Review
Issue 1 - 2024
Allergie in età pediatrica: il ruolo fisiologico della vitamina D
Abstract
La comprensione del ruolo svolto dalla vitamina D è notevolmente evoluta negli ultimi decenni. La presenza diffusa del recettore della vitamina D (VDR) in tutto il corpo ha spinto a una rivalutazione del suo ruolo, trasformandola da un ormone steroideo principalmente associato alle funzioni scheletriche in un ormone poliedrico che esercita la sua influenza su diversi sistemi come quelli circolatorio, nervoso e immunitario. Di conseguenza, vi è stato un aumento delle ricerche che esplorano le sue potenziali applicazioni nella prevenzione e nel trattamento di malattie croniche, come ad esempio i disturbi atopici. La seguente revisione discute le evidenze emergenti riguardanti i potenziali benefici della vitamina D nelle malattie respiratorie, nell’asma pediatrico e nella dermatite atopica.
INTRODUZIONE
Il ruolo della vitamina D si è notevolmente ampliato negli ultimi anni in rapporto alla dimostrazione della presenza ubiquitaria del recettore della vitamina D (Vitamin D Receptor, VDR) nell’organismo. Questa considerazione ha portato alla ridefinizione della vitamina D da ormone steroideo con funzioni essenzialmente scheletriche, a ormone con effetti pleiotropici nell’organismo, con azioni sui vari sistemi (Fig. 1). Da tale osservazione è stato ipotizzato un suo utilizzo potenziale anche nella prevenzione e/o nel trattamento di malattie allergiche e autoimmuni.
La crescente preoccupazione per le conseguenze sulla salute globale della carenza di vitamina D richiede ulteriori ricerche per colmare le lacune di conoscenza anche in questo campo, in particolare, per migliorare le strategie di screening e di prevenzione, e il trattamento dell’ipovitaminosi D nelle allergie in età pediatrica.
Le malattie allergiche rappresentano uno spettro di patologie in cui risulta evidente un’interazione tra suscettibilità genetica individuale ed esposizione a fattori ambientali. Infatti, in circa il 20-30% dei pazienti allergici anche un genitore o un parente è affetto dallo stesso tipo di patologia. Inoltre, tra i fattori ambientali è emersa una correlazione tra vitamina D e sviluppo di malattie allergiche. Diversi studi hanno dimostrato come bassi livelli di vitamina D nei primi anni di vita siano associati a un incrementato rischio di asma, wheezing, rinite allergica e infezioni respiratorie 1,2.
VITAMINA D: GENERALITÀ
La vitamina D rappresenta un termine generico che racchiude essenzialmente due molecole: ergocalciferolo (vitamina D2), ottenuto da fonti vegetali, e colecalciferolo (vitamina D3), ottenuto da cibi animali e dall’esposizione alla luce solare che converte il 7-deidrocolesterolo in pre-vitamina D, che è poi metabolizzata in vitamina D 3. Per il passaggio a vitamina D attiva la pre-vitamina D3 subisce due idrossilazioni successive, nel fegato, dove viene prodotta la 25-idrossivitamina D [25(OH)D], e nel rene, dove l’idrossilazione in posizione 1 porta alla formazione del calcitriolo, la forma attiva della vitamina D (Fig. 2).
Il calcitriolo svolge un ruolo essenziale nella regolazione del calcio e del fosfato attraverso i suoi effetti sull’intestino, sulle ossa e sui reni. Un adeguato livello di vitamina D è importante in tutta l’età pediatrica, con una differenza nel dosaggio in rapporto alle diverse epoche di vita. Nel primo anno di vita lo stato di vitamina D dipende dalla profilassi, mentre nelle età successive è influenzato da più fattori, tra cui l’esposizione al sole, l’obesità, le malattie croniche intestinali o i regimi dietetici inadeguati. È necessario però sapere che la quantità di colecalciferolo assunto dall’uomo tramite gli alimenti rappresenta una fonte trascurabile (10%) del fabbisogno in quanto solo pochi alimenti contengono quantità apprezzabili di vitamina D. L’alimento con il maggior quantitativo di vitamina D è l’olio di fegato di merluzzo, come anche i pesci grassi, come salmone e aringhe, o il latte e i latticini, le uova, il fegato e le verdure verdi sono ricchi di vitamina D3. Una fonte importante e necessaria è rappresentata, come dimostrato da uno studio inglese, dall’esposizione al sole che riuscirebbe a prevenire la carenza invernale di vitamina D nel 95% degli adulti bianchi sani e nell’83% degli adolescenti 4. Il dosaggio della 25-idrossivitamina D [25(OH)D] è l’indice più accurato per determinare lo stato vitaminico di un soggetto e in base ai livelli di 25-idrossivitamina D sono stati definiti i diversi livelli di vitamina D che caratterizzano l’adeguatezza dell’apporto:
- grave carenza < 10 ng/ml (< 25 nmol/l);
- carenza < 20 ng/ml (< 50 nmol/l);
- insufficienza 20-29 ng/ml (50-74 nmol/l);
- sufficienza ≥ 30 ng/ml (≥ 75 nmol/l).
In Europa una carenza grave di vitamina D è stata riscontrata nel 13% della popolazione con una differenza in rapporto alle varie fasce di età considerate (1-6 anni, 7-14 anni e 15-18 anni): rispettivamente del 4-7, 1-8 e 12-40% 5. In Italia la situazione è ancora più grave con circa l’80% della popolazione carente di vitamina D, percentuali che sembrano non variare significativamente in base alla latitudine 6.
CARENZA DI VITAMINA D E ASMA/WHEEZING/RINITI ALLERGICHE
L’asma è una malattia eterogenea caratterizzata da un’infiammazione cronica delle vie aeree che può essere controllata, anche se a tutt’oggi una percentuale di pazienti non ottengono un buon controllo della malattia nonostante gli elevati dosaggi farmacologici. Multipli studi epidemiologici hanno identificato una stretta associazione tra insufficienza di vitamina D (< 30 ng/ml) e incrementata incidenza di asma, soprattutto in pazienti con asma severo e non controllato 7,8. Recenti studi sembrano avvalorare sempre di più l’importanza della correlazione tra livelli adeguati di vitamina D e pazienti pediatrici affetti da asma. L’azione della vitamina D sul sistema immunitario nell’asma si esplicherebbe sia attraverso la produzione di citochine antinfiammatorie (IL-10), che attraverso un’attività inibente la produzione di citochine Th-17, spesso aumentata nei pazienti con asma grave 9. Non solo, ma studi in vitro e in vivo hanno dimostrato la capacità della vitamina D – inibendo l’espressione di un fenotipo Th2 – di contrastare l’immunoflogosi asmatica. Inoltre, attraverso la modulazione dell’espressione di geni coinvolti nella differenziazione e crescita cellulare, la vitamina D sarebbe capace di inibire il rimodellamento delle vie aeree. Una revisione 10 che ha incluso un totale di 955 partecipanti, ha dimostrato che la supplementazione con vitamina D ha ridotto il tasso di esacerbazione dell’asma richiedente il trattamento con corticosteroidi sistemici in tutti i partecipanti (carenti di vitamina D). In una meta-analisi condotta su 14 studi è stato dimostrato che la supplementazione con vitamina D nel trattamento dell’asma è associata a una più bassa percentuale di ricadute, soprattutto nei pazienti con un insufficiente livello di vitamina D di base 11. Di converso, in uno studio randomizzato condotto da Forno et al. nel 2020 su 192 pazienti con asma persistente e bassi livelli di vitamina D, la supplementazione comparata al gruppo placebo non migliorava significativamente nel tempo le esacerbazioni da asma severo 12. Già nel 2011 Gupta et al. dimostrarono una correlazione inversa tra concentrazione sierica di vitamina D e severità di attacchi di asma, numero di esacerbazioni e consumo di corticosteroidi inalatori. Nello stesso studio veniva anche sottolineato come ottimali livelli di vitamina D si associavano a un buon controllo della malattia 13. Nello stesso periodo Searing et al. dimostravano non solo una diretta associazione tra bassi livelli di vitamina D e aumentato consumo di corticosteroidi inalatori, ma anche, sotto il profilo funzionale, una riduzione di FEV1 in pazienti con asma lieve/moderata 14. Solo uno studio di coorte ha riportato l’associazione tra supplementazione con vitamina D e rinite allergica, dimostrando che il regolare supplemento di vitamina D nel primo anno di vita si associa a un incrementato rischio di sviluppare rinite allergica anche se con un intervallo di confidenza estremamente alto (RR 1,95; 95% IC, 0,69-5,54) 15. Altri studi condotti su donne in gravidanza non hanno dimostrato, attraverso un pooling dei dati, effetti significativi della supplementazione con vitamina D nel prevenire lo sviluppo di riniti allergiche (RR 0,43, 95% IC: 0,78-1,11, p = 0,42) 16-18. A oggi non è ancora possibile concludere con certezza sull’impiego della vitamina D nel trattamento o nella prevenzione dell’asma. Sono necessari ulteriori studi prospettici di popolazione per meglio conoscere il meccanismo molecolare attraverso cui la vitamina D può agire sui disordini immunologici e sul loro sviluppo.
Un adeguato livello di vitamina D durante la gravidanza e nei primi mesi di vita garantisce una buona reattività tolerogenica immune contro l’esposizione ad allergeni. Questa conclusione è supportata da diversi studi sperimentali e osservazionali che dimostrano l’immunoregolazione della vitamina D e il controllo della tolleranza alimentare e dell’infiammazione, con una buona prevenzione delle malattie allergiche nei primi anni di vita. È vero anche che i livelli di evidenza possono essere inficiati da bias che impediscono talvolta di stabilire con certezza il rapporto causa-effetto. Di conseguenza sono necessari trial controllati e randomizzati soprattutto su bambini a rischio di sviluppare sensibilizzazione allergica e conseguente sviluppo di malattie allergiche.
CARENZA DI VITAMINA D DURANTE LA GESTAZIONE E SUSCETTIBILITÀ ALLE ALLERGIE
Uno studio, analizzando le concentrazioni di vitamina D, ha dimostrato un livello sierico di ipovitaminosi D (< 30 ng/mL) nel 54% di donne in gravidanza e nel 75% di neonati. Gli autori pertanto suggeriscono che un deficit di vitamina D nelle condizioni esaminate sarebbe responsabile dello sviluppo di un sistema immune immaturo nei neonati con conseguente incremento del rischio di sviluppare allergie 19. D’altra parte nei primi mesi di vita il lattante riceve solo latte dalla madre e nessuna esposizione al sole, per cui bassi livelli di vitamina D nella madre si rifletteranno in uno stato di ipovitaminosi D nel lattante. È stato anche dimostrato che quando l’attività fisiologica antinfiammatoria della vitamina D diminuisce, il sistema immune reagisce con un notevole incremento di IgE e Th2 derivati da IL-4. Dai risultati di studi clinici emerge che la vitamina D influisce fisiologicamente sulla risposta immune innata ai patogeni e regola la risposta immune adattiva in diverse condizioni di infiammazione cronica e malattie autoimmuni. La supplementazione con vitamina D in soggetti carenti risulta efficace nel mitigare gli effetti avversi associati alle malattie infiammatorie, comprese le allergie. Non solo, ma un livello adeguato di vitamina D, oltre all’attività antimicrobica, potenzia anche la regolazione immune, assicurando una tolleranza dei tessuti mucosali. È stata anche dimostrata una correlazione tra adeguati livelli di vitamina D in gravidanza e la percentuale di wheezing e asma, soprattutto nei maschi. L’effetto protettivo sarebbe legato a un’azione sinergica tra la vitamina D e il 17-beta-estradiolo e conseguente risultato di un ridotto catabolismo della vitamina D. Anche in uno studio spagnolo livelli più alti di vitamina D a 12 settimane di gestazione erano correlati a minore incidenza di wheezing a 1 o 4 anni di età e a minore incidenza di asma a 4 e 6 anni di età 20. Inoltre, la vitamina D inibisce l’infiammazione allergica attraverso la produzione di Treg. Tutte queste attività spiegherebbero l’importanza della vitamina D nei primi mesi di vita nel controllare lo sviluppo dell’asma e indurre tolleranza orale agli allergeni alimentari. Pertanto, la supplementazione con vitamina D durante la gravidanza determina un sufficiente livello di vitamina D nei neonati, con conseguente riduzione di asma e ricorrenti wheezing all’età di 3 anni. Di converso, sia un trial condotto da Chaves et al. con una regolare supplementazione con vitamina D3 in gravidanza nell’ultimo trimestre, che uno studio successivo su donne in gravidanza con storia pregressa di allergie e dosaggi più elevati di vitamina D, non avrebbero dimostrato alcun effetto nel ridurre il rischio di persistente wheezing, asma o eczema 21,22.
CARENZA DI VITAMINA D E DERMATITE ATOPICA
La dermatite atopica (AD) è un’infezione infiammatoria cronica e ricorrente della pelle che insorge nell’85% dei casi in età pediatrica, con una persistenza del 30% in età adulta. Dall’evidenza di diverse linee di ricerca è nato un crescente interesse sul potenziale ruolo dell’ipovitaminosi D nello sviluppo di AD: l’aggravamento della AD in inverno quando i livelli sierici di 25(OH)D tendono a essere particolarmente bassi; il miglioramento della sintomatologia dopo supplementazione con vitamina D: un polimorfismo genetico che include il recettore della vitamina D e il gene filaggrina, la cui mutazione è presente in almeno il 50% delle AD identificate come corresponsabili nello sviluppo di AD.
È noto che la vitamina D gioca un ruolo nella funzione barriera della pelle modulando le proteine strutturali della barriera cornificata del derma, essenziale per mantenere idratato il film lipidico protettivo. Uno studio nel 2018 è riuscito a dimostrare come la vitamina D possa non solo avere un effetto inibitorio sulla produzione di monociti con conseguente inibizione dell’attività delle cellule dendritiche e rilascio di IL10, ma anche inibire il rilascio di IgE con conseguente riduzione della funzione delle B cellule. Entrambi questi meccanismi potrebbero teoricamente giustificare l’importanza della vitamina D nel ridurre l’infiammazione cronica della pelle. Ma già nel 2016 due meta-analisi avevano sottolineato un più basso livello sierico di 25(OH)D in pazienti con AD e una ridotta severità della sintomatologia da AD dopo supplementazione con vitamina D 23,24. Un recente studio ha dimostrato una più bassa concentrazione sierica di 25(OH)D nei bambini con AD rispetto alla controparte sana 25. Alle stesse conclusioni è giunto anche uno studio condotto da Vaughn successivamente 26. La capacità biologica della vitamina D di modulare la risposta immune può giustificare l’utilità della vitamina D nel ridurre la severità di AD, come anche il numero di recidive. Ulteriori ricerche, a lungo termine, sono necessarie per meglio definire la relazione tra livelli di vitamina D e AD, in termini di differenti fasce di età, livelli di severità clinica della patologia e differenti stadi istopatologici della malattia. Inoltre, studi su una migliore conoscenza della correlazione tra supplementazione con vitamina D, funzione della barriera cutanea e immunità innata, potrebbero confermare la necessità della supplementazione allo scopo di modulare la prevalenza di colonizzazione microbica e conseguente riduzione della necessità di antibiotici in questi pazienti.
CARENZA DI VITAMINA D E ALLERGIE ALIMENTARI
La prevalenza di allergie alimentari è attualmente riconosciuta come un notevole problema di sanità pubblica. La sintomatologia può essere caratterizzata da esofagite, enterocolite e, in alcuni casi, da scarsa crescita, deficit di micronutrienti e difficoltà nell’alimentazione. Recentemente tra i micronutrienti coinvolti ha ricevuto molta attenzione la vitamina D, probabilmente in rapporto all’allergia alle proteine del latte, considerata la più frequente patologia da allergia alimentare in età pediatrica. Il coinvolgimento della vitamina D scaturisce dalla considerazione che la vitamina D contribuisce all’integrità della barriera mucosale e di conseguenza un suo deficit potrebbe essere responsabile di un’alterazione nella permeabilità della mucosa intestinale, essenziale nella prevenzione delle allergie alimentari. Una ipotesi patogenetica dimostrerebbe che il danno della mucosa intestinale determina la penetrazione di alcune proteine alimentari sensibili all’interno del sistema immune, con conseguente stimolazione dei linfociti B a produrre più immunoglobuline E e relativo incremento di una risposta immuno-allergica di tipo Th2, e conseguente disordine nella difesa innata epiteliale. Il risultato del danno della funzione della barriera intestinale dovuto all’ipovitaminosi D è un’alterata composizione del microbiota intestinale. In uno studio condotto da Allen et al. su 5.276 bambini è stato dimostrato che bambini con deficit di vitamina D hanno un rischio doppio di soffrire di multiple allergie alimentari quando comparati al gruppo di controllo di bambini sani 27. È necessario però sottolineare anche diversi studi che non avrebbero dimostrato un’associazione tra deficit di vitamina D e allergie alimentari 28. È stato anche dimostrato che a più alti livelli di 25(OH)D corrispondeva un incremento di malattie allergiche 29. Un interessante studio ha dimostrato che ritardare l’introduzione dell’uovo, a elevato contenuto in vitamina D, dopo i 4-6 mesi di età, aumenta il rischio di sviluppare allergia all’uovo a 1 anno di vita 30. Sono necessari però ulteriori studi per dimostrare la relazione tra la regolazione immune della vitamina D e la relazione tra IL-4 e produzione di IgE, basi molecolari del coinvolgimento della vitamina D nel rischio di allergie alimentari. In conclusione la stretta relazione tra vitamina D e allergie alimentari rimane non del tutto chiarita, per cui potrebbe esistere una relazione non lineare che necessita di ulteriori approfondimenti clinici e di laboratorio.
CONCLUSIONI
A tutt’oggi le conclusioni dei vari studi depongono per risultati non ben definiti in rapporto a una eventuale associazione tra vitamina D e allergie in età pediatrica. È indubbio però che la vitamina D ha proprietà fisiologiche immunomodulatorie e che una sua carenza può determinare uno stato infiammatorio propedeutico a fenotipi allergici essendo associato alla produzione di citochine, al rapporto Th1/Th2 e al numero o alla funzione dei Treg. È ben dimostrato che la ridotta esposizione al sole, soprattutto in nazioni ad alta latitudine, si associa a un incrementato rischio di malattie allergiche, mentre sono necessari ulteriori studi approfonditi e prospettici sull’eventuale ruolo che la vitamina D, indipendentemente dall’esposizione ai raggi solari, possa giocare come potenziale fattore critico nella prevenzione o modulazione delle allergie. Futuri studi dovrebbero anche essere indirizzati a capire quando iniziare (se indicata) e, soprattutto, quale possa essere l’ottimale durata di supplementazione vitaminica sia nel periodo di gravidanza che in quello post-natale. È noto, ad esempio, che lo sviluppo del polmone nel feto inizia dopo 3-4 settimane di gestazione, mentre la supplementazione con vitamina D è iniziata non prima della 10a settimana di gestazione. Infine, diversi studi hanno dimostrato un’associazione tra vitamina D e allergie più avanti negli anni. Di qui la necessità di programmare gli studi futuri con lunghi follow-up di sorveglianza.
Ringraziamenti
Nessuno.
Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto di interessi rispetto agli argomenti trattati nell’articolo.
Fonti di finanziamento
Nessuna.
Considerazioni etiche
Non applicabile.
Contribuito degli autori
CI, AK, CLB, GD, SF e MMM: preparazione della bozza originale e editing; FD e MMdG: revisione, supervisione ed editing.
Figure e tabelle
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