Review
Issue 4 - 2022
Il microbiota orale e le patologie respiratorie. Ha senso pensare a una prevenzione?
Abstract
Negli ultimi anni, il microbiota, ovvero l'insieme dei microrganismi che colonizzano i vari organi e distretti corporei di un organismo ospite, è stato oggetto di numerosi studi, che ne hanno indagato le proprietà ed il ruolo nell'insorgenza di molteplici patologie.
Nei primi 1000 giorni dal concepimento, un quadro di eubiosi è di fondamentale importanza per lo sviluppo e la maturazione del sistema immunitario, con effetti anche a lungo termine sulla salute del nascituro. Un’alterazione del microbiota infatti, secondo molteplici indagini, è un fattore predisponente per l'insorgenza di patologie respiratorie, allergiche, immunitarie e mataboliche.
La cavità orale rappresenta una materia complessa, poiché costituita da molteplici microambienti, ciascuno caratterizzato da un microbiota differente ed estremamente vario. Un'alterazione dello stesso a questo livello è stata correlata ad una maggiore predisposizione per lo sviluppo di patologie, ad esempio faringotonsilliti, otiti medie ricorrenti, infezioni respiratorie.
Le ricerche attuali stanno valutando l'efficacia di strategie sia preventive sia terapeutiche, che ristabiliscano un quadro di eubiosi, senza ricorrere a terapia antibiotica, con risultati promettenti sull'impiego di probiotici e di ceppi “predatori” nei confronti di altri microrganismi, in eccesso in corso di patologia.
IL MICROBIOTA. I PRIMI 1000 GIORNI E NON SOLO
In questo periodo della vita si realizzano le tappe fondamentali per sviluppo e crescita, non solo del microbiota intestinale, ma anche del microbiota a livello d’organo. Infatti, in diversi distretti (i.e. cavo orale, cute, apparato respiratorio ecc..), si vengono a sviluppare complesse reti di interazione microbiologica in grado di condizionare lo stato di salute del bambino (Fig. 1).
Sempre in questo periodo si sviluppa anche il sistema immunitario del bambino, ancora funzionalmente immaturo alla nascita, che “cresce” sotto l’influenza di molti fattori intrinseci ed estrinseci 1-3. Se è vero che l’ambiente condiziona questa crescita, sempre più evidenze sottolineano il ruolo chiave del microbiota stesso nel guidare questo processo di completa maturazione 1,2,4.
Il microbiota in via di sviluppo svolge, infatti, un ruolo primario nel processo di salute, intervenendo nelle funzioni metaboliche e immunologiche considerate centrali dell’ospite, con effetti anche a lungo termine. A conferma di ciò è stato dimostrato che uno stato di disbiosi a livello di uno o più distretti corporei rappresenta un fattore predisponente per lo sviluppo di numerose patologie (i. e. asma, DA, allergie alimentari, diabete, ecc.) 1-4.
I fattori che determinano lo sviluppo del microbiota umano sono molteplici e lo influenzano a partire dalla nascita, nei primi mesi di vita e durante gli anni successivi. Il microbiota neonatale è un ecosistema delicato e altamente dinamico che subisce rapidi cambiamenti di composizione fino ai primi anni di vita con fattori determinanti sia pre- che peri-natali (ad esempio l’età gestazionale, l’esposizione al fumo, l’indice di massa corporea e l’incremento ponderale materno durante la gravidanza, la dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento, la presenza di periodontite nella madre, la modalità e la sede del parto, il pattern degli oligosaccaridi e di altri prodotti funzionali del latte materno, l’esposizione a virus o batteri, l’impiego di antibiotici, la pet keeping) 1,2,5,6.
La maturazione del microbiota intestinale verso una struttura simile a quella di un adulto avviene in gran parte all’età di 2-3 anni, anche se in verità questo assioma sembra essere non del tutto vero 3.
Dopo lo svezzamento, infatti, la microflora intestinale si espande e produce sempre più acidi grassi a catena corta (SCFAs), di cui l’acido acetico (C2), l’acido propionico (C3) e l’acido butirrico (C4) rappresentano circa il 95% 3, che determinano la stimolazione immunitaria della mucosa e favoriscono la maturazione del sistema immunitario 7-9. L’aggiunta di cibi solidi inoltre favorisce il processo di colonizzazione batterica e incrementa l’integrità del microbiota intestinale del bambino 10.
Comunque, variazioni del microbiota intestinale sono caratteristiche anche fino ai 10 anni di vita e sembrano dipendere molto dalla dieta e dalle abitudini alimentari del soggetto, in particolare dall’assunzione di grassi, proteine, zuccheri e fibre 11.
Certo è che la prima infanzia rappresenta il periodo di maggiore evoluzione e variabilità della popolazione microbica ma anche quello più critico e sensibile, suscettibile agli insulti esterni, in grado di modulare il microbiota e le risposte immunologiche dell’organismo del bambino.
L’interazione tra microbiota intestinale e le componenti strutturali e funzionali del sistema immunitario è di tipo bidirezionale, dal momento che si creano situazioni di influenza reciproca, con una crescita continua determinata da stimoli e impulsi reciproci 3.
Nella crescita normale in stato di salute, queste interazioni sono fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi microbica e della integrità della barriera epiteliale. L’interazione riguarda una grande varietà di cellule immunitarie residenti nella mucosa intestinale e di molecole secrete dallo strato epiteliale che regolano i processi immunitari e determinano lo sviluppo del microbiota. Al tempo stesso, le cellule della barriera epiteliale, rappresentate dalle cellule epiteliali e dalle cellule dendritiche (DC), sentono e riconoscono gli stimoli del microbiota attraverso recettori di superficie.
Inoltre, la comunità microbica intestinale risultante, con i suoi metaboliti, contribuisce sia all’omeostasi intestinale e allo sviluppo del sistema immunitario dell’ospite sia, anche a livello d’organo, allo sviluppo del microbiota (come avviene nella cavità orale) e delle risposte immunitarie locali.
Ciò si realizza grazie alla stimolazione di recettori di riconoscimento (Pattern-Recognition-Receptors, PRRs), ovvero proteine, espresse principalmente dalle cellule del sistema immunitario innato (cellule dendritiche, macrofagi, monociti, neutrofili e cellule epiteliali), adibite al riconoscimento di molecole tipiche dei patogeni; questi sensori rivestono un ruolo cruciale nel corretto funzionamento dell’immunità innata, mediando anche l’inizio della risposta immunitaria adattativa antigene-specifica e il rilascio di citochine infiammatorie 12,13.
L’attivazione dei suddetti PRRs da parte di metaboliti prodotti dal microbiota intestinale simula la stimolazione da parte di antigeni batterici 14, la secrezione di immunoglobuline di classe A (IgA) nell’intestino 15, la promozione della sintesi e del trasporto di neurotrasmettitori 16 nonché la produzione di vitamine e acidi biliari 17 (Fig. 2).
Inoltre, gli SCFAs prodotti dal microbiota intestinale si impegnano nel metabolismo cellulare dei carboidrati e degli acidi grassi, regolando lo stato di acetilazione cromosomica attraverso l’inibizione dell’istone deacetilasi 18,19 o attivando le cellule attraverso una via di trasduzione del segnale proteina G-mediata 3. Tali metaboliti possono sia promuovere la maturazione delle cellule immunitarie che mantenere e regolare l’omeostasi intestinale in situ, ma anche trasferirsi ai principali organi extra-intestinali, passando attraverso i capillari del tratto intestinale 3.
Studi recenti hanno introdotto il concetto di innate immune training (IIT), un processo in cui la risposta immunitaria innata viene influenzata sia da cambiamenti epigenetici, innescati dalla colonizzazione batterica, a livello delle cellule immunitarie ed epiteliali delle vie aeree, sia dai metaboliti derivanti dal microbiota intestinale e diffusi a livello sistemico 4 (Fig. 3).
Tali acquisizioni suggeriscono il fatto che l’esposizione microbica durante i primi anni di vita è essenziale per modulare la risposta immunitaria innata e il rischio di sviluppo di asma e in generale di patologie respiratorie durante l’infanzia 3,20,21.
Alcune teorie inducono a ritenere che, rispetto agli adulti, il panorama immunitario pediatrico sia sbilanciato verso la tolleranza. Ad esempio, se da un lato gli adulti possono sviluppare gravi sintomi clinici durante l’infezione da SARS-CoV-2 (COVID-19), dall’altro solo pochissimi bambini infetti presentano sintomi rilevanti a carico delle vie aeree superiori 22. In quest’ultimo caso, infatti, la sintomatologia è spesso lieve o del tutto assente. Più in generale, i bambini piccoli hanno una probabilità molto alta di sviluppare infezioni respiratorie virali ma con sintomi di malattia molto lievi 23. Ciò può essere dovuto al fatto che i bambini sono costantemente sottoposti a un certo rimodellamento del microbiota intestinale da cui ne deriva una maggiore tolleranza immunitaria, che li aiuta a resistere agli effetti sistemici delle tempeste citochiniche in corso di infezione.
IL MICROBIOTA ORALE
Il microbiota orale è un costituente importante del microbiota umano, con un ruolo fondamentale nella salute umana. Si tratta di una materia complessa, in primis per la conformazione della cavità orale, che appare formata da un insieme di nicchie ecologiche (dente, palato, tonsilla, saliva…) diverse tra loro, con habitat microbiologici molto differenti che si ampliano e variano molto in corso di patologia.
È altresì da considerare che si tratta di un microbiota periferico, di una zona apparentemente di passaggio; è caratterizzato da una scarsa ricchezza e alfa-diversità (definita come la varietà delle specie presenti in una comunità biotica in un dato habitat), pur comunque contando almeno 700 specie batteriche, oltre a funghi e virus, ed essendo secondo solo al microbiota intestinale in termini di vastità 24.
Il microbiota orale è costituito da una componente stabile, lo zoccolo duro, con Firmicutes, Bacteroidetes e Proteobacteria in prima linea 24, una componente variabile 24 e una ipervariabile.
Tra i Firmicutes, lo Streptococcus risulta il genere dominante, seguito dalla Veilonella. Nei diversi distretti della cavità orale, anche se il genere Streptococcus è quasi sempre dominante, i quadri di dominanza e le proporzioni dei diversi generi variano in maniera estremamente elevata. Possiamo dire, quindi, che nel cavo orale abbiamo un microbiota quasi di frontiera, con degli aspetti costitutivi rappresentativi e caratteristici e una apparente scarsa ricchezza e diversità, pur in contatto continuo con agenti microbiologici esterni. Gli agenti microbici esterni, se patogeni, condizionano lo stato di patologia e gli interventi farmacologici, seppur mirati, possono stravolgere l’equilibrio microbiologico anche della flora saprofita.
Poiché l’uso frequente di antimicrobici a largo spettro può causare disbiosi e resistenza ai farmaci, nuovi approcci promettenti mirano a ripristinare la microecologia senza necessariamente eliminare tutti i batteri, inclusi i saprofiti. Ad esempio, batteri derivati dai generi Lactobacillus, Bifidobacterium e Streptococcus, se usati come probiotici, hanno dimostrato efficacia nella prevenzione e nel trattamento delle parodontiti. La competizione per i siti di adesione, l’antagonismo contro la crescita, la formazione di biofilm e l’espressione della virulenza dei patogeni, nonché la regolazione della risposta immunitaria dell’ospite sono tra i meccanismi maggiormente riconosciuti per un loro razionale d’uso.
Secondo recenti osservazioni un quadro di eubiosi potrebbe anche essere ripristinato sopperendo alla carenza di alcune specie batteriche che in condizioni fisiologiche si comporterebbero da “predatori” nei confronti di altri microrganismi, limitandone la proliferazione 2. Un deficit di queste specie “predatrici” in corso di patologia, favorendo la sovrabbondanza di altre, andrebbe ad alterare l’equilibrio e la “resilienza” (ovvero la capacità di un dato ecosistema di resistere a perturbazioni esterne), innescando e promuovendo processi patologici 2 (Fig. 4).
Sebbene tali meccanismi siano stati indagati soprattutto a livello del microbiota intestinale 2, è verosimile che, anche a livello di altri organi e microambienti, si possano verificare condizioni analoghe, consentendo l’impiego di queste specie batteriche nella prevenzione e nel trattamento di condizioni patologiche associate a disbiosi.
MICROBIOTA E INFEZIONI DELLE VIE RESPIRATORIE
Le infezioni respiratorie rappresentano, come sappiamo, una delle cause principali di morbidità e di mortalità nei bambini, specie i più piccoli. Lo studio dell’asse intestino-polmone ha evidenziato l’impatto delle comunità microbiche nei siti distali, che eserciterebbero quindi una mediazione locale in corso di malattia 3. In uno studio di coorte è stato dimostrato che fin dalla prima settimana di vita in poi esiste una forte associazione tra la struttura microbica della nicchia biologica, i.e. il cavo orale e le sue nicchie, e le specie batteriche costituenti 26. Queste specie creano una rete di interazioni microbiche che costituisce una struttura di difesa, se compatta e ben organizzata, oppure di suscettibilità alle infezioni, se debole o non articolata. Infatti, un prospetto microbico coeso e stabile sia a livello di individuo che di organo, si è visto essere associato a una minore suscettibilità alle infezioni del tratto respiratorio. Queste ultime, invece, erano più frequenti, con una significativa maggiore suscettibilità, nei bambini che nei primi sei mesi di vita avevano network microbici più frammentati e instabili 26.
Secondo i risultati del sequenziamento dell’rRNA, nell’intestino dei bambini affetti da asma, le specie batteriche di Lachnospira, Veillonella, Faecalibacterium e Rothia, risultavano ridotte, con un’alterazione dei livelli fecali di SCFAs e dei metaboliti intestinali ed epatici. Una riduzione di questi batteri rappresenta quindi un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione di asma prima dei 3 anni 27.
Il virus respiratorio sinciziale (RSV) causa spesso gravi infezioni del tratto respiratorio inferiore nei neonati, con una patogenesi ancora oscura. Alcuni studi hanno dimostrato che la nicchia dei microbi intestinali infantili è significativamente correlata alla gravità dell’infezione da RSV. In particolare, i risultati del sequenziamento di frammenti del gene 16S rRNA, ottenuti da campioni di feci di neonati moderatamente e gravemente infettati da RSV, hanno mostrato una maggiore abbondanza di Clostridiales, Odoribacteraceae, Lactobacillaceae e Actinomyces rispetto ai neonati sani. Viceversa, la flora delle Moraxellaceae diminuisce nei bambini con grave infezione da RSV 25.
Uno studio sulla bronchite infantile 28 ha rivelato che i quattro gruppi batterici dominanti nel tratto intestinale di neonati sani sono Escherichia (30%), Bifidobacterium (21%), Enterobacter/Veillonella (22%) e Bacteroides (28%). Nei bambini affetti da bronchite si è notata una diminuzione degli Enterobacter/Veillonella (15%) e un incremento dei Bacteroides (44%) portando a ipotizzare che il profilo a dominanza di Bacteroides possa esporre i bambini a un rischio maggiore di sviluppare la bronchite asmatica. Tale osservazione, inoltre, poneva le basi teoriche per trattare o prevenire tale patologia attraverso la modifica del microbiota intestinale 3.
Una ricerca effettuata su pazienti pediatrici con infezioni respiratorie ricorrenti ha evidenziato una ridotta biodiversità del microbiota intestinale 29. Tale reperto è stato riscontrato anche nei bambini affetti da tubercolosi polmonare, con un incremento dei batteri pro-infiammatori Prevotella e del patogeno opportunista Enterococcus, e una diminuzione dei probiotici Ruminococcaceae, Bifidobacteriaceae e Faecalibacterium prausnitzii 30.
Una meta-analisi realizzata da Broderick et al. che includeva i dati di 2624 bambini, ottenuti da 20 studi, ha permesso di affermare che, in condizioni patologiche, le variazioni del microbiota delle vie aeree risultano aspecifiche per un dato stato di malattia: ciò significa che non è stato possibile verificare l’associazione tra una data patologia (es. asma, polmonite, bronchiectasie) e una specifica alterazione in termini di composizione microbica, ma sono state comunque osservate variazioni tra lo stato di salute e di patologia, analoghe per differenti patologie delle vie aeree inferiori.
In particolare, in condizioni patologiche sia a livello nasale che delle vie aeree inferiori vi è una riduzione della biodiversità batterica, con un incremento della stessa a livello della cavità orale; a livello dei campioni nasali, si è inoltre osservato un aumento dell’abbondanza relativa di alcune specie batteriche, ad esempio Streptococco, Haemophilus, Moraxella.
In sintesi, piuttosto che a un cambiamento globale nella composizione del microbiota, lo stato di malattia si associava a una riduzione dell’uniformità della comunità batterica, con una o più specie che aumentano la loro prevalenza rispetto ad altre 31.
PROBIOTICI, MICROBIOTA E INFEZIONI RESPIRATORIE
I probiotici sono microorganismi vivi e vitali, capaci di conferire benefici per la salute dell’ospite quando assunti in quantità adeguate. Oltre all’efficacia, devono presentare dimostrazione di stabilità e di sicurezza ed essere quindi resistenti e in equilibrio con l’ambiente e non trasmettitori di antibiotico-resistenza.
I ceppi disponibili sono molteplici; una prima distinzione può essere fatta sulla base del target d’organo: la maggior parte è rappresentata da ceppi ad azione intestinale, mentre altri sono ceppi ad azione non intestinale, che agiscono a livello d’organo.
Le evidenze d’azione dei ceppi a interessamento sistemico, per quanto riguarda l’influenza sul microbiota orale e sulle infezioni respiratorie, riguardano prevalentemente Lattobacilli e Bifidobatteri, che colonizzano il tratto intestinale durante la somministrazione. Alcune evidenze hanno dimostrato come il trattamento protratto è spesso in grado di modificare, anche se in maniera transitoria, le proporzioni di generi microbiologici a livello del cavo orale, con aumento dei saprofiti antagonisti dei cariogeni e una riduzione della componente pro-infiammatoria, specie fusobatteri e prevotelle. Vi sono poi indicazioni, anche se controverse 6, che l’utilizzo di ceppi specifici di probiotici è in grado di prevenire infezioni, specie in età prescolare, sia gastrointestinali che respiratorie (Fig. 5).
Dal punto di vista concettuale considerare l’azione di ceppi non ottenuti da derivazione intestinale e non necessariamente colonizzanti l’intestino, può offrire per l’ospite un’azione vantaggiosa di “interferenza batterica” a livello d’organo. La colonizzazione d’organo, come il cavo orale, con agenti commensali e non patogeni, ma in grado di produrre, ad esempio, sostanze particolari come batteriocine ad azione naturale antibiotica, può rappresentare una vera misura di profilassi per evitare che la malattia infettiva si manifesti e soprattutto si ripresenti periodicamente. Il razionale sta nella dimostrazione che, con l’interferenza batterica, si possa creare a livello d’organo un’azione battericida e/o di competizione recettoriale contro microorganismi colonizzanti lo stesso tessuto. A questo proposito, un esempio ben caratterizzato in letteratura è fornito dal genere Streptococcus salivarius, i cui ceppi sono saprofiti costituenti il microbiota del cavo orale, essendone membri dominanti dalla nascita. Nel soggetto sano sono costitutivi e non causano patologia. Alcuni ceppi sono in grado di produrre batteriocine che rappresentano non solo un meccanismo di difesa, antagonizzando la crescita di agenti patogeni per l’ospite, ma anche di stabilizzazione del “sistema” microbiota orale. Ne consegue che il trattamento con probiotici di questo tipo sarà in grado di portare a una colonizzazione non intestinale, che determinerebbe una competizione locale con i patogeni e che può essere proposta come profilassi per le infezioni respiratorie ricorrenti, con minor utilizzo nel tempo di terapia antibiotica. Il ceppo Streptococcus salivarius K12 (BLIS K12) è stato selezionato perché produttore di batteriocine (Salivaricina A2 e Salivaricina B) 32 e ha dimostrato una capacità d’azione per infezioni, non solo da streptococchi patogeni (i.e. S. pyogenes), ma anche da altri microorganismi e quindi viene considerato utile nella prevenzione delle infezioni ricorrenti delle vie respiratorie. Da notare che è stata osservata una significativa riduzione della necessità di adeno-tonsillectomia nel gruppo dei pazienti trattati con Streptococcus salivarius K12.
In uno studio volto a valutare l’efficacia preventiva della somministrazione dello Streptococcus salivarius sono stati arruolati 48 bambini con una storia recente di infezioni streptococciche ricorrenti, a cui è stato somministrato BLIS K12 per 90 giorni, e 76 bambini con una storia recente di tali infezioni molto bassa, che costituiva il gruppo di controllo 33. È stato quindi registrato, nei due gruppi, il numero di episodi di faringotonsillite streptococcica, tracheite, faringite virale, rinite, influenza, laringite, otite media acuta, enterite e stomatite durante il trattamento probiotico e per un periodo di follow-up di 9 mesi 33.
Nel gruppo trattato con probiotici, rispetto al periodo precedente al trattamento, è stata osservata una riduzione del 90% della faringite streptococcica; inoltre, rispetto ai bambini non trattati, in quelli trattati è stata rilevata una riduzione statisticamente significativa di tutte le altre condizioni patologiche valutate, a eccezione della stomatite. In conclusione, in questo studio è emerso che l’uso quotidiano di BLIS K12 si associa a una riduzione concomitante e persistente dell’insorgenza di episodi ricorrenti di faringotonsillite streptococcica, con possibili benefici sulla riduzione di patologie non streptococciche 33.
Oltre a fornire una protezione, in termini di prevenzione, in bambini e adulti noti per aver già presentato infezioni streptococciche ricorrenti, è stato valutato il ruolo dello Streptococcus salivarius K12 anche in bambini di 3 anni, senza storia recente di tali infezioni 34. In uno studio randomizzato sono stati arruolati bambini che frequentavano il primo anno di asilo e a cui è stato somministrato quotidianamente per 6 mesi lo Streptococcus salivarius K12; durante tale periodo e nei successivi 3 mesi di follow-up, è stata osservata una significativa riduzione degli episodi di faringite streptococcica e di otite media, ma non di quelli di scarlattina. Non sono stati osservati inoltre effetti collaterali, durante il trattamento o il follow-up34.
In un recente studio in vitro è stata esaminata l’efficacia dell’attività inibitoria dello Streptococcus K12 sui più comuni patogeni coinvolti nella patogenesi dell’otite media, ottenendo una certa inibizione della crescita di questi ultimi nel 48% dei patogeni isolati 35. Tutte le specie di S. pneumoniae testate sono state fortemente inibite dal BLIS K12; altre specie che hanno mostrato una buona sensibilità sono T. otitidis, Corynebacterium sp. e A. otitidis mentre M. catarrhalis ha presentato una certa variabilità. Viceversa, nessuno dei ceppi di H. infuenzae testati è risultato sensibile 35. Questo studio sottolinea dunque il potenziale ruolo della somministrazione dello Streptococccus K12 nella prevenzione e nel trattamento dell’otite media acuta, che rappresenta una delle più comuni infezioni nella popolazione pediatrica.
Nonostante lo Streptococcus salivarius K12 sia stato testato in diversi trials randomizzati e abbia dato risultati promettenti in termini di riduzione di infezioni respiratorie ricorrenti, delle terapie antibiotiche prescritte e della necessità di tonsillectomia, non esistono al momento evidenze che ne raccomandano propriamente l’uso routinario 6.
IN CONCLUSIONE
Visto che l’insorgenza, la progressione e la ricorrenza delle infezioni delle vie respiratorie sono accompagnate da alterazioni della composizione, dell’equilibrio e del metabolismo del microbiota orale, sono auspicabili metodi di indagine semplificati della popolazione microbiologica di questo distretto e dei fattori che ne condizionano la composizione nonché la dimostrazione e l’uso di agenti probiotici a effetto locale che, attraverso la preservazione e la restaurazione della composizione della nicchia biologica, migliorino l’outcome clinico di bambini con infezioni ricorrenti senza ricorrere sempre e comunque all’antibioticoterapia.
Figure and Tabella
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