiormente rilevanti sono i pellet fecali di Dermatophagoides pteronyssinus e Dermatophagoides farinae, ta cui i Der p 1, Der p 2, Der p 23 (e anche Der p 5, Der p 7, Der p 21), Der f 1 e Der f 2.

L’HABITAT

Nei paesi a clima temperato oltre la metà dei soggetti allergici mostra una sensibilizzazione all’HDM e fino all’85% dei bambini che soffrono di asma bronchiale sono sensibilizzati al Dermatophagoides pteronyssinus (DP) e/o al Darmatophagoides farinae (DF) 9. Benché la presenza di HDM sia principalmente documentata nell’ambiente strettamente domestico, essi si possono ritrovare, in percentuali quantitativamente variabili, anche negli ambienti di lavoro, in ambito scolastico e nei mezzi di trasporto 10.

In uno studio condotto negli USA si è riscontrato che circa la metà delle abitazioni aveva livelli pari o superiori alla presunta soglia di sensibilizzazione allergica (> 2 ug/g) 11.

Nonostante gli HDM possano quindi adattarsi a sopravvivere in qualsiasi ambiente chiuso e i loro allergeni vengano ritrovati in serbatoi presenti in vari luoghi della casa, come mobili, giocattoli, tappeti e materiali imbottiti 11, il loro habitat principale rimane senza dubbio quello della camera da letto (e in special modo nei materassi e cuscini), in quanto in essa siamo soliti trascorrere gran parte delle nostre giornate. In questo specifico ecosistema gli acari trovano infatti le condizioni ambientali idonee alla loro sopravvivenza: temperatura e umidità adeguate, sovente scarsità di illuminazione, nonché la presenza di fonti di nutrimento rappresentate soprattutto dalla desquamazione della cute umana e dai residui alimentari 12.

BOX 2. Nelle abitazioni gli acari trovano il loro ambiente ideale, oltre che su moquette, tappeti e tende, soprattutto nei materassi e cuscini delle camere da letto, anche perché è lì che trascorriamo molto ore della nostra giornata. Da non dimenticare una possibile significativa presenza negli ambienti scolastici e nei mezzi di trasporto.

Negli ultimi decenni, poi, i progressivi e talora radicali cambiamenti sia negli arredamenti delle abitazioni che nelle abitudini delle nostre attività domestiche hanno via via causato un progressivo incremento della proliferazione degli HDM. Se per esempio negli anni indietro i tappeti venivano regolarmente sbattuti all’aria aperta e magari lasciati al sole o al freddo per ore e ore, ai nostri giorni l’uso dell’aspirapolvere consente di mantenere i tappeti costantemente all’interno delle stanze. D’altronde il sempre più diffuso uso del riscaldamento fa sì che in inverno si raggiungano costantemente quei valori di temperatura ottimali per lo sviluppo degli acari. La stessa umidificazione dell’aria interna nei micro-ambienti viene mantenuta spesso fra 50 e 70%, anche a causa della ridotta ventilazione che fa diminuire la dispersione del calore, con conseguente aumento dell’umidità. In linea generale si è osservato come la presenza degli acari nel corso dell’anno, nei nostri climi, tenda ad aumentare soprattutto nel periodo che va da maggio a ottobre, per poi tendere a diminuire fra dicembre ed aprile, mentre la concentrazione degli allergeni pare raggiungere il picco massimo fra luglio e dicembre, mantenendosi inferiore fra aprile e maggio 13. Altro fattore ambientale che influenza la presenza quantitativa degli HDM è rappresentato dall’altitudine: sembra infatti ormai accertato che gli acari tendano a scomparire nelle case di alta montagna, qualora cioè l’altitudine superi i 1.600 metri 14 (Box 2).

PROFILASSI AMBIENTALE COME PREVENZIONE

Da queste premesse consegue quanto sia importante mettere in atto una efficace profilassi ambientale al fine di contenere il più possibile la presenza degli HDM, attuando tutta quella serie di misure che riescono, seppur parzialmente, a impedirne la proliferazione, esistendo, specie in età pediatrica, una sicura correlazione tra il grado di esposizione agli allergeni degli acari e il rischio di sensibilizzazione allergica 15. Si parla nello specifico di mettere in atto una prevenzione primaria qualora ci si prefigga di impedire nel soggetto una sensibilizzazione immunologica (formazione di IgE specifiche) verso gli allergeni dell’acaro e una prevenzione secondaria qualora si intenda prevenire le malattie che possono farne seguito. Varie sono le misure utilizzate nel tempo per ridurne la presenza negli ambienti domestici, tuttavia queste stesse misure sono da sempre oggetto di controversie, specie riguardo la loro efficacia proprio in rapporto alla effettiva realizzabilità dell’insieme dei provvedimenti. È indubbio che sia molto difficile arrivare a ottenere un completo controllo ambientale, anche perché difficilmente sarà l’efficacia del singolo intervento a portare a risultati clinici ben documentabili: questo può spiegare il motivo per cui gli studi relativi al controllo dei sintomi di malattie come l’asma bronchiale e la rinite allergica attraverso la riduzione degli allergeni abbiano portato a risultati contrastanti. In tema di profilassi ambientale il primo auspicabile accorgimento a livello domestico è costituito dalla semplice rimozione di tende, tappeti e moquette, nonché dal lavaggio con acqua calda (50-60°C) della biancheria da letto, da ripetersi almeno una volta la settimana (in alternativa idoneo anche il congelamento per 12 ore) 16. Altro intervento ambientale altrettanto fondamentale si basa sul costante controllo dell’umidità, in quanto gli acari per crescere e riprodursi hanno proprio bisogno di un idoneo e costante tasso di umidità: un tasso costante di umidità relativa compreso tra il 45 e il 50% rappresenta il range ottimale per avere un buon controllo ambientale, mentre tassi più alti, anche per periodi relativamente brevi, sarebbero sufficienti per far sopravvivere e moltiplicare gli HDM. Questi dati spiegherebbero il peggioramento dei sintomi respiratori di molti rinitici e asmatici in alcune stagioni dell’anno 17. Una ulteriore misura necessaria e indispensabile è costituita dall’uso quotidiano di aspirapolvere dotati però di filtro antiparticolato HEPA ad alta efficienza; sebbene essi non siano comunque in grado di rimuovere gli acari vivi da materiali tipo tappeti e tende, data la loro capacità di “aggrapparsi” a qualsiasi superficie, esistono evidenze, sia pure contrastanti, che il loro uso continuo e capillare possa in ogni caso arrivare a ridurre i sintomi respiratori in soggetti atopici sintomatici, risultando quindi utile in un piano generale di interventi preventivi 18. È interessante al proposito notare che questi pulitori furono sviluppati per la prima volta nel 1942 come parte del programma per rimuovere le particelle di uranio dall’aria a Oak Ridge nel Tennessee: ciò portò in seguito allo sviluppo di questi filtri che sono costituiti da un’ampia area di carta piegata che consente il passaggio dell’aria e rimuove il 99,7% di particelle fino a 0,1 μm. Viceversa, il ricorrere all’uso di acaricidi chimici che avrebbero la finalità di uccidere gli acari della polvere presenta oggettivi svantaggi legati sia alla breve durata di azione che alla sicurezza, specie appunto nell’ottica di un impiego in ambito domestico. Tra le misure di riduzione dell’esposizione agli allergeni degli HDM la più controversa e discussa rimane senza alcun dubbio l’utilizzo di rivestimenti a trama fitta per materassi e guanciali. Tempo addietro la plastica era ritenuta l’unico materiale in grado di fungere da valida barriera antiacaro, visti anche gli scarsi risultati ottenuti coi più disparati tessuti presi in considerazione; essa risultava tuttavia scarsamente gradita, aumentando considerevolmente la sudorazione. Si sono quindi testati nel tempo vari altri tipi di tessuti semipermeabili, via via sempre meno scomodi, fino a quando, verso gli inizi degli anni 2000, hanno iniziato a essere commercializzati nuovi tipi di tessuto a trama particolarmente fitta, costituiti cioè da una dimensione dei pori inferiore a 6-10 μm: questi si sono rivelati non solo particolarmente efficaci per le fodere di cuscini e materassi, ma anche molto più comodi e di maggior gradimento. Come già premesso, le principali Linee Guida si sono tuttavia mostrate costantemente scettiche nei confronti di questa tipologia di misura preventiva, limitandosi per lo più a riconoscere come talora il singolo paziente possa comunque trarne una qualche forma di beneficio. Per esempio, GINA (Global Initiative for Asthma), nelle sue varie edizioni, non ha mai raccomandato come strategia generale l’evitare gli allergeni, limitandosi a rilevare prove assai limitate di beneficio clinico, specie in riferimento a un simile approccio riferito nello specifico agli aeroallergeni indoor attraverso una strategia singola. GINA osserva, nello specifico, come le strategie per evitare gli allergeni possano essere sia complicate che costose e non esistano comunque metodi convalidati per identificare coloro che potrebbero trarne o meno beneficio 19. La ragione di questo atteggiamento scettico va sicuramente ricercata nei risultati contraddittori delle acquisizioni scientifiche sull’argomento, dovuti per lo più al fatto che nei vari lavori presi in considerazione non venivano differenziati i vari tipi di tessuto impiegati nei rivestimenti di materassi e cuscini; in realtà non si può certo negare che proprio la trama del rivestimento assuma una importanza fondamentale, dal momento che i tessuti a trama “meno fitta” sono suscettibili di costituire addirittura un fattore peggiorativo, in quanto proprio nel loro interno gli stessi acari possono trovare un ambiente ideale per annidarsi e moltiplicarsi, tra l’altro in maniera difficilmente rimovibile. E d’altronde non si può neppure negare come sia esperienza comune del clinico, di fronte a un paziente allergico all’acaro con sintomatologia correlata, poter constatare che il semplice uso di coprimaterasso e copricuscino a trama fitta costituisce un primo importante e tangibile passo verso un’attenuazione della sintomatologia, in caso sia di paziente con rinite allergica che di paziente con asma bronchiale. Anche i soggetti affetti da DA e sensibilizzati all’HDM, potendo l’esposizione all’acaro, sia per via inalatoria che per contatto diretto, riacutizzare la malattia, possono beneficiare dell’utilizzo di coprimaterasso e copricuscino a trama fitta, sebbene ci siano dati discordanti sulla loro assoluta efficacia 20. La stessa American Academy of Dermatology consiglia l’impiego di federe copricuscino e coprimaterasso a trama fitta nei pazienti sensibilizzati ad HDM e con DA non controllata dalla terapia topica 21. Da tener inoltre presente come spesso i pazienti allergici possano reagire a una varietà di altri stimoli in molti casi difficili se non impossibili da evitare. Da queste premesse si evince che per un’efficace azione preventiva sia comunque necessario un approccio multiforme che tenga conto delle varie strategie per evitare l’allergene e che sia individualizzato anche in base al tipo di locale o abitazione. Inoltre, pare oltremodo strettamente necessario mantenere questa pratica nel tempo al fine di preservare gli eventuali risultati positivi raggiunti 22.

GLI ULTRASUONI

Nel tentativo di eliminare o quantomeno ridurre la presenza “numerica” degli HDM nell’ambiente domestico, si è anche tentato di percorrere strade alternative. Un metodo che pareva riservare promettenti potenzialità di successo consiste nell’impiego di apparecchi a ultrasuoni che dovrebbero sortire l’effetto di ridurre la carica ambientale degli HDM. Sono stati condotti al riguardo alcuni studi in cui gli autori hanno utilizzato apparecchi a ultrasuoni di dimensioni ridotte, grandi circa come il mouse di un computer, capaci di emettere onde a ultrasuoni, la cui frequenza si aggira intorno ai 40.000 Hz (inudibili quindi dall’orecchio umano e innocui per gli esseri viventi). Gli apparecchi venivano in genere installati nelle camere da letto dei pazienti e fatti funzionare in modo continuativo per un periodo variabile, secondo il protocollo del singolo studio, da un minimo di 3 a un massimo di 6 mesi. Le conclusioni dei lavori sembrerebbero attestare una certa efficacia degli ultrasuoni come agenti attivi nella bonifica ambientale. In particolare uno studio in doppio cieco della durata di sei mesi, presentato tra l’altro come Poster al 5° Congresso Nazionale SIAIP del 2003, condotto su bambini con età media di circa 6 anni, affetti da asma intermittente o persistente lieve e allergici all’acaro della polvere, dimostrava come già al quarto dei sei mesi previsti si palesasse una buona efficacia degli ultrasuoni, installati nella camera da letto, nel ridurre la sintomatologia asmatica 23. Anche uno studio precedente pareva confermare questa efficacia degli ultrasuoni, applicati allora per un periodo di 3 mesi nella camera da letto, nel ridurre la sintomatologia di pazienti adulti allergici all’acaro e sintomatici 24. In un altro lavoro condotto sempre su adulti veniva poi confrontata l’efficacia dell’emettitore di ultrasuoni, installato nella camera del paziente per un periodo di 6 mesi, con quella di un coprimaterasso, impiegato per lo stesso periodo, nella riduzione della sintomatologia in pazienti rinitici o asmatici e allergici all’acaro: la conclusione era che entrambi i metodi avevano dimostrato un’efficacia sovrapponibile nel ridurre sia il numero di giorni con sintomatologia che l’assunzione di farmaci 25.

BOX 3. Ultimamente accanto alle misure più “tradizionali” di prevenzione ambientale (costante e accurata pulizia degli ambienti, uso di aspirapolvere dotata di filtro HEPA, controllo dell’umidità ambientale e impiego di fodere antiacaro di ultima generazione) si sono tentate altre vie innovative, per esempio l’impiego di apparecchi a ultrasuoni nelle camere da letto. I risultati paiono promettenti, pur necessitando tuttavia di studi ulteriori.

In un ulteriore studio, infine, condotto sempre su pazienti adulti asmatici o rinitici e allergici all’acaro, veniva invece confrontata l’efficacia di un apparecchio a ultrasuoni installato di continuo per un periodo di 5 mesi nella camera del paziente con l’uso di un acaricida impiegato sempre nello stesso periodo, riguardo sia alla sintomatologia che a calo della presenza degli acari nelle abitazioni. Si concludeva che l’impiego dell’acaricida e l’uso dell’emettitore di ultrasuoni erano parimenti in grado di ridurre nei pazienti il numero di giorni con presenza di sintomi nonché l’assunzione farmaci 26 (Box 3).

HDM E IMMUNOTERAPIA SPECIFICA (AIT)

Al di là della profilassi e/o bonifica ambientale, l’Immunoterapia Allergene-Specifica (AIT) deve essere considerata, al momento, l’unico intervento terapeutico capace di modificare la storia naturale della malattia per le patologie IgE mediate ed è raccomandata per tutti quei pazienti che non rispondono, o rispondono parzialmente, alle usuali strategie di evitamento dell’allergene oppure alle terapie farmacologiche, fornendo un beneficio clinico che può persistere per diversi anni dopo la sospensione del trattamento 27.

L’AIT esplica la sua azione essenzialmente attraverso un meccanismo immunologico tendente a promuovere le cellule T regolatorie “minimizzando” la risposta immunitaria indotta dagli stessi allergeni. Le prove a sostegno dell’impiego dell’AIT in età pediatrica, pur essendo più deboli rispetto all’età adulta, sono tuttavia ben documentate tanto per quanto riguarda l’asma bronchiale di tipo persistente quanto, e soprattutto, per la rinite allergica da moderata a grave; in entrambe le patologie viene documentata una rilevante efficacia sia nel controllo e nella riduzione del corredo sintomatologico, sia in un sicuro risparmio di farmaci che nel ridurre la progressione verso forme più severe di tali patologie. L’AIT esercita inoltre un’azione preventiva sullo sviluppo di ulteriori nuove sensibilizzazioni 28.

Con il progressivo impiego della Component Resolved Diagnosis (CRD) si sta via via raggiungendo una tipizzazione sempre più precisa a livello molecolare delle varie sensibilizzazioni allergiche; grazie alla CRD infatti al giorno d’oggi, sempre più di frequente, si può arrivare a parlare di una vera e propria “medicina personalizzata”, specie per i pazienti affetti da rinocongiuntivite e/o asma bronchiale. Peraltro, la lunga durata del trattamento che implica la possibile, seppur infrequente, comparsa di effetti collaterali, porta talora a una scarsa compliance da parte dei pazienti e di fatto a una limitazione all’uso dell’AIT specie in età pediatrica 29.

Requisito fondamentale dell’AIT è l’utilizzo di prodotti standardizzati e di buona qualità: solo la standardizzazione e la stabilità degli allergeni può infatti garantire una terapia efficace e sicura 30. Tale premessa riveste un grande rilievo soprattutto se riferita all’immunoterapia agli acari della polvere domestica. Le diverse molecole allergeniche possibili cause di patologia potrebbero però non essere ben rappresentate negli estratti di allergeni naturali: questo spiegherebbe il motivo per cui esistono pazienti dai profili di reattività differenti agli allergeni HDM che arrivano quindi a rispondere in modo diverso a seconda della presenza o meno di tali allergeni nel vaccino impiegato 31. Da questa premessa consegue l’esigenza di un approccio sempre più innovativo dell’AIT che dovrebbe al giorno d’oggi passare necessariamente attraverso un percorso di medicina personalizzata, attualmente possibile solo con l’impiego delle metodiche molecolari 32 (Box 4).

BOX 4. L’immunoterapia rappresenta tuttora l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale delle patologie causate dall’allergia agli acari della polvere domestica IgE mediata, in special modo la rinite allergica e l’asma bronchiale. La necessità di prodotti standardizzati e di qualità altamente affidabile ne limita talora un impiego più esteso, anche in virtù della possibile difficoltà a ottenere una soddisfacente compliance da parte del paziente, specie durante l’età pediatrica.

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Authors

Auro Della Giustina - pediatra libero professionista

Stefano Pattini - Pediatric Unit, Department of Medical and Surgical Sciences of the Mother, Children and Adults, University of Modena and Reggio Emilia, Modena, Italy

Alessandro Travaglini - Department of Biology, University of Rome - Tor Vergata, Rome, Italy

Maria Antonia Brighetti - Department of Biology, University of Rome &quot - Tor Vergata, Rome, Italy

Velia Malizia - Institute of Translational Pharmacology, National Research Council (CNR), Palermo, Italy

Ifigenia Sfika - Private Practice, Rome, Italy

Alessandro Di Menno Di Bucchianico - Italian National Institute for Environmental Protection and Research (ISPRA), Rome, Italy

Salvatore Tripodi - Allergology Service Policlinico Casilino, Rome, Italy

How to Cite
Della Giustina, A., Pattini, S., Travaglini, A., Brighetti, M. A., Malizia, V., Sfika, I., Di Menno Di Bucchianico, A., & Tripodi, S. (2023). Gli acari (della polvere) tra ieri, oggi e domani. Italian Journal of Pediatric Allergy and Immunology, 37(1). https://doi.org/10.53151/2531-3916/2023-2
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