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Issue 3 - 2023

Allergeni importati: qual è lo stato dell’arte in Italia?

Authors

Key words: Allergeni importati, Ambrosia artemisiifolia, cannabis sativa, alimenti etnici, Vespa velutina
Publication Date: 2023-10-19

Abstract

Gli allergeni “importati” possono essere coinvolti in varie reazioni allergiche con connotati inusuali ed inaspettati. Nello specifico, possono essere coinvolti nella patogenesi di rinocongiuntivite allergica, asma, allergia alimentare, allergia a veleno di imenotteri. Il riscontro di allergie respiratorie causate da allergeni importati è riconducibile, per esempio, sia alla diffusione casuale tramite le correnti aeree che alle pratiche commerciali che hanno introdotto specie non native nel nuovo contesto geografico. Un esempio è rappresentato dall’ Ambrosia artemisiifolia L. (ambrosia comune), pianta originaria del Nord America e che è attualmente nella parte occidentale della Lombardia. Ulteriori esempi dell’influenza del cambiamento climatico sono rappresentati dalla variazione della concentrazione pollinica nell’area Toscana Nord-Ovest e in Trentino Alto-Adige. La cannabis può rappresentare un ulteriore esempio di allergene importato, in considerazione del non infrequente uso di questa sostanza anche negli adolescenti. Al momento attuale, non esiste un elenco validato di potenziali allergeni alimentari importati.  Essi derivano perlopiù da alimenti etnici, riconducibili soprattutto alla cucina cinese/giapponese, messicana/latino-americana, araba/mediorientale, del sud-est asiatico e africana. Una novità è la recente autorizzazione all’immissione di quattro farine di insetti nel mercato europeo e quindi italiano: Acheta domesticus, Tenebrio molitor, Alphitobius diaperinus, Locusta migratoria. Inoltre, l’associazione tra cambiamento climatico, introduzione accidentale tramite il traffico commerciale aereo e assenza nell’ecosistema di destinazione di nemici naturali, ha causato la comparsa di uno specifico imenottero, la Vespa Velutina o Calabrone asiatico, in Europa e in Italia. In conclusione, eventi esterni ascrivibili all’azione dell’uomo, come il cambiamento climatico e l’introduzione di piante, alimenti e imenotteri non autoctoni tramite il commercio hanno contribuito alla problematica degli allergeni importati. L’allergologo pediatra ha il compito di porre una corretta diagnosi in modo da orientare nel migliore dei modi il percorso diagnostico e terapeutico.

INTRODUZIONE

Le malattie allergiche rappresentano un gruppo di condizioni causate dalla ipersensibilità del sistema immune verso gli allergeni presenti nell’ambiente 1. Queste malattie includono l’allergia alimentare, la rinite allergica, l’asma, la dermatite atopica, l’allergia a insetti e farmaci. In linea teorica, qualsiasi allergene può scatenare una reazione allergica. Le IgE giocano un ruolo fondamentale nello scatenamento, sviluppo e cronicizzazione della risposta infiammatoria allergica. Le IgE si legano ai recettori ad alta affinità FcεRI espressi sulla superficie dei mastociti e dei basofili e sui recettori a bassa affinità espressi sulle cellule B e altre cellule ematopoietiche. Nel corso della iniziale esposizione antigenica, le cellule dendritiche presentanti l’antigene sensibilizzano le cellule T “naive” verso l’allergene e indirizzano il loro sviluppo in T-helper (Th2). Questo induce la produzione di citochine infiammatorie (Il-4 e IL 13) che amplificano la risposta allergica. Ripetute esposizioni allergeniche determinano un cross linking delle IgE sulla membrana dei mastociti e dei basofili, con conseguente degranulazione cellulare dei mediatori della allergia (istamina, leucotrieni, triptasi, ecc.). Nella pratica clinica, gli allergeni comuni sono rappresentati da pollini, spore fungine, acari della polvere domestica, epitelio di animali, alimenti, prodotti biologici e veleno di imenotteri 2. Allo stesso tempo, potenzialmente tutte le sostanze presenti nell’ambiente possono fungere da allergeni che possono causare una reazione allergica 3. Gli allergeni “importati” da paesi esteri possono quindi essere coinvolti nelle reazioni allergiche con connotati inusuali e inaspettati 3. Nello specifico, possono essere coinvolti nella patogenesi di rinocongiuntivite allergica, asma, allergia alimentare, allergia a veleno di imenotteri.

ALLERGIA RESPIRATORIA

Il riscontro di allergie respiratorie causate da allergeni importati è riconducibile sia alle correnti aeree che alle pratiche commerciali che hanno introdotto specie non native nel nuovo contesto geografico 4. Una volta introdotto il seme di una pianta in una nuova area, molteplici fattori sono coinvolti nella diffusione del suo allergene pollinico, come l’urbanizzazione e il cambiamento climatico. Infatti, tali fattori possono influire sulla tempistica, quantità e allergenicità del polline sia locale che importato. Nello specifico, maggiori concentrazioni di anidride carbonica e temperature più elevate, possono aumentare la quantità di polline e indurre stagioni polliniche più lunghe. È dimostrato che l’allergenicità del polline può aumentare sia in conseguenza ai cambiamenti climatici che per l’interazione con gli inquinanti atmosferici 5,6. Un esempio è rappresentato dall’Ambrosia artemisiifolia L. (ambrosia comune) (Fig. 1), pianta originaria del Nord America, che si è sviluppata in Europa negli ultimi decenni 7. In Italia, essa è attualmente presente nella parte occidentale della Lombardia 8. L’ambrosia è una pianta che predilige il clima temperato e prolifera in aree asciutte, soleggiate ed erbose, in suoli sabbiosi, argini di fiumi, bordi stradali e campi abbandonati 9. In generale, l’ambrosia necessità di un clima molto caldo per attecchire e rilasciare i suoi pollini 10. A livello climatico, l’area del Mediterraneo sembra adatta solo all’attecchimento e alla sopravvivenza dell’ambrosia, non favorendo la sua fioritura. Tuttavia, la facilità di crescita dell’ambrosia, l’assenza di nemici naturali, la sua resistenza agli erbicidi, l’elevata variabilità genetica delle popolazioni invasive fanno sì che in alcuni paesi, come Olanda, Belgio e area del Mediterraneo, i pollini di ambrosia siano presenti in quantità maggiore rispetto a quanto atteso 11-14. In Italia, l’ambrosia è stata segnalata per la prima volta nel 1901 in Piemonte, essendo giunta in Lombardia negli anni ’40 ed essendosi diffusa successivamente in maniera consistente a partire dagli anni ’80. Attualmente, l’area nord-ovest di Milano e il sud di Varese sono le aree dove l’ambrosia è maggiormente presente 15. Il polline dell’ambrosia è estremamente allergenico e può produrre da 100 milioni a 3 miliardi di granuli di polline 16. Nei soggetti allergici all’ambrosia si possono sviluppare sintomi di rinite e asma 17. Le strategie terapeutiche sono sovrapponibili a quelle delle altre allergie respiratorie indotte da pollini: evitamento dell’allergene, terapia medica, immunoterapia allergene specifica 18. In presenza di elevati livelli di CO2, l’ambrosia produce maggiore quantità di pollini. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico comporta un aumento del periodo di pollinazione dell’ambrosia. Tenendo in considerazione questi fattori è possibile che la produzione di polline di ambrosia possa aumentare significativamente in futuro, così come il suo impatto su rinocongiuntivite allergica e asma 19,20. Un ulteriore esempio di impatto del cambiamento climatico a livello ambientale è rappresentato dal cambiamento nelle concentrazioni delle muffe e dei pollini prevalenti nell’area Toscana Nord-Ovest dal 2010 al 2019. Nello specifico, è stato rilevato in tale area un aumento della concentrazione dei pollini di ambrosia, graminacee e delle spore di alternaria e una diminuzione della concentrazione dei pollini di betulla e cupressaceae 21. Contestualmente, in Trentino Alto-Adige è stato osservato una aumento della concentrazione del polline artemisia 22. Il connotato aerobiologico di aumento di concentrazione di specifici pollini presenta specifiche ricadute sulla pratica clinica, in quanto può esacerbare la sintomatologia allergica nei soggetti affetti 20.

La cannabis rappresenta un altro esempio di allergene importato che assume una certa rilevanza anche in ambito pediatrico, in considerazione al frequente uso negli adolescenti 23-24. La Cannabis sativa è una pianta originaria dall’Asia, che fiorisce dalla fine dell’estate all’inizio dell’autunno (Fig. 2) L’importazione, e quindi l’utilizzo, di cannabis sativa è aumentato rispetto agli scorsi decenni; contestualmente, si è osservata un’aumentata incidenza di allergia alla cannabis 25. In Italia, il Ministero della Salute regolamenta la sua dispensazione ai pazienti, indipendentemente dalla procedura di acquisizione (tramite aziende regolarmente autorizzate o tramite la procedura autorizzativa ministeriale - DM 11 febbraio 1997), che deve avvenire come preparazione magistrale su prescrizione non ripetibile del medico curante, redatta secondo quanto previsto dalla legge 94/98. A ogni modo, la cannabis sativa è la droga ricreativa più diffusa al mondo ed è quindi diffusa la sua coltivazione illegale 26. Il polline di cannabis analogamente ad altri pollini è in grado di provocare reazioni allergiche per inalazione. Il periodo di fioritura nelle coltivazioni all’aperto inizia di solito a metà luglio e dura 6-8 settimane. Nelle coltivazioni indoor invece il periodo di fioritura è dipendente dall’esposizione alla luce, e inizia quando i cicli di luce vengono impostati con 10-12 ore di oscurità. Le potenziali manifestazioni cliniche associate all’esposizione al polline di cannabis sono rappresentati da rinite, congiuntivite, orticaria da contatto, asma e, in casi molto rari, anche shock anafilattico 26. Infatti, i semi di canapa da cui deriva la cannabis possono essere ingeriti dando sintomi di allergia alimentare mentre il contatto con la polvere di cannabis può causare i sintomi di un’allergia professionale alla cannabis, quali dermatiti da contatto e asma 27-29. La patogenesi delle reazioni allergiche alla cannabis è legata sia all’esposizione ad allergeni propri della cannabis sativa che a reazioni nei confronti di allergeni cross-reattivi con alimenti vegetali strutturalmente simili. Nello specifico, la cannabis contiene un allergene, Can s 3 che appartiene alle non-specific Lipid Transfer Protein (ns-LTP) ed è presente in verdura e frutta, tra cui pesca, mele, pomodori, melanzane, castagne, mandorle, noci. Nei soggetti sensibilizzati alla LTP della cannabis, per un meccanismo di cross-reattività, si possono avere reazioni di cross-reattività con LTP presenti in frutta e verdura. Questa sindrome prende il nome di “sindrome cannabis-frutta-verdura” 30. Inoltre, è stata dimostrata la presenza di allergeni cross-reattivi anche con cereali, tabacco, latex, vino, birra 31. La diagnosi di allergia a Cannabis Sativa si basa, sull’anamnesi, spesso non facile da raccogliere a causa dell’utilizzo illegale di tale sostanza, e sullo skin prick test, i cui estratti vengono in genere allestiti da gemme schiacciate, foglie, e fiori della pianta 26. In ogni caso, la mancanza di estratti commerciali e di test in vitro standardizzati e validati non consente un adeguato work-up diagnostico di allergia alla cannabis. La terapia non differisce da quella delle altre forme di allergie respiratorie o alimentari. Sono stati riportati anche sporadici casi di immunoterapia allergene specifico intramuscolo o sottocutanea con cannabis sativa, a oggi senza solida dimostrazione di efficacia 25.

ALLERGIA ALIMENTARE

L’allergia alimentare causata da allergeni alimentari importati è un problema emergente in quanto l’84,7% degli Italiani ha assunto cibo etnico almeno una volta nella vita 31. Al momento attuale, non esiste un elenco validato di potenziali allergeni alimentari importati. Se ne può desumere il consumo in Italia tramite casistiche raccolte in modo mirato. Nello specifico, gli alimenti etnici maggiormente consumati derivano dalla cucina cinese o giapponese (38,8%), seguiti dalla messicana/latino-americana (25,7%), araba/mediorientale (14,2%), del sud-est asiatico (10,6%) e infine africana (5,4%) 31. La cucina giapponese e cinese utilizza soprattutto arachidi, pesce, crostacei, soia e uova. In merito alla salsa di soia, sempre presente nei ristoranti asiatici, è generalmente ben tollerata da chi soffre di allergia alla soia perché le proteine della soia vengono distrutte dal processo di fermentazione 32;33. Controversa è la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, caratterizzata da pressione sul volto, dolori al torace, sensazioni di bruciore in tutto il corpo e ansia e dovuta all’ingestione di glutammato monosodico utilizzato come additivo alimentare in numerosi piatti cinesi 34. L’esatta eziologia di tale sindrome non è nota, ma studi su cavie hanno dimostrato proprietà neurotossiche e neuroeccitatorie del glutammato monosodico nella regione ipotalamica del sistema nervoso centrale 35. A ogni modo, l’analisi della casistica riportata in letteratura sembra però non confermare un rapporto causale tra l’ingestione di glutammato monosodico e la sintomatologia riportata dai pazienti 36. La cucina messicana utilizza salse contenenti molteplici allergeni, come cacao, spezie, noci. Inoltre, frequente è l’utilizzo di fagioli e di superalcolici, contenenti tracce di soia o grano 37. La cucina medio-orientale è caratterizzata invece da spezie, olio di oliva, frutta a guscio, semi oleosi (tra cui tahina) 38. Le spezie, i legumi e la frutta a guscio sono presenti anche nella cucina del Sud-Est asiatico. Inoltre in particolari tipologie di tè o curry bisogna verificare la possibile presenza di latte vaccino 38. Riguardo agli allergeni, la cucina africana utilizza in grande misura le arachidi 39. Recentemente è stata autorizzata l’immissione della farina di insetti nel mercato europeo e quindi anche in Italia 40. Nello specifico, l’utilizzo di insetti nei prodotti alimentari è autorizzato dall’Unione Europea dal 2018 41. In Italia, nel marzo 2023 è stato autorizzato il consumo di quattro farine di insetti: Acheta domesticus (grillo domestico), Tenebrio molitor (larva gialla della farina), Alphitobius diaperinus (verme della farina minore), Locusta migratoria 42. Dal punto di vista nutrizionale, gli insetti contengono una ingente quantità di proteine, possiedono un elevato valore nutrizionale e presentano potere antiossidante, antinfiammatorio, antiadipogenico e antidiabetico 43. Pertanto, gli insetti sono considerati una fonte nutrizionale più salutare della carne rossa, il loro inserimento nella dieta mediterranea può ridurre i fattori di rischio per alcune malattie come diabete, obesità e ipertensione. Inoltre, il loro allevamento riduce l’impatto ambientale dato che viene generata molta meno CO2 rispetto alla produzione di carne di allevamento 44. Nel momento in cui sono stati introdotti gli insetti edibili nella dieta, è insorta la problematica di una possibile allergia alimentare a tali insetti 45, anche se vi è una sostanziale mancanza di informazioni nei riguardi dell’allergenicità degli insetti edibili e della sintomatologia con cui le reazioni allergiche si verificano 46. L’allergia alimentare agli insetti è stata descritta per bachi da seta, vermi della farina, bruchi, Bruchus lentis, vermi sago, locuste, cavallette, cicale, api, Clanis bilineata e l’additivo alimentare carminio, che è derivato dalle femmine degli insetti Dactylopius coccus (Fig. 3) 45.

Per le blatte, anch’esse insetti commestibili, sono stati descritti solo studi sull’allergia da inalazione 45. Sono stati identificati vari allergeni di insetti, tra cui la tropomiosina e l’arginina chinasi, pan-allergeni con reattività crociata con proteine omologhe, per esempio, nei crostacei, molluschi e negli acari della polvere domestica. La reattività crociata e/o la co-sensibilizzazione della tropomiosina e dell’arginina chinasi dell’insetto è stata dimostrata in pazienti allergici a questi elementi 45. Al momento, non esistono studi di prevalenza su tale allergia alimentare nemmeno nel sud est asiatico e in Cina, paesi dove gli insetti vengono consumati abitualmente. Nonostante l’assenza di casistiche significative, la prevalenza dell’allergia agli insetti non sembra essere elevata, dato che vari studi effettuati in Asia (comprese Cina e Tailandia) sulla prevalenza dell’allergia alimentare non riportano gli insetti come causa frequente di allergia alimentare 47,48. In uno studio condotto in Laos e basato su un questionario, su 1059 soggetti adulti che avevano mangiato in precedenza insetti, 81 (7,6%) dichiaravano di aver avuto una reazione allergica in seguito a consumo di insetti. Il tipo di insetti non era comunque specificato e non veniva riportato alcun caso di anafilassi grave 49. Reazioni anafilattiche gravi da ingestione di insetti sono però riportate in altri studi: in una raccolta di 358 casi di gravi reazioni anafilattiche da ingestione di cibo avvenute in Cina, 63 (17,3%) erano causate da insetti, in particolare locuste e cavallette 50. In un altro studio, condotto in un periodo di 2 anni presso un ospedale di terzo livello tailandese, 7/36 (19,4%) casi di anafilassi da alimenti erano riconducibili all’assunzione di insetti, con maggiore prevalenza di locuste e cavallette 51. Riguardo alla diagnosi, sono riportati casi clinici in cui il test allergologico cutaneo è stato eseguito utilizzando estratti commerciali, insetti essiccati o freschi 45. In merito ai test ematici, sono disponibili ImmunoCAP (Thermofisher®, Phadia®) contenenti insetti interi, scarafaggio e baco da seta 45. Una metodica di recente acquisizione è l’Allergy Explorer (ALEX®), test diagnostico in vitro per il dosaggio delle IgE allergene specifiche (sIgE), che riconosce l’eventuale presenza di molecole del grillo (Ach d), del verme della farina (Ten m) e della locusta (Loc m) 52. La gestione terapeutica è uguale a quella delle allergie alimentari. Non sono riportati casi di immunoterapia allergene specifica per allergia alimentare a insetti.45;53 È prevedibile, con l’immissione in commercio di numerosi alimenti contenenti insetti, che le allergie agli insetti edibili si verifichino anche nei paesi occidentali ed è pertanto auspicabile un miglioramento e una standardizzazione delle procedure di diagnosi allergologica per ottimizzarne il management.

ALLERGIA A VELENO DI IMENOTTERI

L’associazione tra cambiamento climatico, introduzione accidentale tramite il traffico commerciale aereo e l’assenza nell’ecosistema di destinazione di nemici naturali, ha causato la comparsa di uno specifico imenottero, la Vespa Velutina o Calabrone asiatico, in Europa e in Italia (Fig. 4) 54,55. Tale imenottero è originario di India, Cina, Indonesia. Nel 2003 è stato riscontrato in Corea del Sud, nel 2004 in Europa e precisamente in Francia. Successivamente, data anche la significativa velocità di migrazione (18,3 ± 3,3 km all’anno), la Vespa Velutina si è diffusa in Spagna, Portogallo e Olanda ed è giunta in Italia nel 2012. La prima regione a essere raggiunta è stata la Liguria, successivamente la sua presenza è stata segnalata nel Nord e nel Centro Italia 56. La Vespa Velutina rappresenta un rischio sia per la diversità biovegetale che per la salute umana. Nello specifico, la dieta delle sue larve è a base di api, che vengono decimate e non possono svolgere la loro azione impollinatrice 57. Inoltre, essa può infliggere punture pericolose e spesso letali per l’uomo, con possibilità di complicanze soprattutto a livello renale e oculare e in rari casi anche anafilassi 55,58,59. Il veleno di Vespa velutina contiene infatti proteine che potrebbero agire come tossine e allergeni. Dal punto di vista allergenico, Vesp v 5 (antigene 5) è l’allergene dominante; Vesp v1 (fosfolipasi A1) rappresenta l’allergene minore. Al momento attuale, non esiste una immunoterapia allergene specifica per i pazienti affetti da anafilassi a Vespa velutina 60. Data la somiglianza antigenica, gli estratti del veleno di Vespula spp sono stati usati per trattare i pazienti affetti da anafilassi da Vespa velutina 60. A ogni modo, sono importanti anche le misure di prevenzione e il piano di azione per le reazioni allergiche 61.

CONCLUSIONI

Eventi esterni ascrivibili all’azione dell’uomo, come il cambiamento climatico e l’introduzione di piante, alimenti e imenotteri non autoctoni tramite il commercio hanno contribuito alla problematica degli allergeni importati. L’allergologo pediatra ha il compito di conoscere gli allergeni importati, l’insieme di segni e sintomi con cui possono manifestarsi nel soggetto allergico e deve avere la capacità di giungere alla diagnosi attraverso l’utilizzo dei test allergologici cutanei ed ematici. In tale contesto, la diagnostica molecolare appare di importanza significativa, in quanto può perfezionare la diagnosi, e rendere possibile l’individuazione uno specifico piano terapeutico per ogni paziente.

Figure e tabelle

FIGURA 1. Ambrosia artemisiifolia L.

FIGURA 2. Cannabis sativa.

FIGURA 3. Esempi di insetti edibili (grillo, verme della farina, cavalletta). Examples of edible insects (cricket, mealworm, locust).

FIGURA 4. La vespa velutina. Asian hornet.

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Authors

A cura della Commissione Malattie Allergiche e Rare della SIAIP

Luca Pecoraro - Pediatria C, Ospedale della Donna e del Bambino, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Odontostomatologiche e Materno-Infantili, Verona

Francesca Mori - Allergologia, Ospedale Pediatrico Meyer IRCCS, Firenze

Simona Barni - Allergologia, Ospedale Pediatrico Meyer IRCCS, Firenze

Mattia Giovannini - Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze

Riccardo Castagnoli - Dipar-timento di Scienze Clinico-Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche, Università degli Studi di Pavia

Stefania Arasi - Unità di Allergologia, Ospe-dale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

Carla Mastrorilli - Azienda Ospedaliero-Universitaria Policli-nico-Giovanni XXIII, Bari

Francesca Saretta - Dipartimento Pediatrico Ospedale Latisana-Palmanova, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Lucia Liotti - Unità Pediatrica, Ospedale Senigallia

Lucia Caminiti - Dipartimento di Patologia Umana nell’Adulto e in Età Evolutiva “Gaetano Barresi”, Unità di Allergologia, Dipartimento di Pediatria, AOU Policlinico Gaetano Martino, Messina, UOC Pediatria

Angela Klain - Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Napoli

Mariannita Gelsomino - Allergologia pediatrica, Dipartimento di Scienze della Salute della Donna, del Bambino e di Sanità Pubblica, IRCCS Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Elio Novembre - Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze

How to Cite
A cura della Commissione Malattie Allergiche e Rare della SIAIP, Pecoraro, L., Mori, F., Barni, S., Giovannini, M., Castagnoli, R., Arasi, S., Mastrorilli, C., Saretta, F., Liotti, L., Caminiti, L., Klain, A., Gelsomino, M., & Novembre, E. (2023). Allergeni importati: qual è lo stato dell’arte in Italia?. Italian Journal of Pediatric Allergy and Immunology, 37(3). https://doi.org/10.53151/2531-3916/2023-315
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