Pills from the literature
Issue 2 - 2022
Pathogenesis of IgE-mediated food allergy and implications for future immunotherapeutics
Abstract
Le allergie alimentari rappresentano ai giorni nostri una fetta importante nel complesso mare magnum delle allergopatie, nonché una continua sfida per il raggiungimento di un efficace approccio terapeutico per tutti i pazienti.
I principali obiettivi di trattamento includono la desensibilizzazione all’allergene e, in definitiva, lo “spegnimento” della manifestazione allergica da questo innescata, diminuendo così il rischio di reazioni di ipersensibilità pericolose per la vita.
Tuttavia, non sempre questi obiettivi sono facilmente perseguibili.
Negli ultimi anni, pertanto, si è cercato non solo di approfondire le conoscenze relative alla patogenesi delle allergie alimentari, ma anche di sviluppare nuovi approcci terapeutici, possibilmente mirati.
INTRODUZIONE
Le allergie alimentari rappresentano ai giorni nostri una fetta importante nel complesso mare magnum delle allergopatie, nonché una continua sfida per il raggiungimento di un efficace approccio terapeutico per tutti i pazienti.
I principali obiettivi di trattamento includono la desensibilizzazione all’allergene e, in definitiva, lo “spegnimento” della manifestazione allergica da questo innescata, diminuendo così il rischio di reazioni di ipersensibilità pericolose per la vita.
Tuttavia, non sempre questi obiettivi sono facilmente perseguibili.
Negli ultimi anni, pertanto, si è cercato non solo di approfondire le conoscenze relative alla patogenesi delle allergie alimentari, ma anche di sviluppare nuovi approcci terapeutici, possibilmente mirati.
In tal senso, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato negli Stati Uniti ad inizio 2020 Palforzia®, immunoterapia orale per l’allergia alle arachidi, successivamente approvata anche in Europa, inserita nel trial di fase 3 PALISADE per i pazienti di età compresa tra i 4 e 17 anni.
Inoltre, lo studio di alcuni fattori biochimici tissutali, delle caratteristiche del microbiota intestinale e cutaneo e dei meccanismi di produzione citochinica Th2-mediata ha permesso di scoprire nuovi potenziali bersagli di trattamento, attualmente oggetto di studio su modelli animali e in parte già inseriti in alcuni trial clinici nell’uomo. Tra questi, vi sono immunomodulatori, probiotici alimentari e altre molecole che agiscono come coadiuvanti di immunoterapie e strategie dietetiche preventive.
Sono stati inoltre identificati nuovi potenziali biomarcatori cellulari e molecolari predittivi della risposta al trattamento per l’allergia alimentare, sia nel sistema immunitario innato che in quello adattativo.
NOVITÀ NELLA PATOGENESI DELLE ALLERGIE ALIMENTARI
La comprensione della genesi dell’allergia alimentare è ancora oggi oggetto dell’analisi di numerosi studi. Tra questi, alcune ricerche recenti si stanno concentrando sul ruolo svolto dall’integrità delle barriere cutanea e mucosale e dai diversi fattori ai quali queste sarebbero esposte, tra cui il microbioma, i diversi allergeni e gli inquinanti ambientali 1,2.
I modelli murini di sensibilizzazione orale hanno fornito ulteriori prove scientifiche sull’argomento: l’impiego di adiuvanti, come la tossina colerica o l’enterotossina stafilococcica B, contribuisce ad incrementare la secrezione da parte delle cellule epiteliali della cute e della mucosa gastrointestinale di citochine capaci di indurre una differenziazione in senso Th2, quali IL-33, IL-25 e TSLP (linfoproteina stromale timica). Di conseguenza, è stato dimostrato che la neutralizzazione di tutte e 3 citochine di barriera (IL-33, IL-25 e TSLP) sopprimerebbe la reazione allergica anche nei soggetti con malattia conclamata. A questo processo, segue la produzione di citochine Th2-associate (IL-4, IL-5, IL-9, IL-13) da parte di basofili e cellule innate della linfoide tipo 2 (ILC2), che entrano in gioco nella fase di sensibilizzazione che scatena l’allergia alimentare, promuovendo la differenziazione dei linfociti Th2 CD4+ e sopprimendo i linfociti T regolatori 3. Un sottotipo di cellule T-helper follicolari (Tfh13), che esprimono IL-4 e IL-13 e dei fattori di trascrizione specifici (BCL6 e GATA3) è stato identificato nei modelli murini, ma anche in umani allergici ad arachidi. Questi linfociti sarebbero responsabili della produzione di IgE ad alta affinità, che potrebbero promuovere le reazioni anafilattiche mediate dall’allergene alimentare 4. Studi sulla glicosilazione hanno inoltre dimostrato che le IgE ad alta affinità presentano alti livelli di acido sialico, la cui rimozione contribuirebbe a ridurre la capacità delle stesse di indurre anafilassi e degranulazione mastocitaria in modelli murini 5. Questo potrebbe spiegare perché, a parità di IgE specifiche, i soggetti allergici presentano differenti manifestazioni cliniche.
Dal punto di vista del microbioma cutaneo, un recente studio avrebbe dimostrato che i bambini affetti da allergia alimentare e dermatite atopica presenterebbero sulla cute integra una certa “abbondanza” di Stafilococcus aureus rispetto ai non allergici 6. Il medesimo studio ha inoltre riscontrato un’alterazione della barriera cutanea di questi soggetti, caratterizzata da un ridotto contenuto di acqua transepidermica, di filaggrina e di ceramide; le mutazioni della filaggrina sarebbero infatti associate ad un maggior rischio di allergopatia, anche alimentare.
Un altro studio, invece, ha valutato il microbioma intestinale dei soggetti affetti da allergia alle proteine del latte vaccino, evidenziando una prevalenza di Clostridia e Firmicutes nelle fasi di risoluzione dell’allergia ed una riduzione del metabolismo degli acidi grassi 7. Inoltre, l’apparato gastrointestinale, stomaco e duodeno in particolare, rappresenterebbe un reservoir di plasmacellule secernenti IgG e IgE (da switch di classe IgG in IgE), come visto in soggetti affetti da allergia alle arachidi, contribuendo alla comparsa di reazioni allergiche IgE-mediate, nonostante la dieta di eliminazione.
APPROCCI TERAPEUTICI ALLE ALLERGIE ALIMENTARI
Ad oggi, l’approccio terapeutico più studiato nelle allergie alimentari si basa sull’immunoterapia allergenica, basata sull’esposizione “controllata” all’allergene specifico attraverso diverse vie di somministrazione, inducendo anche una riduzione dei livelli di linfociti Th2 allergene-specifici.
L’immunoterapia orale (OIT) per l’allergia all’arachide è stata approvata da FDA e sono stati recentemente pubblicati i primi risultati di uno studio in doppio cieco con placebo, che mostrano il raggiungimento della tolleranza dopo 2 anni e mezzo di trattamento in circa il 70% dei pazienti, di cui 1 su 5 è ancora in remissione dopo 26 settimane dalla sua sospensione 8.
L’immunoterapia sottocutanea (EPIT) con estratto di arachidi alterato chimicamente ha completato lo studio di fase I, in doppio cieco con placebo, di cui si attendono i risultati. L’esposizione naturale della pelle all’allergene delle arachidi rappresenta, infatti, un fattore di rischio per lo sviluppo dell’allergia alle arachidi. L’EPIT indurrebbe la tolleranza nei topi ed aumenterebbe la soglia di reattività alle arachidi nei bambini, ma sono in corso studi anche nell’allergia al latte e alle uova L’immunoterapia sublinguale (SLIT), invece, è ancora in fase preliminare di studio.
In associazione o meno con l’OIT per l’allergia alle arachidi sono state valutate anche terapie rivolte verso molecole target del pattern citochinico Th2, mediante l’uso di anticorpi monoclonali quali dupilumab (anti-IL4R alfa), tezepelumab (anti-TSLP) ed etokimab (anti-IL-33), ma i risultati nel trattamento delle allergie alimentari sono ancora preliminari. L’impiego dell’omalizumab (anti IgE), invece, è stato studiato sia in monoterapia che come adiuvante ad immunoterapia nelle allergie alimentari: attraverso la riduzione delle IgE totali circolanti, potrebbe migliorare la tolleranza ai cibi responsabili della reazione allergica, pertanto è stato approvato recentemente da FDA nel contesto di alcuni trial su uomo 9.
Dal punto di vista del microbiota, alcuni studi dimostrano che il trasferimento ex vivo di feci da pazienti allergici a pazienti sani potrebbe conferire suscettibilità (e, al contrario, protezione) dall’allergia alimentare nei modelli murini; pertanto, il trapianto di microbiota fecale è in fase di studio. È stato inoltre proposto di associare la somministrazione di alcuni ceppi microbici con l’immunoterapia orale per promuovere la tolleranza mucosale 10. Ad esempio, la terapia probiotica con Lactobacillus rhamnosus in combinazione con OIT di arachidi (PRT100) è risultata efficace nel ridurre la risposta allergica in circa l’80% dei pazienti dopo 2-5 settimane dall’interruzione dell’OIT.
In conclusione, il panorama mondiale delle nuove terapie nelle allergie alimentari sembra essere molto promettente, nella speranza di un miglioramento considerevole della qualità di vita dei pazienti affetti nei prossimi anni.
References
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- Guangzhou First People’s Hospital Efficacy and Safety of Fecal Microbiota Transplantation in Patients With Intestinal Dysbiosis - A Pilot Study. Allergy Clin Immunol. Published online 2021 - https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT04706611.
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