ECM-FAD
Issue 3 - 2022
Allergia al lattice
Latex allergy
Abstract
Nonostante gli sforzi profusi negli ultimi decenni per mitigare le conseguenze di questa malattia, l’allergia al lattice di gomma naturale continua a essere un problema sanitario rilevante, oltre che una delle principali preoccupazioni nell’ambiente di lavoro in molti paesi del mondo, soprattutto in quelli in via di sviluppo. Le categorie di pazienti con maggiore e frequente esposizione al lattice (come quella sanitarie e, in ambito pediatrico, i soggetti sottoposti a ripetuti interventi chirurgici, ad esempio coloro che sono affetti da spina bifida e malformazioni uro-genitali) sono a maggior rischio di sviluppare sensibilizzazione e allergia. Lo scopo di questa revisione è fornire un aggiornamento delle attuali conoscenze e raccomandazioni pratiche in termini epidemiologici, diagnostici e gestionali (incluse prevenzione e terapia) al fine di guidare un corretto riconoscimento e contenimento di questa condizione potenzialmente fatale.
Introduzione
Il termine “lattice” o “latice” (in inglese, latex) deriva dalla parola spagnola “latte” e descrive la linfa bianca lattiginosa secreta da un tronco inciso. Migliaia di piante producono questo liquido lattiginoso ma al giorno d’oggi la linfa dell’albero della gomma – l’Hevea brasiliensis, originario della Amazzonia – è la principale fonte del lattice della gomma naturale (Natural Rubber Latex, NRL) prodotto commercialmente 1.
Intorno al 1840, è stato messo a punto il processo di vulcanizzazione, che ha risolto il problema della instabilità degli oggetti di gomma e ha permesso la produzione di materiali flessibili da subito utilizzati in campo medico, soprattutto guanti e altri prodotti come cateteri, lacci, preservativi ecc. Tutti questi prodotti contengono le numerose proteine del lattice capaci di indurre una risposta immunologica nei soggetti sensibilizzati.
Nel 1927 sono stati pubblicati in Germania i primi due casi relativi all’insorgenza di reazioni immediate al latex, ma il primo vero report risale al 1979, quando è stata descritta una reazione immediata orticarioide dopo contatto con guanti di lattice 1.
Successivamente, e fino agli anni ’90, sono stati descritti molti altri casi 2. L’aumentata esposizione a prodotti in lattice e, soprattutto, ai guanti in ambiente sanitario, nonché nell’industria alimentare, ha rappresentato il fattore determinante l’aumento di prevalenza della malattia. Di conseguenza anche l’interesse scientifico, come evidenziato dal numero delle pubblicazioni internazionali, è cresciuto parallelamente fino a raggiungere il picco alla fine degli anni ’90 1.
La produzione di guanti a basso contenuto allergenico, la riduzione o la messa al bando di guanti in lattice in alcuni paesi e le campagne ad hoc di salute pubblica hanno portato a una significativa riduzione della allergia al lattice negli anni successivi. Tuttavia, la produzione di gomma naturale a livello mondiale rimane elevata e addirittura in crescita. Infatti nel 2020 ammontava a circa 13 milioni di tonnellate, rispetto alle 6,8 tonnellate del 2000. Pertanto, la malattia continua a essere globalmente un problema di salute pubblica 3 e deve essere conosciuta e adeguatamente trattata.
Epidemiologia e fattori di rischio
L’allergia al lattice si può manifestare sia nel bambino che nell’adulto. Dati specifici sulla popolazione pediatrica sono scarsi. In uno studio condotto su 1.175 bambini della scuola elementare 4 solo 8 bambini (0,7%) avevano uno skin prick test (SPT) positivo per lattice e nessuno aveva manifestazioni cliniche di allergia. Il tasso di prevalenza della sensibilizzazione e della allergia al lattice è strettamente associato al grado di esposizione, è elevato soprattutto nei soggetti esposti per motivi professionali, come gli operatori della sanità, o in soggetti esposti per motivi medici.
La popolazione a maggior rischio di sensibilizzazione e allergia al lattice è rappresentata dai pazienti che sono sottoposti a ripetuti interventi chirurgici (ad esempio pazienti con spina bifida o altre malformazioni) oppure sottoposti a ripetute anestesie o cateterizzazioni (ad esempio pazienti con anomalie urogenitali, anomalie cloacali, e diabetici in terapia con insulina) 5-8. Molte di queste condizioni mediche esordiscono già in età pediatrica (Tab. I).
In particolare, la massima prevalenza di sensibilizzazione al lattice è stata riportata nei pazienti pediatrici con spina bifida, in cui varia dal 26 9 al 47,9% 8,10,11.
Con l’attuazione di misure latex free sin dalla nascita in bambini con spina bifida, comparati con i controlli storici, risulta che la prevalenza di sensibilizzazione al lattice è diminuita, precisamente: dal 26,7 al 4,5% nello studio spagnolo di Nieto et al. che ha confrontato 15 bambini con spina bifida prima della introduzione nel 1994 delle misure preventive e 22 bambini nati dopo quella data 9; e dal 55 al 5% nello studio tedesco di Blumchen et al. 11, in cui sono stati comparati 120 bambini con spina bifida operati dopo l’introduzione delle misure latex-free con 87 bambini di età comparabile operati in precedenza senza prevenzione (Tab. II).
Gli operatori sanitari (come medici, infermieri, dentisti, biologi, ecografisti, ostetriche) sono la classe professionale maggiormente colpita da allergia al lattice a causa del frequente e continuativo utilizzo di guanti di lattice negli anni ’80-’90 per prevenire la trasmissione di malattie infettive, quali il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e il virus dell’epatite C (HCV) 21-23 a causa del picco epidemico di quegli anni. Essi sono stati sottoposti a esposizione al lattice sia per il contatto con il contenuto allergenico dei guanti, sia per l’inalazione dell’allergene trasportato nell’aria dalla polvere di amido che si libera quando i guanti vengono indossati. Con l’introduzione delle misure preventive la sensibilizzazione tra gli operatori sanitari è andata progressivamente diminuendo 24,25.
In particolare, uno studio condotto in un centro di dermatologia di terzo livello danese ha evidenziato che la prevalenza della sensibilizzazione al lattice di gomma naturale è scesa dal 6,1% nel 2002-2005 all’1,9% nel 2006-2009, fino all’1,2% nel 2010-2013 (p < 0,0001). La prevalenza dell’allergia clinica al lattice di gomma naturale è parallelamente diminuita dall’1,3% nel 2002-2005 allo 0,5-0,6% nel 2006-2013 (p < 0,004) 25.
Comunque, il rischio di sensibilizzazione e allergia rimane ancora oggi significativo, soprattutto nei paesi che non possiedono risorse adeguate per l’attuazione delle misure preventive o con il rischio di ulteriore esposizione ad altri prodotti contenenti lattice 8. Secondo lo studio condotto da Wu et al. la prevalenza di allergia e sensibilizzazione al lattice tra gli operatori sanitari è rispettivamente del 9,7 e del 12,4%. Questo lavoro ha preso in esame studi condotti in differenti paesi tra il 2009 e il 2015 analizzando in totale 19.233 partecipanti 4.
Un’analisi aggregata di 11 questionari epidemiologici pubblicati tra il 2006 e il 2015 derivanti da diversi paesi (8 dei quali provenienti da paesi in via di sviluppo) evidenzia, nel personale sanitario, una prevalenza sensibilmente minore ma sempre significativa (5,1% di sensibilizzazione allergica e 4,2% di allergia al lattice) 26.
Oltre agli operatori sanitari, altre classi di lavoratori, tra cui operai dell’industria della gomma, parrucchieri, casalinghe, ricercatori che lavorano nel settore della biologia o della chimica, giardinieri, addetti alla manipolazione del cibo, sono a elevato rischio di sviluppare allergia al lattice 3,27,28 (Tab. III).
Anche l’atopia è stata riportata come un fattore di rischio per sviluppare sensibilizzazione e allergia al lattice. In generale, se nella popolazione generale dei bambini la percentuale di sensibilizzazione al lattice è di circa 1% 4, essa sale al 3-5% nei bambini atopici (17-20) e di questi circa la metà ha manifestazioni cliniche (Tab. II).
Altri fattori che sono stati associati ad un maggior rischio includono fattori genetici (fenotipo HLA-DR e polimorfismi nel promoter delle interleuchine 13 e 18) 29 e dermatite alle mani che, a causa dell’alterazione di barriera, favorisce il passaggio di allergeni del lattice 26.
Vale la pena ricordare che l’allergia al lattice non esiste esclusivamente nelle figure professionali sopra menzionate; infatti ci sono evidenze secondo cui la popolazione generale che non ha contatto professionale con il lattice possa sviluppare sensibilizzazione allergica e, quindi, allergia al lattice 30.
In conclusione, l’allergia al lattice rimane una patologia ancora importante da un punto di vista epidemiologico, a causa della ancora ampia gamma di prodotti che contengono lattice 8 e della difficoltà di numerosi paesi ad adottare efficaci misure di prevenzione.
Allergeni e sensibilizzazione allergica
Il lattice naturale è composto da acqua (55-65%), gomma cis-1,4-poliisoprene (34%), zuccheri (1,0-2,0%), glicosidi steroli (0,1-0,5%), resine (1,5-3,5%), ceneri (0,5-1,0%) e, infine, proteine (2-3%) 31.
Le componenti allergeniche del lattice (Hevea brasiliensis, Hev b 1-15), ufficialmente incluse nella nomenclatura dell’International Nomenclature Committee of Allergens (IUIS), sono elencate qui di seguito e presentate in Tabella IV 32,33. Per una corretta interpretazione della terminologia si rimanda al Box 1.
Box 1. Definizioni di allergene primario e secondario, allergene maggiore e minore 34. Definitions of primary and secondary allergens, major and minor allergens 34.
Allergene primario: allergene direttamente responsabile di sensibilizzazione primaria (specie-specifica e genuina). |
Allergene secondario: allergene derivante da cross-reattività, ossia la capacità di un antigene di legarsi a un anticorpo precedentemente prodotto per un antigene differente. |
Allergene maggiore: allergene che è riconosciuto dalle IgE specifiche in più del 50% dei soggetti allergici a una specifica sostanza allergenica (es. lattice). |
Allergene minore: allergene che è riconosciuto dalle IgE specifiche in meno del 50% dei soggetti allergici ad una specifica sostanza allergenica (es. lattice). |
Il concetto di allergene “maggiore” e “minore” potrebbe far pensare a una maggiore o minore rilevanza clinica; tuttavia, non sempre tale principio è valido. Alcuni allergeni possono essere riconosciuti da più del 50% dei soggetti allergici a una specifica sostanza allergenica (quindi per definizione essere allergeni maggiori) ma le IgE specifiche verso tali allergeni possono rappresentare solo una piccola frazione di tutte le IgE specifiche per tale sostanza allergenica. |
- Hev b 1, o fattore di allungamento del lattice, è una proteina di 14 kDa coinvolta nella sintesi del poliisoprene. È un allergene maggiore per i pazienti con spina bifida e un allergene minore negli operatori sanitari. Non essendo solubile in acqua, la sua disponibilità per inalazione è bassa.
- Hev b 2 è un allergene secondario di 34 kDa appartenente al gruppo delle proteine di difesa delle piante. A seconda della regione geografica, dal 5 al 15% dei pazienti allergici è sensibilizzato. Non sono state registrate differenze di sensibilizzazione tra i pazienti sottoposti a operazioni chirurgiche e tra gli operatori sanitari.
- Hev b 3 appartiene al gruppo delle particelle di gomma e ha un peso molecolare di 24-27 kDa. Condivide la sua funzione biologica con Hev b 1 e, come Hev b 1, è insolubile e rappresenta il principale allergene nei pazienti con spina bifida.
- Hev b 4 è una proteina con microelica di 50-57 kDa. La sua sensibilizzazione clinica è ancora indeterminata sebbene si osservi nel 39% degli operatori sanitari.
- Hev b 5 è una proteina strutturale acida di 16 kDa la cui funzione biologica è sconosciuta. È il principale allergene nei diversi gruppi a rischio, essendo riscontrato nel 92% degli operatori sanitari e nel 56% dei pazienti con spina bifida. Per ragioni che rimangono poco chiare, la sua prevalenza varia da regione a regione. Hev b 5 presenta isoforme multiple ed esiste in quantità molto piccole in estratti non aminoacidici come quelli usati nella diagnosi. Hev b 5 mostra omologia con la proteina acida del kiwi e altri frutti.
- Hev b 6, o proheveina (precursore di heveina, Hev b 6.01), è un allergene di 20 kDa che appartiene alla classe I delle chitinasi. Ha una funzione difensiva, in quanto degrada la chitina, un componente delle pareti cellulari dei funghi e dell’esoscheletro degli insetti. La processazione porta a due frammenti allergenici, l’N-terminale o heveina (Hev b 6.02) e il C-terminale (Hev b 6.03), che agiscono in modo indipendente. Heveina è il più importante dei due e rappresenta un allergene maggiore negli operatori sanitari rispetto ai pazienti con spina bifida. La sua sequenza mostra un’identità > 50% con le chitinasi di frutti come banana, avocado e castagno, dando così origine alla cosiddetta latex-fruit syndrome, che è inclusa nelle sindromi da reattività crociata tra allergeni del lattice e della frutta 29.
- Hev b 7 è una proteina di 43 kDa che è più del 50% omologa con la patatina, una proteina di deposito delle Solanacee; si spiega così la cross-reattività con queste piante. Hev b 7 è riconosciuto dal 23 al 45% dei pazienti ed è, quindi, un allergene rilevante ma non maggiore.
- Hev b 8 è la profilina del lattice. Questo allergene secondario di 14 kDa appartiene alle profiline, un gruppo di panallergeni che sono diffusi nelle piante. Per questo motivo può esserci reattività crociata tra Hev b 8 e le profiline polliniche.
- Hev b 9 è un’enolasi di 52 kDa che reagisce in vitro con l’enolasi dei funghi dei generi Cladosporium e Alternaria.
- Hev b 10 è un allergene secondario di 26 kDa con funzione di superossido-dismutasi e omologia con enzimi della stessa funzione in Aspergillus.
- Hev b 11 è un allergene secondario di 30 kDa appartenente al gruppo della chitinasi di classe I. La reattività crociata con heveina (Hev b 6.02) è bassa e il suo coinvolgimento nella reattività crociata con i frutti non è noto.
- Hev b 12 è una proteina di trasferimento dei lipidi di 43 kDa. Si tratta di un panallergene vegetale diffuso nell’area mediterranea e incluso nel gruppo delle proteine di difesa.
- Hev b 13 è un allergene secondario di 42-46 kDa; la sua prevalenza è stata segnalata tra il 18 e il 27% dei soggetti allergici al lattice, con prevalenza più elevata negli operatori sanitari.
- Hev b 14, noto anche come evamina, è un allergene di 30 kDa appartenente al gruppo delle chitinasi. La sua rilevanza clinica resta da determinare, sebbene sia stato identificato come uno dei principali allergeni nella popolazione taiwanese.
- Hev b 15 è un inibitore della serina proteasi da 7,5 kDa. Il suo ruolo è attualmente da definire.
Tradizionalmente i test per la valutazione delle IgE specifiche (sIgE) al lattice si basavano sulla quantificazione delle sIgE sieriche dirette contro estratti di allergeni naturali grezzi. Tuttavia, una sIgE positiva nei confronti degli estratti grezzi dovrebbe essere sempre interpretata con cautela in quanto potrebbe semplicemente riflettere una sensibilizzazione crociata piuttosto che una vera allergia. Ad esempio, per il lattice, è stato dimostrato che strutture onnipresenti come α-1,3-fucosio e β-1,2-xilosio (che sono caratterizzate da determinanti di carboidrati cross-reattivi (CCD) presenti sulle glicoproteine delle piante), α-1,3-fucosio contenente CCD di glicoproteine del veleno di imenotteri e profiline vegetali possono determinare dei risultati falsi positivi 35,36. Pertanto, il dosaggio delle sIgE non deve essere utilizzato isolatamente per diagnosticare l’allergia al lattice mediata da IgE, ma deve essere affiancato dalla cosiddetta Component Resolved Diagnosis (CRD), che non si basa su preparati di estratti grezzi ottenuti da allergeni nativi, ma su anticorpi sIgE diretti verso i singoli componenti purificati da fonti naturali o prodotti con tecniche ricombinanti 34. La CRD consente una migliore discriminazione tra allergia e sensibilizzazione clinicamente irrilevante e la creazione di profili di sensibilizzazione personalizzati 37.
I test IgE specifici per le componenti disponibili in commercio per il lattice naturale sono generalmente ricombinanti non glicosilati (r) Hev b 1, 3, 5, 6.01, 6.02, 8, 9 e 11 38. In particolare, rHev b 5 e 6 e in misura minore anche rHev b 1 e 3 (entrambe proteine associate a particelle di gomma) hanno dimostrato di essere i biomarcatori più importanti per diagnosticare una vera allergia al lattice IgE-mediata. La sensibilizzazione a Hev b 5 e 6 si riscontra principalmente negli operatori sanitari e in misura minore anche nei bambini affetti da spina bifida e meningomielocele. Viceversa, alcuni pazienti, principalmente i bambini con spina bifida, sono sensibilizzati a Hev b 1 e Hev b 3, che sono presenti quasi esclusivamente nelle piante che producono gomma e sono, pertanto, più raramente responsabili di cross-reazioni con allergeni omologhi presenti nella frutta/pollini (e responsabili della latex-fruit syndrome) 39. Al contrario, la sensibilizzazione a Hev b 8 (profillina) generalmente, seppur non sempre, indica una cross-reattività non rilevante dal punto di vista clinico 40. A conferma di quanto sopra citato, in una ampia casistica riportata da Ebo et al., in tutti i pazienti la diagnosi di allergia al lattice IgE-mediata è stata definita dalla combinazione Hev b 1, 3, 5 e 6.02 37. Oltre tre quarti dei pazienti sono risultati positivi per Hev b 5 e/o 6.02. Un numero limitato ha anche mostrato positività per Hev b 1 e/o Hev b 3. Al contrario, nessuno degli individui che ha mostrato una sensibilizzazione al lattice non rilevante dal punto di vista clinico è risultato positivo per uno di questi componenti, ma il 75% di loro ha presentato positività per Hev b 8. Inoltre, è importante sottolineare che, poiché tutti i componenti del lattice disponibili sono proteine non glicosilate, essi costituiscono uno strumento utile per discriminare i risultati positivi alle sIgE al lattice clinicamente irrilevanti risultanti da una sensibilizzazione al CCD di origine vegetale e di invertebrati.
Pertanto, i pazienti che soffrono di un’allergia al lattice IgE-mediata possono mostrare profili di sensibilizzazione e fenotipi clinici distinti, che saranno descritti più in dettaglio di seguito.
Vie di esposizione degli allergeni del lattice
Poiché l’allergia al lattice colpisce non solo i professionisti sanitari e quelli che usano frequentemente guanti in lattice, ma anche la popolazione generale senza esposizione professionale ai prodotti in lattice, è importante conoscere le possibili vie di esposizione agli allergeni del lattice 8.
Contatto diretto con la pelle
Il contatto diretto con la pelle con prodotti derivati dal lattice è la via principale per lo sviluppo di un’allergia al lattice. Gli studi sugli operatori sanitari hanno suggerito che la sensibilità al lattice sembra aumentare con il tempo di esposizione 8. Oltre ai guanti e ai dispositivi medici contenenti lattice che sono stati oggetto di notevole attenzione, migliaia di prodotti possono contenere lattice di gomma naturale che è presente nel prodotto stesso o nella confezione oppure viene introdotto durante il processo di fabbricazione o lo stoccaggio.
Contatto diretto con le mucose
I pazienti con spina bifida o sottoposti a interventi chirurgici multipli saranno, invece, sensibilizzati dal contatto diretto dei dispositivi contenenti lattice con i loro fluidi corporei e le mucose 8,41. Come specificato precedentemente, mentre Hev b 5 e Hev b 6 (in particolare il dominio hevein Hev b 6.02) sono stati riconosciuti come allergeni maggiori negli operatori sanitari, i pazienti con spina bifida hanno prevalentemente una reattività IgE a Hev b 1, Hev b 3 e Hev b 5.
Esposizione aerea al lattice
Gli allergeni del lattice presenti nell’aria possono essere inalati e causare reazioni allergiche. Due delle principali fonti di allergeni del lattice inalabili includono le particelle di amido di mais che vengono utilizzate nella polvere dei guanti in lattice e le polveri di pneumatici (soprattutto per coloro che vivono vicino a una strada trafficata) 8. Per evitare che si attaccassero, i guanti in lattice venivano generalmente prodotti aggiungendo particelle di amido di mais in polvere. Le proteine allergeniche del lattice dei guanti possono attaccarsi alle particelle di polvere e disperdersi nell’aria, causando reazioni allergiche. È stato dimostrato che l’introduzione di guanti senza polvere di mais comporta una riduzione significativa della prevalenza dell’allergia al lattice (vedi Management: prevenzione e terapia).
Contaminazione da lattice in alimenti e medicinali
È stato riportato che le allergie al lattice possono essere anche causate da:
- alimenti contaminati da lavoratori che indossano guanti in lattice;
- medicinali/vaccini contaminati da contenitori o dispositivi medici contenenti lattice. La gomma naturale è un materiale ampiamente utilizzato per additivi alimentari, imballaggi e dispositivi medici 41. Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha stilato un elenco aggiornato delle confezioni dei vaccini che contengono lattice 42.
Reattività crociata con alimenti vegetali
I frutti tropicali (come avocado), ma anche frutti come banana, castagna e kiwi contengono proteine che possono determinare cross-reazioni con il lattice 39.
In conclusione, la gravità della allergia al lattice dipende significativamente dalla componente molecolare allergenica interessata, nonché dalla via, dal grado e dal numero di esposizioni. Il contatto diretto e massivo del lattice con le mucose si associa alla più alta percentuale di soggetti che si sensibilizzano e manifestano sintomi anche gravi di allergia al lattice (anafilassi) 43.
Manifestazioni cliniche e cross reazioni
Le manifestazioni cliniche associate all’esposizione al lattice sono molteplici e meccanismi immunologici e non immunologici possono essere identificati alla loro base 44.
I meccanismi non immunologici possono causare dermatiti localizzate con comparsa di prurito, secchezza e iperemia cutanea nelle zone di contatto con il lattice che in questi casi agisce da agente irritante. Le reazioni basate su meccanismi immunologici possono essere di tipo I (IgE-mediate) e tipo IV (cellulo-mediate) (Tab. V).
I quadri clinici delle reazioni IgE-mediate racchiudono uno spettro di reazioni che va da prurito, eritema e orticaria localizzati, fino a orticaria generalizzata, angioedema, rinite, congiuntivite, broncospasmo e shock anafilattico, che possono comparire dopo pochi minuti dall’esposizione al lattice. L’allergene può determinare una reazione attraverso varie vie. L’esposizione parenterale si associa con reazioni più gravi e repentine 45.
Quando il contatto con l’allergene avviene per via inalatoria possono verificarsi rinocongiuntivite, orticaria diffusa, broncospasmo e, in alcuni casi, anafilassi. In età pediatrica è frequente la comparsa di manifestazioni cliniche cutanee dopo contatto con giocattoli, palloncini gonfiabili contenenti lattice o dopo procedure odontoiatriche.
Kimata ha riportato 9 casi di allergia al lattice in bambini di età inferiore all’anno di vita, i quali avevano manifestato edema o rash cutaneo al volto, broncospasmo, o anafilassi dopo esposizione al lattice. Tutti i bambini avevano uno SPT positivo per lattice; il contatto con l’allergene era avvenuto attraverso la mucosa orale (ciuccio, tettarella, palloncino), nasale (dispositivo per lavaggio nasale) o anale (cannula per clisma) 46.
L’anafilassi è la manifestazione clinica più grave e può essere potenzialmente fatale portando a morte per insufficienza respiratoria e/o shock cardiocircolatorio. Generalmente si manifesta dopo un breve lasso di tempo dal contatto con il lattice. In casi di anafilassi intraoperatoria l’allergia al lattice va sempre indagata. La diagnostica di queste forme è spesso complessa e, seppure negli ultimi anni la percentuale di anafilassi intraoperatorie ascrivibili all’allergia al lattice sia in riduzione 47, va posta in diagnosi differenziale con altri potenziali trigger intraoperatori come farmaci anestetici, miorilassanti e antibiotici. In una recente review, Ma et al. hanno analizzato 21 casi di anafilassi intraoperatoria in età pediatrica, in 7 casi l’allergene coinvolto era il lattice 48.
Le reazioni immuno-mediate ritardate (tipo IV) possono essere associate agli additivi del lattice o al lattice stesso. Queste reazioni da contatto spesso coinvolgono le mani e sono dovute all’impiego di guanti in lattice. Possono presentarsi anche quadri di dermatite periorale in bambini sottoposti a ripetuti interventi di chirurgia odontoiatrica. Il lattice è infatti riportato tra i principali allergeni nelle dermatiti da contatto in età pediatrica. Quadri clinici di questo tipo possono verificarsi anche dopo utilizzo di diversi oggetti come parastinchi, pannolini o capi d’abbigliamento 49. In queste forme ritardate si evidenziano quadri clinici che possono comprendere prurito, iperemia, vescicole, lesioni crostose, desquamazione seguiti da uno stato di secchezza cutanea persistente e lichenificazione.
È rilevabile un fenomeno di cross-reattività tra il lattice e diversi allergeni del mondo vegetale legato al riconoscimento di epitopi strutturalmente simili (cross-sensibilizzazione). I principali allergeni cross-reattivi coinvolti sono stati identificati nelle profiline (Hev b 8), nelle patatine (Hev b 7 patatina-like e Sol t 1 della patata), nelle PR-3 (Hev b 6.02 e chitinasi di classe I), PR-2 (Hev b 2 β-1,3-glucanasi del lattice e L-ascorbato perossidasi del peperone) e PR-14 (Lipid Transfer Proteins). Le eveine del lattice, in particolare la Hev b 6.02, hanno un’omologia di circa il 70% con le chitinasi di classe I 50. È, dunque, possibile che soggetti sensibilizzati al lattice abbiano contemporaneamente delle sensibilizzazioni alle chitinasi presenti in alcuni alimenti in quanto termolabili e velocemente degradate a livello gastrico. Questo fenomeno spiega le reazioni prevalentemente localizzate in sede orale e limitate ad alimenti non cotti come frutta e vegetali. L’associazione tra queste cross-sensibilizzazioni rilevate e il loro impatto clinico non è sempre chiara.
Il 30-50% dei pazienti con allergia al lattice manifesta un’ipersensibilità ad alimenti di origine vegetale, specie se consumati freschi. Il primo caso di associazione tra allergia al lattice e banana risale al 1991, seguito da altri lavori che segnalavano un’associazione con l’avocado e il kiwi. Nel 1994 Blanco et al. 51 osservarono che in un gruppo di 25 pazienti con allergia al lattice circa il 50% aveva una o più ipersensibilità verso alimenti vegetali che definirono con il temine latex-fruit syndrome (LFS). Gli allergeni del lattice fino a oggi segnalati in casi di cross-reattività sono riportati nella Tabella VI 3.
Un numero elevato di frutta e verdura è stato associato alla LFS. Tale connessione si basa su valutazioni cliniche, positività dei test cutanei ed identificazione delle componenti cross-reattive mediante utilizzo di allergeni naturali o ricombinanti (es. castagna, kiwi, avocado, banana, pomodoro, frutto della passione, papaia, mango, sedano, pepe ecc.). Ricci et al. 52 hanno studiato una popolazione pediatrica italiana di 22 pazienti allergici al lattice, di questi il 36% presentava una LFS. Il kiwi era l’alimento maggiormente segnalato, seguito da castagna, pesca, melone, ciliegia e mela. Gli autori hanno rilevato una prevalenza statisticamente significativa della LFS nei pazienti con allergia al lattice moderata-grave rispetto a quelli con quadri clinici lievi.
In un recente studio multicentrico di Takemura et al. 53 sono stati arruolati 97 bambini con storia di allergia alla frutta fresca. Di questi il 76% presentavano un’allergia associata a sindrome orale allergica. I risultati del lavoro hanno evidenziato una significativa associazione tra le IgE specifiche del lattice e della profilina Bet v 2. Nella popolazione studiata solo il 3% dei bambini avevano una pregressa storia di allergia al lattice e l’aumento delle IgE per lattice è stato associato alla famiglia delle profiline Hev b 8 che agiscono attraverso un meccanismo di cross-reattività.
Questo aspetto allergologico è in continua evoluzione, come dimostra la recente scoperta di una proteina della pesca e dell’albicocca di nuova descrizione, chiamata ENEA (Pru ar 5) 54 che presenta una cross-reattività con la proteina Hev b 5 del lattice e con la proteina Man 5 55 della manioca. La sua concentrazione all’interno della pesca è variabile e ciò potrebbe spiegare la variabilità delle reazioni allergiche che possono presentarsi in questo contesto. La proteina Hev b 5 del lattice può cross-reagire anche con spezie come il curry 56. A oggi, la lista degli alimenti vegetali coinvolti nelle cross-reazioni con il lattice è molto aumentata rispetto alle prime segnalazioni che vedevano coinvolti solo i frutti tropicali e comprende, oltre alla frutta fresca, vegetali, frutta secca e cereali come la manioca. Per tale ragione, in letteratura sempre più spesso si parla di latex-associated food allergy nella descrizione di questo quadro clinico.
La cross-sensibilizzazione può avvenire anche con alcuni pollini come le graminacee e con alcune piante ornamentali come il Ficus benjamin e l’Euphorbia pulcherrima (Stella di Natale) 57. In uno studio pediatrico di Casquete-Roman et al. 58 sono stati analizzati i sieri di 106 bambini con allergia a pollini con storia clinica di manifestazioni respiratorie associate. Nessun paziente arruolato nel lavoro presentava segni e sintomi all’esposizione con il lattice. Nella popolazione studiata, circa la metà dei bambini presentavano sensibilizzazione al lattice. Gli autori riportano che i bambini sensibilizzati alle profiline delle graminacee (Phl p 12) presentavano una positività alle profiline del lattice (Hev b 8). Dunque, la sensibilizzazione al lattice in questo gruppo di pazienti era attribuibile al cross-riconoscimento della profiline dei pollini delle graminacee.
Sono stati recentemente identificati alcuni pazienti con un’allergia al lattice IgE-mediata apparentemente associata alla mono-sensibilizzazione per Hev b 12 (la proteina di trasporto dei lipidi non specifica del lattice). Le ragioni principali della monosensibilizzazione all’Hev b 12 rimangono indefinite, ma potrebbero in qualche misura riguardare una sottostante allergia alla Cannabis sativa 59,60.
La diagnostica molecolare, quindi, ci aiuta, non solo a stabilire gli allergeni rilevanti nei casi di reazione allergica, ma anche le cross-sensibilizzazioni che non hanno un reale riscontro clinico. Orientarsi all’interno delle cross-sensibilizzazioni delle proteine del lattice non è semplice, poiché non conosciamo tutte le proteine coinvolte e potremmo dunque incorrere in errori diagnostici, prescrivere diete di eliminazione non necessarie o considerare erroneamente un paziente come allergico al lattice. È dunque necessario definire il profilo di sensibilizzazione di ogni paziente che, insieme alla storia clinica, ci guida nel definire la corretta gestione allergologica. In letteratura sono stati proposti degli algoritmi diagnostici per una migliore gestione delle cross-reattività nell’allergia a lattice 33.
Diagnosi di allergia al lattice
Sono stati identificati nel lattice naturale della gomma circa 250 allergeni, di cui 15 (Hev b 1 - Hev b 15) sono ufficialmente inclusi nell’elenco della nomenclatura dell’International Nomenclature Committee of Allergens (IUIS) 61 e riconosciuti dalla World Health Organization (WHO) 3 (vedi Allergeni e sensibilizzazione allergica).
Le proteine naturali della gomma sono associate sia a una sensibilizzazione asintomatica che a una ipersensibilità immuno-mediata. La prevalenza di ipersensibilità associata a uno o più alimenti in pazienti affetti da allergia al lattice è stimata fino al 60-90%.
Il primo step nella diagnostica dell’allergia al lattice consiste nella raccolta di una accurata storia clinica che indaghi la presenza di altre allergie, precedenti interventi chirurgici o procedure mediche che comportino l’utilizzo di guanti in lattice 62. Come discusso sopra, infatti, soggetti a rischio sono i pazienti affetti dal diverse patologie tra cui spina bifida, anomalie urogenitali, malformazioni anorettali, fistola tracheoesofagea, anomalie congenite multiple, shunt ventricolo-peritoneali, paralisi cerebrale, quadriplegia, neonati pretermine, individui atopici 32.
Va, quindi, valutata la relazione temporale tra l’esposizione a prodotti in lattice e la comparsa dei sintomi. Questi ultimi, come riportato sopra più dettagliatamente (si veda Manifestazione cliniche e cross-reazioni), solitamente sono riconducibili a reazioni locali caratterizzate dalla comparsa di eritema, prurito, orticaria dopo contatto con prodotti in lattice, ma sono descritti anche sintomi/segni sistemici come tosse, starnutazioni, broncospasmo e anafilassi 62. Infine, si deve chiedere se il paziente ha avuto manifestazioni cliniche dopo assunzione di frutta; in particolare banana, kiwi, fichi, papaya, avocado e castagne sono gli alimenti più frequentemente coinvolti nell’allergia alimentare correlata al lattice 33.
La conferma diagnostica si può ottenere in vivo con i Skin-Prick Tests (SPT) cutanei e in vitro con il dosaggio delle IgE specifiche, che può essere eseguito attraverso varie metodiche. La positività di questi test indica una sensibilizzazione al lattice. I prick test cutanei si eseguono applicando una goccia di estratto commerciale standardizzato sulla cute della superficie flessoria dell’avambraccio e pungendo leggermente la stessa con un’apposita lancetta 63. Oltre all’allergene si utilizzano un controllo positivo (istamina 10 mg/ml) e uno negativo (soluzione fisiologica). Se dopo circa 10-15 minuti compare un pomfo di diametro ≥ 3 mm il risultato si considera positivo. In uno studio clinico, i SPT con estratto hanno mostrato una sensibilità di circa il 93% e una specificità del 100% 32.
Tuttavia, gli estratti allergenici per i test cutanei non sono disponibili in tutti i paesi, pertanto è possibile utilizzare in alternativa il prick by prick test con guanti in lattice altamente allergizzanti. Questa metodica però non è standardizzata.
I patch test con lattice, invece, sono utilizzati per identificare reazioni ritardate di tipo IV. Sono stati riportati rari casi di allergia ritardata al lattice e i patch test sono utili per differenziare la dermatite allergica da contatto dalla dermatite irritativa da contatto 64. Nei casi di sospette reazioni di ipersensibilità di tipo IV come la dermatite allergica da contatto, vanno eseguiti i patch test per gli additivi della gomma, posizionando cerotti sulla cute a livello interscapolare. I cerotti vengono rimossi dopo 48 ore e in caso di comparsa di eritema e/o infiltrato nelle successive 24-48 ore il test viene considerato positivo. Gli allergeni che più comunemente hanno mostrato reazioni positive sono i carbammati, la miscela di tiurami, il 2-mercaptobenzotiazolo e l’1,3-difenilguanidina 65.
I test cutanei devono essere eseguiti in ambiente ospedaliero da allergologi esperti nella tecnica di esecuzione del test e nell’interpretazione dei risultati, in quanto vi è un rischio di indurre reazioni sistemiche, seppur nel complesso le reazioni anafilattiche riportate in letteratura siano inferiori allo 0,02% 66. Ovviamente, tale rischio di reazione è maggiore con l’esecuzione del prick by prick test.
Un test privo di rischi è, invece, il dosaggio in vitro delle IgE sieriche specifiche per il lattice. Questo rappresenta un test specifico ma più costoso e non prontamente disponibile come i test cutanei. Il dosaggio sierico delle IgE specifiche per il lattice ha, inoltre, una sensibilità del 70-80%, per cui un test positivo indica la presenza di sensibilizzazione alle proteine del lattice; tuttavia, non è trascurabile la percentuale di casi in cui può risultare falsamente negativo 67. Questa minore accuratezza diagnostica è causata dal fatto che non sono rappresentati tutti gli allergeni del lattice. I valori di cut-off dipendono dal metodo di dosaggio utilizzato e dalla popolazione studiata 67.
La Component Resolved Diagnostics (CRD), attualmente chiamata anche diagnostica molecolare, aiuta lo specialista a individuare positività per molecole allergeniche rilevanti dal punto di vista clinico. La sensibilizzazione ad alcune componenti del lattice (ad es. Hev b 1, Hev b 5, Hev b 6.01 e Hev b 6.02) è associata a fenotipi clinici più gravi ed è espressa come allergia al lattice genuina, mentre la sensibilizzazione ad altri allergeni (ad es. Hev b 8) risulta generalmente essere asintomatica o associata a sintomi più lievi.
Esistono numerosi metodi di dosaggio delle IgE specifiche, tra questi l’ImmunoCAP sembra avere una migliore performance dell’ISAC microarray, anche se c’è una buona concordanza tra i due test 68,69. Altri test in commercio per la CRD includono: Immulite, Alex MADX, Euroline, e FABER (Tab. VII).
Tra i test in vitro, il test di attivazione dei basofili (BAT) è un esame funzionale basato sulla citometria a flusso che valuta il grado di attivazione dei basofili dopo stimolo con allergeni ricombinanti del lattice. Questo esame può essere teoricamente in grado di distinguere l’allergia clinicamente rilevante dalla sensibilizzazione asintomatica 70.
Allo scopo di semplificare dal punto di vista pratico il percorso diagnostico allergologico in caso di sospetta allergia al lattice nella Figura 1 vengono tracciati i diversi percorsi che distinguono i soggetti a rischio di reazione da quelli con cross-sensibilizzazioni non clinicamente rilevanti, individuando inoltre coloro per i quali devono essere fornite precise indicazioni di prevenzione 34,40,71,72.
Il test di provocazione rimane il test di elezione per confermare o escludere l’allergia al lattice. Si ricorre al test di provocazione quando la storia clinica è suggestiva, ma il risultato di SPT o del dosaggio delle IgE specifiche è discordante 66. Sono stati segnalati diversi metodi di esecuzione dei challenge test (cutaneo, muco-orale, sublinguale, congiuntivale, nasale e bronchiale), sebbene alcuni di essi abbiano una bassa sensibilità e molte limitazioni legate alla procedura. Il challenge cutaneo denominato use test viene eseguito indossando un guanto di lattice e segnalando la eventuale comparsa di segni o sintomi: inizialmente viene inserito il guanto a un dito per 15 minuti; se negativo questo test preliminare, viene indossato il guanto nella mano intera per ulteriori 15 minuti. Viene invece utilizzato un guanto senza lattice come controllo negativo 3. Per i test sublinguali, congiuntivali, nasali e bronchiali, sono state utilizzate soluzioni con estratto di lattice, a diluizioni crescenti, aumentando progressivamente la concentrazione per raggiungere l’eventuale dose soglia 3.
Il test di provocazione pone, comunque, il paziente a rischio di reazioni gravi come l’anafilassi; pertanto è da destinarsi a casi selezionati in cui la diagnosi non è conclusiva. I rischi di una diagnosi falsamente negativa sono quelli di esporre il paziente a future reazioni gravi. Allo stesso modo un numero elevato di diagnosi falsamente positive può avere conseguenze rilevanti dal punto di vista gestionale. Inoltre, è importante individuare soggetti con sensibilizzazioni irrilevanti dal punto di vista clinico in modo da ridurre i costi legati a non necessarie misure di evitamento dell’allergene.
Management: prevenzione e terapia
La gestione dell’allergia al lattice si basa sulla prevenzione del contatto con i prodotti a base di lattice naturale 73,74. Le altre strategie terapeutiche sono rappresentate dalla terapia farmacologica delle reazioni allergiche acute, dall’immunoterapia e, in casi selezionati, dalla terapia con farmaci biologici anti-IgE 3.
Prevenzione
Considerata la diffusione di prodotti contenenti lattice, la prevenzione di tale allergia deve realizzarsi su più livelli, rappresentati dalla prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
Prevenzione primaria
La prevenzione primaria è definita come l’adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre a monte l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole 75. In tale senso la prevenzione primaria della sensibilizzazione allergica al lattice si concretizza attraverso la riduzione dell’esposizione ai prodotti contenenti lattice 3. È importante sottolineare che tale prevenzione comprende misure interessanti sia la popolazione generale che i singoli individui a maggior rischio di sviluppo di allergia al lattice.
La prevenzione individuale risiede nell’individuazione dei soggetti a rischio di sviluppare allergia al lattice. Si ribadisce che in ambito pediatrico sono considerati fattori di rischio noti per sensibilizzazione al lattice: l’atopia, gli interventi chirurgici durante il periodo neonatale e ripetute procedure odontoiatriche o chirurgiche nel corso dei primi anni di vita, in particolare in presenza di anomalie anatomiche/funzionali urogenitali 76. È importante informare i genitori della presenza di tali fattori di rischio e, se presenti, attuare un piano di prevenzione individuale. Per esempio, nei bambini affetti da spina bifida, popolazione ad alto rischio di sviluppare allergia al lattice 77, è dimostrato come l’utilizzo di strumentazione priva di allergeni del lattice in sala operatoria riduca la sensibilizzazione allergica al lattice in tali bambini e, conseguentemente, la comparsa di sintomatologia allergica a essa collegata 9.
La prevenzione primaria sociale si riferisce alle misure sociali preventive finalizzate alla creazione di ambienti liberi da allergeni del lattice, sia per i pazienti a rischio sanitario sia per i lavoratori maggiormente esposti al lattice. La creazione di ambienti completamente latex-free è a oggi molto difficile, data la grande diffusione in ambiente domestico, scolastico e lavorativo di prodotti contenenti lattice 78 (Tab. VIII).
Tra questi, i guanti in lattice rappresentano il prodotto maggiormente utilizzato 79. Fondamentale è l’etichettatura di tutti i prodotti contenenti lattice in modo da facilitarne l’immediata identificazione e l’evitamento da parte del paziente allergico 32. La regolamentazione legislativa di molti stati ha reso possibile la creazione di ambienti latex-safe 80 grazie all’utilizzo di prodotti a ridotto contenuto allergenico di lattice, attraverso un processo di deproteinizzazione, purificazione, clorazione con successivo lavaggio ad alta temperatura 81,82. Un esempio di tali misure legislative è rappresentato dalla limitazione all’utilizzo di guanti in lattice in ambiente ospedaliero, che ha determinato una riduzione del tasso di allergia al lattice tra gli stati che hanno adottato tale misura, come dimostrato da diversi studi 41,83-87. Nello specifico, si è assistito a un calo della prevalenza della sensibilizzazione al lattice negli operatori sanitari in seguito all’introduzione di guanti privi di lattice (ad esempio Europa e Nord America). Al contrario, nei paesi in via di sviluppo e in quelle aree dove non vengono attuate tali politiche di prevenzione primaria, l’allergia al lattice continua a rappresentare un problema di maggiore rilevanza per la salute pubblica 30,88. In commercio sono presenti valide alternative al lattice, quali elastomeri sintetici e guanti in Yulex, realizzati in una particolare forma di gomma di lattice naturale ricavata dalla Guayule (Parthenium argentatum), un arbusto nativo del deserto 89,90. Oltre all’utilizzo di guanti senza lattice vi sono altri aspetti gestionali in ambito ospedaliero che possono essere implementati, se non già presenti (vedi Prevenzione terziaria).
Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria è definita come la diagnosi precoce di una patologia, permettendo così di intervenire tempestivamente sulla stessa 75.
È compito del medico di medicina generale/pediatra di libera scelta (ma anche di altri specialisti coinvolti nella cura del paziente) inviare il paziente alla valutazione allergologica in caso di sospetta allergia al lattice. In questi casi l’allergologo dovrà raccogliere una accurata anamnesi e valutare quali test diagnostici sono necessari per formalizzare la diagnosi di allergia al lattice. In questo senso va prestata anche attenzione alla sindrome lattice-frutta fresca nota anche come allergia alimentare associata al lattice (vedi Manifestazioni cliniche e cross-reazioni).
Per quanto riguarda l’ambiente lavorativo, è importante che i lavoratori segnalino prontamente eventuali sospette reazioni allergiche, per poter essere indirizzati verso un tempestivo percorso diagnostico. Constatati, infatti, eventuali connotati anamnestici di sospetto di sensibilizzazione allergica al lattice, il medico del lavoro deve sottoporre a test diagnostici seriati i lavoratori esposti a contatto e inalazione di lattice, per confermare una eventuale sensibilizzazione allergica e attuare le necessarie misure di prevenzione e/o cura.
Prevenzione terziaria
La prevenzione terziaria è relativa alla prevenzione e alla riduzione delle complicanze di una malattia già diagnostica e spesso comprende le misure terapeutiche.
L’obiettivo primario nell’allergia al lattice è l’evitamento delle reazioni allergiche e in particolare dell’anafilassi, mediante la consegna al paziente di un piano di azione per la gestione delle reazioni allergiche che comprenda, se necessario, la prescrizione di autoiniettore di adrenalina 3,75.
In ambito scolastico è di fondamentale importanza allertare e coinvolgere il personale scolastico sulla presenza di studenti con nota allergia al lattice. Ogni bambino deve essere dotato di piano d’azione individualizzato e di adrenalina autoiniettabile (qualora necessaria) 91. La strumentazione scolastica deve essere controllata per evitare il contatto con materiali contenenti lattice. Può essere utile il braccialetto identificativo per i pazienti in età pediatrica affetti da allergia al lattice 92. A livello collettivo, risultano importanti la sensibilizzazione e l’educazione di insegnanti e compagni di scuola in merito alla creazione di un ambiente scolastico latex-safe, attraverso la diffusione di materiale divulgativo (Fig. 2) e la rimozione di prodotti contenenti lattice (es. palloncini, gomme da cancellare, materiale per lavoretti scolastici ecc.) 3.
In ambito lavorativo, deve essere intrapresa sia una strategia individuale di educazione del lavoratore per evitare le fonti di lattice sul luogo di lavoro 93 che una strategia collettiva, finalizzata alla salute del lavoratore; ciò può portare, alternativamente, al termine del rapporto di lavoro, alla ricollocazione del paziente nell’organigramma lavorativo o alla creazione di aree lavorative latex-safe 3. Come già sottolineato sopra, la creazione di un ambiente latex-safe in ambito ospedaliero è un obiettivo difficile da raggiungere. In uno studio osservazionale in un ospedale in Pennsylvania sono stati riportati 616 esposizioni accidentali e 7 reazioni allergiche in seguito al contatto con lattice, nonostante la messa in vigore di una regolamentazione ospedaliera latex-safe 3. Conseguentemente, se ne desume che la creazione di un ambiente completamente latex-free, ovvero privo anche da tracce di lattice, sia molto difficile in ambiente ospedaliero. Allo stesso tempo, l’obiettivo di creazione di un ambiente latex-safe, attraverso l’utilizzo di prodotti a ridotto contenuto allergenico di lattice e accorgimenti tesi a evitare il contatto del paziente con il lattice, sia maggiormente perseguibile 3. In merito a tali accorgimenti, un primo esempio può essere rappresentato dal fatto che tutti i pazienti affetti da allergia al lattice devono riferire prontamente la loro allergia prima di ogni valutazione medica o procedura chirurgica 94. È successivamente compito del personale medico e infermieristico confrontarsi con il paziente e i familiari sulla presenza di allergie prima di somministrare terapie o effettuare procedure medico-chirurgiche, ed eventualmente programmare strategie definite per le procedure chirurgiche 30 e la lista operatoria (paziente allergico al lattice come primo in lista).
L’adozione di rigidi protocolli per i pazienti affetti da allergia al lattice e la loro identificazione mediante braccialetti identificativi può rappresentare una strategia per minimizzare i rischi di esposizione involontaria al lattice in tali pazienti 3. Non esistono protocolli e raccomandazioni univoche nell’ambito dei diversi ospedali e delle differenti società scientifiche 95. Nonostante tale eterogeneità, la base condivisa di tali protocolli è rappresentata dall’uso di guanti, cateteri e prodotti alternativi non in lattice, solitamente in silicone, plastica o vinile 30. È auspicabile l’istituzione di una Latex Allergy Task Force in ogni Azienda Ospedaliera con il compito di regolamentare rigidamente la presenza di prodotti privi di lattice in ambiente ospedaliero attraverso l’adozione di specifici protocolli 9. Questa task force deve comprendere le figure maggiormente interessate alla possibile allergia al latex in ambiente ospedaliero (Tab. IX).
Immunoterapia
L’immunoterapia per l’allergia al lattice è stata proposta e utilizzata alcuni anni fa attraverso la via di somministrazione sia sottocutanea (SCIT) che sublinguale (SLIT), ma la sua efficacia non è mai stata pienamente dimostrata 96 e sono stati riportati sia casi di fallimento 97,98 che casi di gravi effetti avversi 99,100.
In merito all’impiego della SCIT, il primo case report riguardava una donna di 31 anni con esposizione professionale 101. Il primo trial clinico, invece, risale agli anni 2000. Nonostante l’efficacia della desensibilizzazione, gli autori segnalavano un’alta incidenza di reazioni sistemiche. Anche gli studi successivi hanno confermato l’alto tasso di reazioni avverse: nello studio di Tabar et al. 102 venivano addirittura riportate reazioni sistemiche nell’81,8% dei casi nel gruppo trattamento rispetto al 16,7% del gruppo placebo.
L’immunoterapia per l’allergia al lattice maggiormente studiata e utilizzata è la SLIT, che ha dimostrato migliore sicurezza e risultati di efficacia clinica e immunologica in diversi studi 103 (Tab. X).
Tuttavia, in uno studio randomizzato doppio cieco contro placebo, condotto da Gastaminza nel 2011 su 28 pazienti adulti allergici al lattice, non sono state trovate differenze significative nel test di provocazione o nei test in vitro dopo un anno di trattamento con SLIT lattice 98.
Da notare, inoltre, che solo uno 105 degli studi controllati e randomizzati in doppio cieco sulla SLIT lattice è stato effettuato in età pediatrica. In un altro studio caso controllo condotto su 23 bambini 108 sono stati somministrati per via sublinguale 300 ug di estratto di lattice settimanalmente. I pazienti trattati hanno mostrato miglioramenti significativi in merito a diametro dello skin prick test per lattice, livello plasmatico di IgG4, test di provocazione congiuntivale (dopo 1 anno di SLIT), anche se non hanno manifestato nessuna modifica delle IgE specifiche per lattice e nel test di attivazione dei basofili (BAT). Il 28-33% dei pazienti trattati con SLIT ha mostrato effetti avversi lievi.
La SLIT per lattice può, quindi, causare eventi avversi, ma che, specie nel bambino, sono di solito lievi e di tipo locale 105,108. Essa prevede due fasi. La fase di incremento ha generalmente una durata di 4 giorni e consiste in 4 assunzioni giornaliere, progressivamente crescenti, di estratto per i primi 2 giorni di trattamento; 5 assunzioni il terzo giorno, sempre progressivamente crescenti, fino alla dose massima tollerata; e un’unica assunzione della dose massima tollerata, il quarto giorno. La fase di mantenimento consiste nell’assunzione della dose massima tollerata (nel bambino di solito 210 μg) 3 volte la settimana per 3-5 anni. Il follow-up del paziente prevede una valutazione clinica e diagnostica annuale (SPT o dosaggio IgE specifiche) come controllo dell’efficacia dell’immunoterapia 82. Altri protocolli prevedono fasi di induzione minori di 2-3 giorni, ma sono associati a un maggior numero di effetti indesiderati 100. In casi specifici può essere utile anche costruire “su misura” l’immunoterapia come fatto da Giovannini et al. 109, in cui l’immunoterapia in modalità SLIT è stata opportunamente dosata in relazione alla tolleranza di una bambina di 7 anni con alta reattività al lattice e concomitante orticaria ricorrente.
La SLIT lattice è in generale indicata in pazienti sintomatici selezionati in cui le misure di prevenzione non sono attuabili o si sono rivelate inefficaci 3.
Le controindicazioni assolute alla SLIT per lattice comprendono malattie su base immunitaria, cardiopatie e pneumopatie croniche, insufficienza renale, trattamento con beta-bloccanti, ipersensibilità a uno degli eccipienti presenti nella soluzione 110. In generale, si può comunque osservare che la complessità delle manifestazioni cliniche dell’allergia al lattice limita il potere degli studi effettuati con la SLIT, perché pazienti con sintomi diversi sono spesso raggruppati insieme. Inoltre, quando esposti a specifici test di provocazione, i casi studiati sono relativamente pochi e mancano studi di efficacia a lungo termine dopo cessazione della immunoterapia 103. Va, infine, considerato che l’ultimo studio controllato sulla SLIT per lattice 108 risale a circa 10 anni fa e che attualmente, per le migliori misure preventive e la conseguente diminuzione dei casi di allergia al lattice, questo tipo di trattamento viene sempre meno utilizzato.
Farmaci biologici
Le evidenze scientifiche in merito ai farmaci biologici nel trattamento dell’allergia al lattice sono esigue e non definitive. L’unico farmaco biologico oggetto di studio è rappresentato dall’omalizumab, anticorpo monoclonale anti-IgE. L’unico studio disponibile è stato pubblicato nel 2004 111. Gli Autori hanno dimostrato un’efficacia dell’omalizumab nella riduzione della sintomatologia cutanea e oculare in lavoratori affetti da allergia al lattice ed esposti ad ambiente lavorativo con presenza di fonti di lattice. A tale studio si aggiungono alcuni case report che hanno evidenziato benefici di tale trattamento in caso di orticaria da contatto o asma indotti da lattice 112,113. È stato anche prospettato l’uso di omalizumab in associazione all’immunoterapia al lattice 30, con particolare attenzione al rapporto rischio-beneficio sia in ambito lavorativo con presenza di fonti di lattice che in altri ambienti 3.
Conflitto di interessi
Gli Autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi rispetto agli argomenti trattati nell’articolo.
Figure e Tabelle
Patologie associate ad aumentato rischio di sensibilizzazione a lattice |
Spina bifida |
Anomalie uro-genitali |
Malformazioni ano-rettali |
Fistola tracheo-esofagea |
Anomalie congenite multiple |
Derivazione ventricolo-peritoneale |
Paralisi cerebrale |
Tetraplegia |
Prematurità |
Atopia |
Popolazione studiata | Allergia al lattice | Sensibilizzazione al lattice | Paese | Autore, anno | Ref. |
---|---|---|---|---|---|
Popolazione generale | 0 | 0,7% | Italia | Bernardini, 1998 | 4 |
Pazienti con spina bifida | 8,5% | 25% | Italia | Bernardini, 1998 | 12 |
47,9% | Germania | Cremer, 2010 | 10 | ||
37% | 55% | Germania | Blumchen, 2010 | 11 | |
16% | Turchia | Ozkaya, 2010 | 13 | ||
1% | 10,4% | Turchia | Bozkurt, 2010 | 14 | |
31% | 45% | Singapore | Chua, 2013 | 15 | |
26,7% | Spagna | Nieto, 2002 | 9 | ||
Pazienti con spina bifida operati in ambiente latex free | 4,5% | Spagna | Nieto, 2002 | 9 | |
0,8% | 5% | Germania | Blumchen, 2010 | 11 | |
Pazienti con mielomeningocele | 20% | 25% | Brazile | Bueno de Sa, 2013 | 5 |
30,6% | Iran | Majed, 2009 | 16 | ||
Pazienti atopici | 1,5% | 3% | Italia | Novembre, 1997 | 17 |
2,6% | 3,9% | Italia | Meglio, 2002 | 18 | |
2,7% | 4% | Egitto | El-Sayed, 2014 | 19 | |
0,5% | 3,8% | Portogallo | Jorge, 2006 | 20 |
Professioni e altre situazioni in cui l’esposizione al lattice è frequente |
Medici e altre professioni sanitarie |
Addetti alla manipolazione del cibo/lavoratori della ristorazione |
Lavoratori domestici |
Parrucchieri |
Operai dell’industria della gomma |
Personale di sicurezza, poliziotti, vigili del fuoco |
Utilizzatori di preservativi |
Muratori |
Pittori |
Addetti alle pompe funebri |
Fiorai |
Allergene | Nome comune | Peso molecolare (kDa) | Rilevanza come allergene per gli utilizzatori di guanti in lattice | Rilevanza come allergene in soggetti con spina bifida |
---|---|---|---|---|
Hev b 1 | Fattore di allungamento della gomma (REF) | 14.7 | Minore | Maggiore |
Hev b 2 | β-1,3-glucanasi | 35,1 | Minore | Minore |
Hev b 3 | Piccola particella proteica della gomma | 22,4 | Minore | Maggiore |
Hev b 4 | Componente complesso lutoide con microelica | 53-55 | Minore | Minore |
Hev b 5 | Proteina acidica | 16 | Maggiore | Maggiore/Minore |
Hev b 6 | Eveina | 21 | Maggiore | Minore |
Hev b 7 | Patatina-like | 42 | Minore | Minore |
Hev b 8 | Profilina | 15 | Minore | Minore |
Hev b 9 | Enolasi | 47,7 | Minore | Minore |
Hev b 10 | Superossido dismutasi | 26 | Minore | Minore |
Hev b 11 | Chitinasi classe I | 33 | Minore | Minore |
Hev b 12 | Lipid Transfer Protein (LTP) | 9,3 | Minore | Minore |
Hev b 13 | Esterasi | 43 | Minore | Minore |
Hev b 14 | Evamina | 29,5 | Minore | Minore |
Hev b 15 | Inibitore della serin proteasi | 7,5 | Minore | Minore |
Tipo di meccanismo | Tipo di reazione | Manifestazioni cliniche |
---|---|---|
IgE-mediata | Tipo I - immediata | Es. orticaria, angioedema, rinite, congiuntivite, ostruzione bronchiale, anafilassi |
Non IgE-mediata | Tipo IV - ritardata | Es. iperemia e secchezza cutanea, eritema, prurito, lesioni vescicolari (possono estendersi oltre il sito di contatto) |
Non immune | Reazione irritativa | Es. iperemia cutanea, prurito, secchezza (non si estende oltre il sito di contatto) |
Allergene | Cross-sensibilizzazione |
---|---|
Hev b 1 (fattore di allungamento della gomma) | Papaina |
Hev b 2 (beta 1-3-glucanasi) | Beta 1-3-glucanasi e proteine omologhe/peperone, olivo |
Hev b 5 (proteina acida del lattice) | Patata, kiwi, manioca, curry |
Hev b 6.01 (pro-eveina) | Chitinasi classe I/banana, avocado |
Hev b 6.02 (eveina) | Chitinasi classe I/banana, avocado |
Hev b 7 (patatina like) | Patata, pomodoro (proteine di deposito delle solanacee) |
Hev b 8 (profilina- panallergene) | Profiline/peperone, sedano, ananas, graminacee, betulla |
Heb b 11 (chitinasi classe I) | Chitinasi classe I |
Hev b 12 (LTP-panallergene) | LTP/Cannabis sativa |
Hev b 13 (esterasi) | Patata |
Hev b 15 (inibitore serin-proteasi) | PR-6 |
Tipo di test | Test | Descrizione |
---|---|---|
Skin tests | Skin prick tests | Metodo di scelta per confermare o escludere l’allergia al lattice, con estratti commerciali o con PbP (puntura della pelle attraverso il guanto) |
Patch test | In reazioni da ipersensibilità ritardata molto spesso attribuite ad additivi | |
Test di laboratorio | IgE specifiche per estratto | ImmunoCAP e IMMULITE Sensibilità > 80%; specificità > 95% |
Component Resolved Diagnostics (CRD) Immunocap ISAC microarray (Thermo Fisher Scientific, Phadia, Uppsala, Svezia) Immulite (Siemens Healthcare Diagnostics Inc., Erlangen, Germania) Alex MADX (MacroArray Diagnostics GmbH, Vienna, Austria) Euroline (EUROIMMUN AG, Lübeck, Germania) FABER (Allergy Data Laboratories s.r.l., Latina, Italia) | rHev b 1, rHev b 3, rHev b 5, rHev b 6, rHev b 8, CCD | |
BAT | Attivazione dei basofili dopo stimolazione con allergeni ricombinanti del lattice. Potrebbe aiutare a distinguere una sensibilizzazione clinicamente rilevante da una sensibilizzazione asintomatica | |
Test di provocazione (se storia suggestiva ma test cutanei e test di laboratorio negativi) | Use test con guanto in lattice | Guanto in lattice prima su un dito per 15 minuti. In assenza di sintomi si può infilare tutto il guanto nella mano. Il controllo negativo si fa posizionando un guanto in nitrile o vinile nell’altra mano. Il test si considera positivo quando compaiono prurito, eritema, vescicole o sintomi respiratori |
Test di sfregamento | Può dare risultati falsamente positivi e non è standardizzato. Potere diagnostico molto basso, non è utilizzato | |
Test di provocazione bronchiale specifico | Estratto acquoso di lattice che viene nebulizzato o stanza con estratti di guanto aerosolizzati o scuotere guanti in lattice per creare aerosol della polvere. Sono quindi valutati test di funzionalità polmonare e comparsa di sintomi bronchiali | |
Test di provocazione nasale e congiuntivale | Utilizzati in qualche studio, ma hanno scarso significato |
Principali oggetti di uso comune contenenti allergeni del lattice | |
---|---|
Guanti | Scarpe |
Adesivi | Pannolini |
Palloncini | Tessuti e bande elastiche |
Tappetini antiscivolo | Gomme da cancellare |
Preservativi | Succhiotto per lattante |
Diaframmi contraccettivi | Equipaggiamenti sportivi (es. pinne, maschere, boccagli) |
Tettarella di biberon | Pneumatici |
Giocattoli di gomma | Materassi |
Francobolli | Dispositivi medici (es. siringhe, cerotti, lacci emostatici, contagocce per collirio, cateteri, pallone, apparecchi ortodontici) |
Pubblica amministrazione | Direttori medici dei reparti | Medici | Infermieri | Farmacisti |
---|---|---|---|---|
Direttore Sanitario | Responsabile Reparto Internistico | Medici dirigenti del Reparto Internistico | Responsabile infermieristico del Reparto Internistico | Responsabile della Farmacia Ospedaliera |
Direttore Sanitario | Responsabile Pronto Soccorso. | Medici dirigenti di Pronto Soccorso. | Responsabile infermieristico del Pronto Soccorso | |
Responsabile Allergologia | Medici dirigenti di Allergologia | |||
Direttore ufficio marketing | Responsabile Reparto Chirurgico | Medici dirigenti del Reparto Chirurgico | Responsabile infermieristico del Reparto Chirurgico | |
Medico competente | Responsabile Reparto di Anestesia e Rianimazione | Medici dirigenti del Reparto di Anestesia e Rianimazione | Responsabile infermieristico del Reparto di Anestesia e Rianimazione | |
Medici con specialità chirurgica afferenti alla sala operatoria | Responsabile infermieristico afferente alla sala operatoria |
Articolo | Metodi e risultati |
---|---|
Patriarca et al., 2002 104 | 24 pazienti. Somministrazione di SLIT lattice (300 μg settimanalmente). I pazienti trattati sono riusciti a tollerare test di provocazione specifici, anche se non hanno mostrato nessuna modifica delle IgE specifiche per lattice plasmatiche. Non segnalati effetti avversi durante la SLIT |
Bernardini et al., 2006 105 | 20 pazienti di età pediatrica. Somministrazione di SLIT lattice (210 ug settimanalmente). I pazienti trattati hanno mostrato miglioramenti significativi in merito a utilizzo di guanti in lattice e rubbing-test, anche se non hanno mostrato nessuna modificazione delle IgE specifiche per lattice plasmatiche e nell’esecuzione di skin prick test per lattice. Non effetti avversi durante la SLIT |
Nettis et al., 2007 106 | 35 pazienti. Somministrazione di SLIT lattice (300 ug settimanalmente). I pazienti trattati hanno mostrato miglioramenti significativi in merito a utilizzo di guanti in lattice, test di provocazione bronchiale, questionario dei sintomi e della terapia assunta, diametro dello SPT per lattice (dopo 1 anno di SLIT), anche se non hanno mostrato nessuna modifica delle IgE specifiche per lattice plasmatiche e nell’esecuzione di skin prick test per lattice. Il 17% dei pazienti trattati con SLIT ha mostrato effetti avversi lievi |
Buyukozturk et al., 2010 107 | 12 pazienti. Somministrazione di SLIT lattice (300 ug settimanalmente). I pazienti trattati hanno mostrato miglioramenti significativi in merito a utilizzo di guanti in lattice, questionario dei sintomi e della terapia assunta. 2 pazienti trattati con SLIT hanno mostrato effetti avversi gravi, 1 paziente ha mostrato effetti avversi lievi |
Gastaminza et al., 2011 98 | 28 pazienti. Somministrazione di SLIT lattice (210 ug settimanalmente). I pazienti trattati non hanno mostrato miglioramenti significativi in merito agli outcomes misurati. 4 pazienti trattati hanno mostrato effetti avversi lievi |
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