ECM-FAD
Issue 2 - 2023
Allergia al pesce in età pediatrica
Abstract
Il pesce rappresenta uno dei “big eight” alimenti trigger di allergia. Per tale motivo, gli allergeni del pesce devono essere accuratamente specificati nell’etichetta degli alimenti. L’allergia al pesce coinvolge meno dell’1% della popolazione mondiale, ma si osserva una maggior prevalenza nelle coorti pediatriche, fino al 7%. La parvalbumina rappresenta il principale allergene del pesce e si trova nel muscolo dell’alimento. In età pediatrica la sensibilizzazione avviene più frequentemente attraverso l’ingestione del pesce, di rado per via transcutanea o per inalazione. I sintomi dell’allergia al pesce si manifestano solitamente entro due ore dal contatto con l’allergene. L’iter diagnostico comincia con la raccolta dell’anamnesi. Quindi, in caso di storia suggestiva vanno eseguiti i prick test per l’alimento in oggetto, o il dosaggio di IgE sieriche specifiche (se controindicati i test percutanei) per confermare il sospetto di allergia al pesce. Infine, la conferma diagnostica come gold standard è il test di provocazione orale per l’alimento, tuttavia sconsigliato in caso di reazione grave. È importante effettuare una diagnosi differenziale con l’anisakiasi o l’avvelenamento da sgombroidi, che presentano caratteristiche cliniche sovrapponibili ma differenziano per la patogenesi. Tradizionalmente la gestione dell’allergia al pesce comporta l’evitamento dell’allergene scatenante (talvolta a tutte le specie di pesci ossei), oltre che l’assunzione di farmaci dell’emergenza per eventuali esposizioni accidentali.
Introduzione
Il pesce rientra nei cosiddetti “big eight”, ossia tra le 8 categorie di alimenti a cui reagisce la maggior parte dei pazienti. Poiché si tratta di una componente alimentare importante e una potente fonte allergenica, il pesce fa parte del regolamento dell’Unione Europea di etichettatura degli alimenti (Regolamento UE n. 1169/2011), e deve essere elencato come ingrediente in modo specifico nell’etichetta del prodotto indipendentemente dalla percentuale del contenuto 1. A livello globale, sono in commercio numerose specie di pesci, che variano nei diversi paesi a seconda dei siti di produzione regionali e delle abitudini alimentari. Mentre il merluzzo e il salmone sono importanti pesci alimentari in Europa, altre specie d’acqua dolce sono popolari in Asia (ad es. carpa). Sono stati descritti allergeni in circa 40 specie di pesci, ma un’analisi dettagliata delle molecole allergeniche è stata eseguita principalmente per i pesci comunemente consumati nell’area europea come carpe, merluzzi, salmoni, trote e tonno. L’aumento del consumo del pesce sin dall’età pediatrica a causa del suo elevato valore nutrizionale e dei suoi benefici per il suo contenuto di antiossidanti e acidi grassi omega-3 ha portato alla segnalazione più frequente di reazioni allergiche a tale alimento. Tanto che il pesce rappresenta uno dei più comuni allergeni alimentari nei paesi con elevato consumo dello stesso (ad es. Cina, Giappone, Portogallo, Spagna e paesi scandinavi). L’obiettivo del presente documento sarà analizzare gli allergeni principali del pesce, e valutare le evidenze su epidemiologia, iter diagnostico, trattamento e prognosi dell’allergia al pesce in età pediatrica.
Fonte allergenica
Il termine prodotti ittici comprende il pesce e i frutti di mare, nonché crostacei e molluschi (ad es. gamberi, granchi, aragoste, cozze, ostriche, polpi, calamari), classificati in 3 Phyla: Mollusca, Arthropoda e Chordata, ciascuno suddiviso in varie classi e specie 2 (Tab. I). Considerando la grande distanza filogenetica tra i pesci e questi altri organismi non è sorprendente che si verifichi poca reattività crociata, nonostante vi siano evidenze di cross-reattività in studi epidemiologici e sia stato segnalato recentemente un singolo caso di allergia crociata tra la tropomiosina del pesce e quella dei gamberetti 3. Pertanto, in questo articolo non saranno discussi i frutti di mare diversi dal pesce.
Chordata comprende i pesci con le pinne e può essere suddivisa in pesci ossei, a cui appartengono la maggior parte delle specie commestibili, e i pesci cartilaginei 4. Nonostante l’ampia biodiversità tra i pesci (sono state descritte più di 30.000 specie), le specie comunemente consumate sono i membri del gruppo Osteichthyes (pesci ossei) e appartengono a un numero limitato di ordini: il salmone (Salmoniformes), il merluzzo (Gadiformes), il pesce persico (Perciformes), l’aringa (Clupeiformes), i pesci carpe-simili (Cypriniformes), i pesci gatto-simili (Siluriformes) e i pesci piatti (Pleuronectiformes) (Fig. 1).
Il pesce si consuma cotto, fritto, prodotto in salamoia o anche crudo. La trasformazione degli alimenti sembra non influenzare la potenza allergenica del pesce, ma piuttosto il contenuto allergenico, che varia nelle diverse specie 5. La maggiore attività allergenica risiede nel muscolo del pesce 1. Le parvalbumine rappresentano il principale allergene dei pesci e sono molto abbondanti nel muscolo del pesce. In una porzione di 200 g di filetto di merluzzo, il consumatore può ingerire fino a 0,5 g di parvalbumina a pasto. Altri allergeni presenti nel muscolo del pesce sono le enolasi, le aldolasi, il collagene, e la tropomiosina.
Anche i prodotti derivati dal pesce possono avere proprietà allergizzanti 6. Tipicamente, le uova del pesce vengono consumate nella loro forma grezza. Ci sono case report che citano il caviale come responsabile di reazioni allergiche. La vitellogenina è stata identificata come un importante allergene delle uova di pesce 7. Questa proteina e i suoi metaboliti rappresentano quasi il totale del contenuto proteico delle uova. Negli ultimi anni sono migliorate le conoscenze degli allergeni delle uova di pesce e sono state prodotte le prime molecole ricombinanti 6. Inoltre, la gelatina di pesce contiene collagene idrolizzato ed è composta da pelle e ossa di pesce; invece, la colla di pesce deriva dalla vescica natatoria dei pesci e contiene allo stesso modo in gran parte collagene 8. Questi ingredienti possono essere presenti in cibi (bevande, caramelle), prodotti farmaceutici (capsule e rivestimenti in gel) o biologici (vaccini, immunoterapia sublinguale) 4,9. L’allergenicità sembra essere correlata ai prodotti simili al collagene 10, ma potrebbe anche essere causata da contaminazioni di residui di pesce. Spesso i consumatori non sono a conoscenza di questi ingredienti alimentari derivati dal pesce, in quanto sono esentati dal regolamento sull’etichettatura degli alimenti. Anche il sangue di pesce (emina o altre proteine del sangue) è utilizzato dall’industria alimentare come additivo o nella lavorazione alimentare, ma sembra essere una fonte rilevante di allergeni esclusivamente nell’ambito professionale. Infatti, l’asma professionale potrebbe essere correlata all’aerosolizzazione di potenziali allergeni di derivati ematici durante la lavorazione del pesce. È stato suggerito che un potenziale allergene possa essere la sieroalbumina, ma questo perché, finora, non sono stati confermati altri allergeni 11.
Epidemiologia dell’allergia al pesce
In generale si considera il pesce tra i più frequenti alimenti che determinano reazioni anafilattiche. La prevalenza dipende dall’area geografica in quanto è generalmente più alta nelle comunità in cui il pesce è consumato in elevata quantità, come Cina, Giappone, Portogallo, Spagna e paesi scandinavi. Ad oggi, mancano studi epidemiologici sull’allergia al pesce che presentino dati coerenti di sensibilizzazione al pesce e quelli presenti determinano tassi di prevalenza specifici in studi di disegno e metodologia variabile 12-14. Nel complesso, sembra che meno dell’1% della popolazione mondiale sia colpita da allergia ai pesci. Una percentuale più alta è osservata nelle coorti pediatriche e nei paesi con lunghe coste, ad alto consumo di pesce, così come nelle regioni con industrie di trasformazione del pesce (fino al 3%) 15. Dato che solo meno del 10% dei casi di allergia al pesce si risolvono con l’età, questa condizione clinica è riportata essere più frequente in età adulta, e la prevalenza in età pediatrica è minore dello 0,2% 5.
I dati epidemiologici sulla prevalenza dell’allergia al pesce sono prevalentemente basati su reazioni auto-riferite, meno frequentemente basati su test diagnostici in vivo o in vitro e in ultima istanza sul challenge orale (Tab. II). Investigando le reazioni riportate dai genitori la più elevata prevalenza è stata riscontrata nei bambini finlandesi di età 1-6 anni, rappresentando il 5-7% 16,17. Al contrario, in Israele viene misurata la più bassa prevalenza nei bambini di età 0-2 anni (0,0001%) 18. Una prevalenza significativa è stata anche segnalata negli Emirati Arabi 19, ove il 2,8% dei bambini da 6 a 9 anni presenta reazioni riferite al pesce. In Europa, la prevalenza più alta è stata riscontrata nei paesi con diete tradizionalmente incentrate sul pesce, come la Spagna o i paesi scandinavi, in particolare la Norvegia (3%) 20,21. L’allergia al pesce è riportata nello 0,1% delle allergie alimentari dei bambini statunitensi 22. Uno studio di Singapore su 227 bambini con storia di allergia alimentare descriveva il pesce come allergene responsabile nel 13% dei casi. È interessante notare che la prima assunzione di prodotti ittici sembra essere molto precoce nel divezzamento asiatico, con un’età media di soli 7 mesi 23. Nel continente asiatico paesi quali Filippine, Thailandia e Vietnam registrano tassi di prevalenza pari a 2,29 24, 1,1 25 e 1,62% 26, rispettivamente. Infine, per quanto riguarda il continente africano, gli unici dati disponibili emergono in letteratura da uno studio basato su un questionario, proposto in Ghana a una coorte di bambini in età scolare (5-16 anni), da cui si evince un tasso di prevalenza pari a 0,3% 27.
Questi tassi di prevalenza si riducono se si considerano studi che hanno incluso pazienti con allergia al pesce diagnosticata mediante dosaggio di IgE sieriche o test percutanei. In Europa, si registrano tassi di prevalenza nelle coorti pediatriche pari a: 0,3% in Finlandia 28, 1,3% nel Regno Unito 29, 0,7% in Francia 30. Un tasso di prevalenza altrettanto basso, pari allo 0,21%, si registra in Asia, nello specifico in Cina 31. Differentemente, uno studio spagnolo 32 ha mostrato una frequenza di reazioni allergiche documentate al pesce pari al 17,8% in una coorte di pazienti pediatrici (storia clinica, prick test e IgE sieriche positive).
Ovviamente, i numeri si riducono se si considerano le allergie diagnosticate con challenge orale, partendo dallo 0% in Danimarca 33, 0,0006% nel Regno Unito 34, 0,0002% in Turchia 35 e 0,2% in Islanda 36. Una metanalisi ha confermato allo 0,06% la prevalenza puntuale complessiva dell’allergia al pesce valutata con challenge orale in Europa 37. Infine, una survey telefonica americana ha mostrato una prevalenza di allergia al pesce tra lo 0,3% nei bambini di età 0-2 anni e lo 0,6% nei bambini con età > 11 anni 38.
Patogenesi e caratteristiche cliniche
L’allergia al pesce in età pediatrica in base alla patogenesi si distingue in IgE-mediata e non IgE-mediata. Le reazioni IgE-mediate sono le più frequenti e possono manifestarsi per contatto con l’epitelio intestinale (ingestione), con la mucosa polmonare (inalazione) o con la cute. In età pediatrica la sensibilizzazione e le successive reazioni si riscontrano più frequentemente dopo l’ingestione; tuttavia, possono verificarsi anche a causa del contatto cutaneo o dell’inalazione di proteine aerosolizzate generate durante la cottura o la processazione. Poiché gli antigeni del pesce impiegano solo 10 minuti per essere assorbiti dopo l’ingestione, anche una parziale compromissione dell’effetto denaturante dell’acido gastrico (come nei pazienti che usano farmaci antiacidi) può portare a una digestione parziale e a un aumento dell’assimilazione dei peptidi antigenici 39. Nello specifico, per gli allergeni del merluzzo un incremento del livello di pH gastrico da 2 a 3 ne provoca un aumento dell’allergenicità da 10 a 30 volte 40. La presentazione clinica dell’allergia IgE-mediata al pesce è simile alle altre allergie alimentari. I sintomi, singoli o multipli, di solito compaiono immediatamente o comunque entro due ore dall’esposizione; tuttavia, sono state riportate reazioni ritardate fino a otto ore dall’ingestione 41. I prodotti ittici sono uno dei fattori scatenanti più comuni delle reazioni anafilattiche potenzialmente letali e sono state descritte reazioni respiratorie associate alla sindrome orale allergica più frequentemente che in altre allergie alimentari 6.
Le reazioni immunologiche al pesce non IgE-mediate includono l’enterocolite allergica (FPIES), di cui il pesce rappresenta il più frequente trigger solido in Italia e Spagna, la proctocolite allergica (FPIAP) 42-44, e l’esofagite eosinofila (EoE)/gastrite eosinofila 45-47. Nella gestione dell’EoE, viene generalmente consigliata la dieta di eliminazione empirica dei sei alimenti, che prevede l’eliminazione di pesce/crostacei insieme a latte, uova, grano, frutta secca e soia 48-50.
Secondo gli studi clinici dell’ultimo decennio la popolazione allergica ai pesci può essere suddivisa in tre cluster clinici:
- pazienti polisensibilizzati che reagiscono a tutti i pesci (“multiple fish allergy” o “allergia multipla al pesce”);
- pazienti oligosensibilizzati che reagiscono a diversi pesci specifici;
- pazienti monosensibilizzati con “reazioni selettive” solo a singole specie ittiche.
I pazienti appartenenti a questi cluster clinici variano in base ai profili di riconoscimento delle IgE 51.
Diagnosi
La diagnosi di allergia ai pesci si basa principalmente su criteri clinici anamnestici, test percutanei (prick test con estratto di pesce o prick by prick con il pesce trigger – crudo e cotto –) e valutazione del livello sierico delle IgE specifiche, seguiti (se necessario) da un test di provocazione orale (idealmente, challenge in doppio cieco controllato contro placebo) con il pesce che ha suscitato la reazione 52. Una storia medica suggestiva di allergia resta il caposaldo del processo diagnostico (Fig. 2). I prick test con l’estratto commerciale del pesce in oggetto provvedono rapidamente con un metodo non invasivo, poco costoso e sicuro a esaminare i pazienti con storia suggestiva di reazione al pesce. Questo test presenta un valore predittivo negativo (NPV) elevato, anche se il valore predittivo positivo (PPV) è raramente superiore al 50% 53. È per questo che vengono testate le specie ittiche in oggetto utilizzando un estratto crudo o una metodica prick by prick. Alla luce della reattività crociata tra le specie ittiche, è stata suggerita l’esecuzione del prick test per il merluzzo come test di screening di cross-reattività (salvo reattività clinica a un pesce specifico) 5. La sensibilizzazione valutata con IgE sieriche è stata correlata con la reattività clinica per prevedere l’allergia al pesce. In una popolazione statunitense, un livello di IgE pari a 20 kU/L per estratto di merluzzo (ImmunoCAP, Thermo Fisher) ha permesso di prevedere un’allergia a questo pesce con il 95% di certezza 54. Più recentemente, un grande studio basato sul challenge orale ha riportato che in pazienti con storia clinica suggestiva un valore di IgE sieriche specifiche per estratto di merluzzo > 8,2 kU/L o per estratto di salmone > 5 kU/L era indicativo per cross-reattività clinica 54. Tali risultati suggeriscono pertanto che superati i valori soglia andrebbe consigliato di evitare tutte le specie ittiche. Inoltre, un titolo di IgE specifiche per il merluzzo > 5 kU/L è stato segnalato come marker utile per definire una prognosi sfavorevole alla risoluzione dell’allergia al pesce 51. I metodi diagnostici in vitro includono la quantificazione delle IgE specifiche per circa 30 estratti di differenti specie ittiche, così come per le molecole allergeniche. Quest’ultimo test (diagnostica molecolare) è disponibile con metodica singleplex per le singole molecole o in associazione a un pannello standard di allergeni inalanti e trofoallergeni con metodica multiplex. Tuttavia, il numero degli allergeni disponibili in singleplex (ImmunoCAP) è limitato a rGad c 1 and rCyp c 1 (allergeni maggiori del merluzzo e della carpa) e quindi non è di grande aiuto se il paziente è allergico ad altre specie di pesci. Allo stesso modo, nella piattaforma multiplex ISAC è disponibile solo rGad c 1. Contrariamente, nella nuova piattaforma multiplex ALEX2 (MacroArray Diagnostics) è possibile quantificare le IgE specifiche per diverse specie ittiche oltre che vari allergeni dei pesci (merluzzo, aringa, sgombro, carpa, salmone, pesce spada, razza, tonno). La diagnostica molecolare, di sicuro, permette di distinguere i pazienti con monosensibilizzazione a una specie ittica rispetto a coloro con “allergia multipla al pesce”, pertanto va indicata dallo specialista e riservata ai pazienti altamente sensibilizzati.
Il test di attivazione per i basofili (BAT) rappresenta un nuovo strumento diagnostico nelle allergie alimentari che si pone come biomarker di previsione della reattività clinica, della gravità della reazione, con l’obiettivo di ridurre la necessità di challenge orale 55. Il BAT utilizza la citometria a flusso per determinare l’espressione di marcatori di attivazione (es. CD 63, SD203c) sulla superficie dei basofili in seguito al legame del recettore IgE ad alta affinità (FcεRI) con gli anticorpi IgE, che derivano dalla stimolazione con allergeni o anti-IgE 56. In uno studio condotto su 67 pazienti adolescenti e adulti è stata valutata la significatività dei test diagnostici (prick test, sIgE, IgG4 e BAT) in base al challenge in doppio cieco contro placebo come gold standard diagnostico, valutando la gravità delle reazioni allergiche nei confronti di vari alimenti (arachidi, nocciole, pesce, gamberetti e sesamo) 57. I risultati hanno rivelato che il BAT potrebbe discriminare i pazienti allergici dai non allergici, correlando positivamente con la gravità al challenge. Un altro studio recente condotto su 51 bambini giapponesi con allergia al pesce sottoposti a BAT utilizzando estratti di pesce di 15 specie ittiche diverse 58 ha mostrato buoni risultati per le cinque specie ittiche più consumate (salmone, sgombro, tonno, orata e ricciola). Sebbene ci siano risultati promettenti per quanto riguarda il suo valore nella previsione della reattività clinica e della gravità delle reazioni allergiche, il BAT è comunemente utilizzato a scopo di ricerca, molto probabilmente a causa di difficoltà tecniche e costi elevati. Sarebbero necessari ulteriori studi per confermare tali conclusioni incoraggianti.
Infine, la diagnosi di FPIES si basa sulla storia clinica e, se necessario, sul challenge orale. Spesso i pazienti risultano negativi a prick test e IgE specifiche per l’alimento, ma nel 3-30% dei casi è possibile presentare le IgE specifiche (forma di FPIES atipica). L’età di esordio della FPIES è di solito influenzata dal timing del divezzamento e nello specifico dal momento in cui le proteine dell’alimento in oggetto vengono introdotte nella dieta. Alla luce del rischio di FPIES multipla, gli alimenti della stessa categoria vengono di solito proibiti. Uno studio spagnolo ha proposto di testare pesci alternativi per evitare diete troppo restrittive, mostrando il pesce spada e il tonno in scatola come gli alimenti più tollerati (come osservato nelle forme IgE-mediate) 59.
Due domande importanti dovrebbero essere affrontate se il sospetto iniziale di allergia ai pesci è confermato dalla procedura del challenge orale. In primo luogo, quanto è elevata la sensibilizzazione del paziente al pesce? Questo può essere normalmente dedotto dalla procedura e il paziente deve essere informato per assumere eventuali precauzioni dietetiche in base alla sua soglia individuale. Il challenge è sconsigliato in caso di sospetta reazione grave. L’iter diagnostico deve prevedere la valutazione di una presunta allergia ad Anisakis simplex, soprattutto se i risultati dei test di allergia ai pesci sono inequivocabili 53,54. È importante tenere a mente che il test IgE con estratti di Anisakis può produrre risultati falsi positivi dovuti alla cross-reattività molecolare con allergeni di molluschi o insetti.
Allergeni dei pesci e cross-reattività
La ricerca attuale nel database WHO/IUIS rivela 40 allergeni di pesci, mentre il database Allergen Online (www.allergenonline.org, versione 21) comprende 83 voci a sequenza nota (Tab. III). Di questi, rispettivamente, 16 e 40 appartengono alla famiglia delle parvalbumine. Ulteriori allergeni sono enolasi (n = 5), aldolasi (n = 4), tropomiosine (n = 3), vitellogenina di uova di salmone (n = 1) e altri (n = 11). Il principale allergene dominante nel muscolo di pesce è indubbiamente la parvalbumina, di cui il primo identificato è stato Gad c 1, allergene del merluzzo 4. Successivamente, sono stati eseguiti studi con proteine omologhe, quali Gad m 1 derivante dal merluzzo atlantico, Cyp c 1 della carpa comune e Sal s 1 del salmone atlantico. Le parvalbumine sono piccole proteine muscolari (10-12 kDa) di notevole stabilità agli effetti fisico-chimici di trasformazione dei prodotti alimentari. Durante la preparazione e la cottura del pesce, questi allergeni possono aerosolizzare ed essere inalati, determinando sintomi respiratori 11,60,61. A causa di specifiche caratteristiche nella loro struttura proteica, questi allergeni sono in grado di legare il calcio con struttura ad EF-hand domain 57. I livelli di parvalbumina variano considerevolmente nelle diverse specie di pesci 4, tanto che carpe e aringhe ne contengono una quantità circa 100 volte superiore di sgombro e tonno. La maggior parte dei pazienti allergici al pesce presenta IgE specifiche verso questi allergeni. Gli epitopi della parvalbumina sono altamente conservati e possono spiegare la cross-reattività IgE e clinica tra le varie specie di pesci. Le parvalbumine si differenziano in due sottotipi molecolari: parvalbumine della linea alfa e beta. Comunemente gli allergeni dei pesci sono le beta-parvalbumine. Invece le alfa-parvalbumine, come le parvalbumine che si trovano nel raggio e nello squalo, sembrano avere una reattività crociata minore con i beta-omologhi. Le parvalbumine sono state definite come il “panallergene” dei pesci. I tassi di sensibilizzazione per le beta-parvalbumine si basano su studi di caratterizzazione degli allergeni, che concludono per il 90-95% di sensibilizzazione IgE verso queste proteine muscolari. È stato dimostrato che la prevalenza della sensibilizzazione IgE alla parvalbumina fosse inferiore a quanto ipotizzato per lungo tempo. Il tasso di sensibilizzazione a questo importante allergene potrebbe piuttosto variare tra il 70 e il 95%, a seconda della coorte di studio.
Inoltre, sono stati identificati altri allergeni di pesce, quali 50 kDa-enolasi e 40 kDa-aldolasi derivanti da merluzzo, salmone, tonno e più recentemente Cyp c 2 da carpa e Pan h 2 e Pan h 3 da pesce gatto 62,63. Questi enzimi glicolitici sono altamente espressi nel muscolo di pesce. La loro potenza come allergeni alimentari deve ancora essere definita in quanto sono meno stabili delle parvalbumine. Tuttavia, un certo numero di soggetti allergici al pesce sembra avere IgE contro questi allergeni. Si verifica una reattività crociata in vitro tra omologhi di merluzzo, salmone e tonno. Al di là della parvalbumina, una risposta immunitaria policlonale a più allergeni del pesce sono correlati alla reattività clinica, come dimostrato per l’allergia al merluzzo, al salmone e al pesce gatto 52. Un singolo studio ha dimostrato che i pazienti allergici al pesce con IgE specifiche per la parvalbumina del merluzzo possono essere co-sensibilizzati a enolasi (81%) e aldolasi (58%) 62. La rilevanza clinica di questa co-sensibilizzazione non è ancora chiarita. Comunque, alcuni pazienti parvalbumina-negativi sembrano sviluppare anticorpi IgE contro l’enolasi del pesce (47%) e l’aldolasi (41%), che sono piuttosto legatI ad allergia specie-specifica ai pesci 63. È importante notare che ci sono ancora dati limitati in grado di delineare quanti pazienti possano essere classificati in ogni cluster clinico proposto. Inoltre, bisogna tenere in considerazione che potrebbe essere rilevante un gradiente geografico e/o temporale per una prevalenza dei dati raccolti.
Altri allergeni rilevanti del muscolo di pesce sono ad esempio tropomiosine, creatina-chinasi e triosofosfato isomerasi (descritta nel salmone e pesce gatto), piruvato chinasi, lattato deidrogenasi, glucosio-6-fosfato deidrogenasi, gliceraldeide-3-deidrogenasi (scoperta nel pesce gatto) 65. Si attendono ulteriori studi che possano confermare il valore clinico di quegli allergeni compresi in un pannello diagnostico.
La gelatina di pesce è un prodotto eterogeneo che si ottiene con l’estrazione dell’acido acidico dal collagene seguita da idrolisi chimica. Il collagene è composto da tre singole catene polipeptidiche corrispondenti a due subunità alfa (a1, a2; ognuno 110 kDa) e una subunità beta (210 kDa). Queste catene formano uno stretto destrorso che si avvolge fino a formare una tripla elica a forma di bastoncino. Secondo il peso molecolare delle componenti, la gelatina è disponibile a diversi gradi di idrolisi. L’anafilassi da allergia a gelatina di pesce è stata documentata in alcuni casi clinici 66. La gelatina di pesce si differenzia notevolmente per la sua composizione aminoacidica dall’omologa derivante dai mammiferi. È quindi verosimile che non vi sia cross-reattività tra questi prodotti. Più recentemente, la potenza allergenica del collagene di pesce è stata confermata in diverse specie di pesci, quali salmone, barramundo e pesce gatto, a conferma dei report precedenti 10,65. È importante essere consapevoli del fatto che la gelatina di pesce e il collagene possano essere utilizzati come additivi o coadiuvanti tecnologici in farmaci, vaccini e prodotti alimentari normalmente ritenuti privi di pesce, e possono quindi essere ritenuti come un allergene nascosto.
Gli allergeni delle uova di pesce, note come caviale, sono diverse da quelle della carne e della pelle del pesce. I pazienti con allergia al caviale spesso tollerano la carne del pesce e viceversa. Le vitellogenine sono glicolipoproteine ad alto peso molecolare (> 150 kDa) appartenenti alla famiglia delle proteine di trasporto lipidico (LTP). Gli studi sugli allergeni delle uova di salmonidi hanno portato all’identificazione di un frammento di vitellogenina di 35 kDa costituito da due subunità parzialmente identiche (18 e 16 kDa) denominato Onc k 5 1. La reattività crociata è stata testata per gli allergeni delle uova di diverse specie di pesci attraverso le IgE e i test cutanei. Tuttavia, non è stata trovata alcuna reattività crociata con omologhi del tuorlo di pollo.
Diagnosi differenziale
L’ingestione di pesce può determinare reazioni avverse che possono simulare un’allergia ma non sono innescate mediante un meccanismo immunologico. Di seguito le principali reazioni avverse non immunologiche.
Anisakiasi
Infestazione da parte del parassita della specie Anisakis (Nematode), con manifestazioni cliniche principalmente a carico del tratto gastrointestinale. Richiede l’ingestione di parassiti vivi. Pertanto, è contratto solo dopo aver consumato pesce crudo, poco cotto o in salamoia 66.
Reazione allergica ad Anisakis
Reazione IgE-mediata ad Anisakis, dovuta alla sensibilizzazione delle proteine del nematode, che infesta varie specie di pesci. La presentazione clinica è indistinguibile dall’allergia al pesce, ma le IgE non sono dirette contro i pesci ma contro le proteine del parassita. Vengono identificati prick test e IgE sieriche specifiche per Anisakis 67.
Avvelenamento da sgombroidi
È la causa più comune di tossicosi da prodotti ittici in tutto il mondo. È dovuto all’ingestione di pesci mal conservati (più frequentemente pesce a carne rossa come Scombroidae e Scomberesocidae, tra cui sgombro, palamita, tonno bianco e tonnetto), in cui l’eccessiva crescita batterica consente la conversione dell’istidina in istamina. Le manifestazioni cliniche imitano le reazioni allergiche per rapidità, insorgenza (circa 30 minuti dopo l’ingestione) e obiettività (ad es. orticaria, sindrome allergica orale, nausea e vomito e, in rari casi, anafilassi). I pazienti, che spesso non hanno una storia di allergia al pesce, riportano spesso sensazione di formicolio orale ed eritema che si diffonde al volto e al tronco dall’alto verso il basso, nonché sapore metallico al momento dell’ingestione del pesce responsabile. Di solito, gli stessi segni e sintomi sono segnalati dagli altri commensali che hanno consumato lo stesso cibo 68,69.
Avvelenamento da alghe tossiche
I pesci possono consumare diverse alghe tossiche assorbite dal filtro del cibo di cui si nutrono (ad es. cozze e vongole). Successivamente, l’ingestione da parte dell’uomo di pesce contaminato innesca questo tipo di avvelenamento. Le manifestazioni cliniche sono svariate e dipendono dalla tossina coinvolta: ad esempio l’avvelenamento da Ciguatera, a causa della ciguatossina che si trova più comunemente nei pesci delle zone tropicali (cernie, anguille, sgombri), può presentarsi con manifestazioni cutanee (orticaria), gastrointestinali (nausea, vomito), neurologiche (visione offuscata, parestesia, atassia, convulsioni) e cardiovascolari (bradicardia/tachicardia, ipotensione/ipertensione, blocco di conduzione) 70,71.
Contaminazione batterica/virale
Mangiare pesce allevato o raccolto da acque contaminate (ad es. da virus dell’epatite A, Shighella spp, Salmonella spp) può scatenare principalmente manifestazioni cliniche gastrointestinali che si presentano diverse ore dopo l’ingestione, spesso accompagnate da febbre 3.
Intolleranza ai frutti di mare
Per le ammine biogene vasoattive presenti nel pesce (istamina e tiramina), soprattutto se si tratta di pesce in scatola o in salamoia, o all’autolisi del pesce. Di solito si presenta con cefalea 72-74.
Gestione clinica
Il trattamento dell’allergia al pesce è diretto all’evitamento del pesce ritenuto imputabile di reazione allergica e di tutte le altre specie di pesce, oltre al rapido riconoscimento e trattamento delle reazioni allergiche acute, comprese le reazioni allergiche successive a inalazione di vapore di cottura per le forme IgE-mediate 15. Esistono due motivazioni per tale condotta terapeutica: in primo luogo, la possibile cross-reattività tra le varie parvalbumine nelle forme IgE-mediate; in secondo luogo, la difficoltà di distinzione di alcuni pesci tra loro al momento dell’assunzione. Inoltre, essendo la parvalbumina una proteina termostabile, è da evitare sia l’assunzione del pesce crudo che del pesce cotto 15. Significativa è la problematica delle cross-reazioni per le allergie IgE-mediate: esse sussistono non soltanto tra diverse specie di pesce, ma in rari casi anche con crostacei, pollo e carne di coccodrillo 15. Allo stesso tempo, è stato dimostrato che sia il paziente affetto da allergia IgE-mediata al pesce che quello affetto da allergia non IgE-mediata può tollerare alcune specie di pesce, che possono essere reintrodotte nella dieta di un bambino allergico a una specifica tipologia di pesce, verificandone la tolleranza mediante test di provocazione orale in ambiente ospedaliero 75. Da non sottovalutare la problematica che, in età pediatrica, è comune la diagnosi di allergia al pesce prima del compimento dei 2 anni di vita, spesso in coincidenza con la prima assunzione di una specie ittica nella dieta. In tali casi, è necessaria la rigorosa esclusione del pesce dalla dieta a domicilio e successivamente seguire uno specifico iter diagnostico, finalizzato alla reintroduzione progressiva nella dieta di alcune specie ittiche, a partire da quelle con maggiore possibilità di tolleranza alimentare. A ogni modo, fino al momento in cui non si attesta la tolleranza a una determinata specie ittica, la sua assunzione deve essere vietata nella dieta.
In realtà va sottolineato che la positività delle IgE specifiche per le parvalbumine non sempre riesce a discriminare i pazienti con allergia alla singola specie ittica da quelli con allergia multipla al pesce, in quanto spesso sono cross-reattive tra omologhe, non implicando necessariamente una reattività clinica. Una eccezione è stata riportata per il sottogruppo di pazienti con monosensibilizzazione ai salmonidi (Salmoniformes), in quanto è presente un epitopo specie-specifico della parvalbumina di salmone/trota (Sal s 1 +, Onc m 1 +, Cyp c 1 -, Gad m 1 -, Thu a 1 -) 44. Inoltre, è stato recentemente descritto che i pesci cartilaginei possono essere tollerati da pazienti sensibilizzati ai pesci ossei a causa di una bassa cross-reattività tra le parvalbumine che sono solo scarsamente correlate 76.
Nell’ambito delle forme IgE-mediate, la scelta della prima specie ittica da reintrodurre nell’alimentazione del bambino affetto da allergia multipla al pesce ricade su tonno e pesce spada 77. In particolare, esse sono le specie di pesce costituite principalmente da muscolo rosso, contenendo conseguenzialmente una minore quantità di parvalbumina, contenuta invece nel muscolo bianco del pesce 77. Peraltro, il tonno condivide tale caratteristica con il pesce spada, che tuttavia non essendo sottoposto a processazione e inscatolamento, non subisce un cambiamento conformazionale nella parvalbumina stessa, che la rende meno allergenica 78. Per tale ragione, il tonno in scatola potrebbe essere considerato una prima particolare specie ittica da testare nella reintroduzione del pesce nella dieta del bambino affetto da allergia, anche se tale evenienza è stata al momento riscontrata solo nell’allergia IgE-mediata 79. L'inserimento di alcune specie ittiche nella dieta del bambino affetto da allergia assumerebbe un ruolo importante sia a livello nutrizionale, assicurando l’introduzione di tutti i nutrienti propri del pesce nella dieta del bambino, tra cui annoverare soprattutto gli omega-3, che dal punto di vista della qualità di vita del bambino e dei suoi genitori, evitando una condotta dietetica assolutamente restrittiva per il pesce. Infine, ancora embrionale è l’ambito di ricerca scientifica diretto verso la definizione di una immunoterapia orale per il pesce, come accade in alcuni centri specializzati per latte, uovo e arachide.
Considerazioni nutrizionali
Come per il resto delle allergie alimentari, è fondamentale che la dieta di esclusione da tutte le specie di pesce sia accompagnata dall’assunzione di alimenti con un profilo nutrizionale adeguato, con la finalità che il paziente conduca a una dieta sana ed equilibrata 80. Riguardo al pesce, è noto che esso abbia un importante valore nutrizionale: è infatti ricco di vitamine del gruppo B, D e A, iodio e di acidi grassi omega-3. Mentre i primi macronutrienti sono rinvenibili nella dieta a partire da altri alimenti animali e vegetali e lo iodio è ormai addizionato comunemente al sale da cucina, gli acidi grassi omega-3 sono presenti in pochi altri alimenti non ittici, come gli oli di semi vegetali (soprattutto semi di lino) e le noci 80. Con la dicitura “acidi grassi omega-3” si intende un vasto gruppo di acidi grassi essenziali a catena lunga e acidi grassi polinsaturi a catena molto lunga. Sono assunti tramite la dieta e non sintetizzati endogenamente. Essi sono incorporati nelle membrane cellulari e svolgono un ruolo chiave nella regolazione dei processi infiammatori. Nello specifico, sarebbero coinvolti nella crescita e nello sviluppo cognitivo sia in epoca pre- che post-natale. In letteratura non esistono metanalisi al riguardo, ma molti autori consigliano la supplementazione di omega-3 in bambini affetti da allergia al pesce 80. Tale raccomandazione prende origine da studi osservazionali presenti in letteratura in cui è riportato che soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico, ADHD, psicosi in età pediatrica presentino un deficit plasmatico di acidi grassi omega-3. A livello fisiopatologico, tale osservazione appare corroborata dall’evidenza che gli acidi grassi omega-3, insieme agli acidi grassi omega-6 e all’acido arachidonico, esercitino diverse funzioni nel processo di neurogenesi, neurotrasmissione e protezione contro lo stress ossidativo. Una review condotta da Agostoni et al. ha approfondito gli effetti di una supplementazione di acidi grassi omega-3 in tali patologie, dimostrando la presenza di deboli evidenze in merito a un ruolo benefico degli stessi come terapia di supporto nei tre disturbi neuropsichiatrici sopra descritti 81. Riguardo alla supplementazione di omega-3 in soggetti sani, le evidenze sono invece contrastanti. Una review condotta dall’“Agency for healthcare research and quality” ha dimostrato come la supplementazione di integratori di omega-3, omega-6 e acido arachidonico in donne in gravidanza o in allattamento o l’utilizzo di un latte formulato arricchito con tali micronutrienti non arrechi un beneficio significativo sia durante la gravidanza che nell’infanzia. Nello specifico, non sono stati rinvenuti effetti significativi di tale integrazione in merito a ipertensione gestazionale, depressione peri-partum, crescita postnatale, spettro autistico, ADHD, disturbi dell’apprendimento, patologie dell’acuità visiva, sviluppo cognitivo e prevenzione di patologie allergiche e asma 82. Al contrario, una metanalisi di Papamichael et al. dimostra che l’introduzione del pesce nelle prime fasi di vita (6-9 mesi) e il consumo regolare di pesce (almeno una volta alla settimana) riduce la successiva incidenza di episodi acuti di wheezing nei bambini fino a 4-5 anni 83. Non sono invece presenti al momento studi che approfondiscano l’outcome a lungo termine di bambini affetti da allergia IgE-mediata al pesce, in assenza di un adeguato piano nutrizionale di sostituzione degli omega-3, che essi sono impossibilitati ad assumere tramite la dieta.
A ogni modo, nei pazienti con allergia al pesce, una supplementazione di acidi grassi omega-3, se non adeguatamente inclusa nella dieta tramite consumo di olio di semi di lino o noci, sarebbe possibile mediante l’assunzione di integratori. Tali integratori, nonostante la maggior parte delle aziende produttrici segnali sull’etichetta la probabilità di sviluppare reazioni avverse per pazienti allergici al pesce, risulterebbero sicuri da assumere 84. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per confermare queste valutazioni.
Prognosi e storia naturale
La prognosi dell’allergia al pesce è variabile in funzione del tipo di reazione allergica (IgE e non IgE-mediata). I dati relativi alla storia naturale dell’allergia IgE-mediata al pesce sono scarsi; tuttavia, la maggioranza delle evidenze indicano una reattività clinica a lungo termine 85. Evidenze pregresse avevano documentato che circa l’80% dei soggetti avesse un quadro di allergia persistente al pesce a distanza di 10 anni dalla diagnosi, mentre una survey telefonica condotta negli USA aveva rilevato una percentuale di risoluzione dell’allergia alimentare al pesce del 3,5% 5,22. Uno studio recente, condotto su 58 bambini, ha dimostrato, invece, che una proporzione considerevole di bambini con allergia al pesce sia in grado di acquisire la tolleranza, frequentemente durante l’adolescenza, contrariamente alla tesi secondo la quale l’allergia al pesce persista sino all’età adulta 49. L’età di esordio dell’allergia al pesce varia tra 0,5 e 5 anni e il 62% dei bambini ha presentato la prima reazione avversa in occasione della prima assunzione del pesce nella dieta, fenomeno da correlare a un recall bias oppure a una sensibilizzazione per via cutanea, tenuto conto che il 97% dei soggetti aveva una anamnesi di dermatite atopica. Il 48% dei soggetti ha presentato reazione avversa a una sola tipologia di pesce (generalmente il merluzzo) 49. La percentuale di tolleranza aumenta con l’età dei bambini, partendo dal 3,4% nei bambini di età compresa tra 4 e 5 anni, all'11,8% dei soggetti in età scolare, fino al 45,6% negli adolescenti. Tra i fattori predittivi per la risoluzione dell’allergia al pesce, vi sono: sIgE merluzzo pre-challenge < 4,87 kU/L, bassi valori relativi di Gad c 1 ricombinante, diametro dello SPT alla sardina < 6,5 mm, diametro dello SPT al pesce mix < 5 mm. Lo sviluppo della tolleranza orale al pesce riguarda prevalentemente i soggetti con reazioni meno severe ed è associata a valori più bassi (o in riduzione) delle IgE specifiche 49. Nello studio sono stati eseguiti complessivamente 188 challenge al pesce, di cui 67 al tonno, 46 al pesce spada, 14 al merluzzo in doppio cieco contro placebo e 38 al merluzzo con challenge in aperto. Complessivamente il 22% dei bambini ha sviluppato tolleranza al merluzzo durante il periodo di follow-up 49. Risultati analoghi provengono da un altro studio retrospettivo in cui l’età media di comparsa dei sintomi è di 24,2 mesi e il 74% dei soggetti ha acquisto la tolleranza ad almeno un tipo di pesce (più frequentemente il tonno 63%, seguito dal merluzzo 25% e salmone 25%) a una età media di 10,5 anni 87. Nei soggetti che hanno acquisito la tolleranza ad almeno una tipologia di pesce, il valore medio di rGad c 1 è significativamente inferiore (5,1 kUA/L) rispetto al valore iniziale (16,8 kUA/L), così come il valore medio delle sIgE per tutte le specie di pesce testate (a eccezione del tonno probabilmente a causa del ridotto contenuto di parvalbumina) e il diametro medio dello SPT per il nasello (9,42 mm vs 3,79 mm) e il salmone (7,8 mm vs 2,8 mm). La riduzione del diametro degli SPT per le altre tipologie di pesce non ha raggiunto valori statisticamente significativi probabilmente a causa della esiguità dei pazienti inclusi nello studio. Questi dati dimostrano che la valutazione delle sIgE per la parvalbumina e gli SPT siano fattori predittivi rilevanti nel follow-up del soggetto con allergia alimentare al pesce, poiché supportano il clinico nel timing del challenge orale per verificare l’acquisizione della tolleranza e introdurre nuove specie di pesce nella dieta del bambino 86. Un altro studio recente condotto su 25 bambini con allergia alimentare IgE-mediata al pesce, ha documentato che il 96% dei soggetti sia in grado di tollerare il tonno in scatola 80. Il consumo di pesce in scatola si associa a una riduzione del diametro degli SPT nella maggior parte dei pazienti e potrebbe favorire lo sviluppo di tolleranza orale al pesce 87. Tra le forme non IgE-mediate, è importante considerare la FPIES acuta poiché il pesce ne costituisce il principale trigger tra gli alimenti solidi in alcune aree geografiche (Italia, Spagna e Grecia) e anche la prognosi differisce rispetto alle FPIES causate da altri alimenti 42-44,48,88. Uno studio condotto in Spagna su 17 bambini con FPIES ha documentato che il pesce sia l’alimento coinvolto nell’80% dei casi e il nasello quello più comunemente responsabile, mentre il 41% presenta una FPIES da specie multiple di pesce. La tolleranza è stata documentata solo in 5 soggetti all’età media di circa 4 anni (mentre per gli altri alimenti solidi considerati tra cui banana, pesca, riso, mais, avena l’età media era di 3 anni). La tolleranza a specie diverse di pesce rispetto a quello causale dell’enterocolite è stata documentata in 8/13 soggetti 88. Analogamente lo studio retrospettivo di Miceli Sopo et al., condotto su 66 bambini italiani con FPIES, ha dimostrato che il pesce costituisca il secondo alimento causale della FPIES, preceduto solo dal latte vaccino e che l’età media dello sviluppo di tolleranza orale al pesce sia di 4,4 anni. Anche in questo studio 3/8 bambini con FPIES da una o più varietà di pesce ha tollerato altre tipologie di pesce 44. Inoltre, l’opportunità di saggiare la tolleranza a specie di pesce diverse da quello responsabile di reazione avversa è importante non solo per evitare eccessive restrizioni nutrizionali ma anche perché tale assunzione potrebbe favorire lo sviluppo della tolleranza orale 89. Gonzalez-Delgado et al. hanno riportato una casistica di 16 bambini con enterocolite da pesce. In questo studio tutti i soggetti hanno presentato sintomi dopo l’ingestione di almeno due differenti specie di pesce e nella maggioranza dei casi dopo l’introduzione di 3 tipi di pesce (nasello, merlano e sogliola erano quelli più comunemente coinvolti, generalmente i primi a esser introdotti nella dieta del bambino) 43. In questa coorte solo 3 soggetti hanno tollerato il pesce prima dei 5 anni di vita e almeno il 50% dei soggetti ha presentato sintomi persistenti dopo l’età di 6 anni. In alcuni casi è stata registrata la presenza di dolore addominale dopo 10 anni 43. Similmente, uno studio condotto in Grecia su una coorte di bambini con FPIES da pesce ha confermato che il 52% dei soggetti non avesse ancora raggiunto la tolleranza all’età di 6 anni 48. Pertanto, il timing suggerito per effettuare il challenge al pesce in caso di FPIES e al fine di valutare l’acquisizione della tolleranza orale all’alimento è ≥ 5 anni di età 42.
Unmet needs e conclusioni
L’allergia al pesce è una problematica clinica rilevante in età pediatrica con una prevalenza mondiale riportata tra lo 0 e il 7%. Le reazioni sono nella maggior parte dei casi IgE-mediate e possono verificarsi dopo l’ingestione, il contatto cutaneo o l'inalazione dell’antigene. Sono stati inoltre riportati casi di allergia al pesce non IgE-mediata, come la FPIES. Clinicamente sono stati definiti 3 cluster: pazienti polisensibilizzati a tutti i tipi di pesce, pazienti monosensibilizzati reattivi a una specie, pazienti oligosensibilizzati che reagiscono ad alcuni pesci specifici. La parvalbumina rappresenta il principale allergene del pesce, essendo responsabile delle reazioni allergiche nella stragrande maggioranza dei pazienti. I prick test e le IgE specifiche sono i test più comunemente usati. Tuttavia, il challenge orale rimane il gold standard diagnostico per l’allergia al pesce in età pediatrica. La maggior parte dei pazienti con allergia al pesce può assumere alcune specie di pesce. È importante prevenire diete di eliminazione non necessarie alla luce dei numerosi benefici di tale alimento. Studi recenti hanno esaminato la diagnostica molecolare e il BAT come nuovi strumenti per la previsione della reattività clinica, riducendo la necessità di challenge orale. L’approfondimento delle conoscenze molecolari degli allergeni del pesce ha permesso di sviluppare parvalbumine ricombinanti ipoallergeniche con immunogenicità conservata, per lo sviluppo di un’immunoterapia specifica come desensibilizzazione al pesce. Questi nuovi approcci terapeutici promettenti sono in fase di studio con lo scopo di modulare la risposta immune nell’allergia al pesce.
Figure e tabelle
Phylum | Classe | Specie |
---|---|---|
Mollusca | Gastropodi | Lumache, conchiglie |
Bivalvi | Cozze, ostriche, vongole, capesante | |
Arthropoda | Cefalopodi | Calamari, polpo |
Crostacei | Aragoste, gamberi, gamberi d’acqua dolce, granchio | |
Chordata | Pesci cartilaginei (Chrondrichthyes) | Squali, razze |
Pesci ossei (Osteichthyes) | Merluzzo, salmone, trota, dentice |
Diagnosi | Prevalenza | Età (anni) | Paese | Autore, anno | Ref. |
---|---|---|---|---|---|
Autoriferita | 5% | 1-4 | Finlandia | Pyrhonen, 2009 | 16 |
7% | 1-6 | Finlandia | Kajosaari, 1982 | 17 | |
0,0001% | 0-2 | Israele | Dalal, 2002 | 18 | |
2,8% | 6-9 | Emirati Arabi Uniti | Al-Hammadi, 2010 | 19 | |
3% | 0-2 | Norvegia | Eggesbo, 1999 | 20 | |
2,29% | 14-16 | Filippine | Connett, 2012 | 24 | |
13% | 0-18 | Singapore | Chiang, 2007 | 22 | |
1,1% | 0-5 | Thailandia | Lao Araya, 2012 | 25 | |
1,62% | 2-6 | Vietnam | Le, 2019 | 26 | |
0,3%-0,6% | 0-2/>11 | USA | Gupta, 2011 | 38 | |
0,1% | 0-18 | USA | Sicherer, 2004 | 22 | |
0,3% | 5-16 | Ghana | Obeng, 2011 | 27 | |
Storia clinica + IgE specifiche + prick test | 0,3% | 0-18 | Finlandia | Von Hertzen, 2006 | 28 |
17,8% | 1-7 | Spagna | Crespo, 1995 | 32 | |
1,3% | 13-18 | UK | Pereira, 2005 | 29 | |
0,7% | 5-18 | Francia | Penard-Morand, 2005 | 30 | |
0,21% | 0-18 | Cina | Chen, 2011 | 31 | |
Challenge orale | 0% | 0-80 | Danimarca | Osterballe, 2005 | 33 |
0,0006% | 6 | UK | Venter, 2006 | 34 | |
0,0002% | 6-9 | Turchia | Orhan, 2009 | 35 | |
0,2% | 1 | Islanda | Kristinsdottir, 2011 | 36 |
Ordine | Specie | Allergene molecolare | Nome biochimico | Prevalenza (%) | Peso molecolare (kDa) |
---|---|---|---|---|---|
Clupeiformes | Aringa (Clupea harengus) | Clu h 1 | Parvalbumina | 45 | 12 |
Sardina (Sardinops sagax) | Sar sa 1 | Parvalbumina | 80 | 12 | |
Cyprinoformes | Carpa (Cyprinus carpio) | Cyp c 1 | Parvalbumina | 100 | 12 |
Cyp c 2 | Enolasi | 17 | 47 | ||
Carpa erbivora (Ctenopharyngodon idella) | Cten i 1 | Parvalbumina | 94 | 9 | |
Gadiformes | Merluzzo (Gadus callarias) | Gad c 1 | Parvalbumina | 100 | 12 |
Merluzzo nordico (Gadus morhua) | Gad m 1 | Parvalbumina | 100 | 12 | |
Gad m 2 | Enolasi | 56 | 50 | ||
Gad m 3 | Aldolasi | 37 | 40 | ||
Perciformes | Tonno (Thunnus albacares) | Thu a 1 | Parvalbumina | 95 | 11 |
Thu a 2 | Enolasi | 19 | 50 | ||
Thu a 3 | Aldolasi | 13 | 40 | ||
Barramundi (Lates calcarifer) | Lat c 1 | Parvalbumina | 77-83 | 11,5 | |
Lat c 6 | Collagene | 22 | 130-140 | ||
Tilapia (Oreochromis mossambicus) | Ore m 4 | Tropomiosina | 100 | 33 | |
Sgombro indopacifico (Rastrelliger kanagurta) | Ras k 1 | Parvalbumina | 83 | 11.3 | |
Sgombro (Scomber scombrus) | Sco s 1 | Parvalbumina | 95 | 12 | |
Pesce spada (Xiphias gladius) | Xip g 1 | Parvalbumina | 71 | 11,5 | |
Pleuronectiformes | Rombo giallo (Lepidorhombus whiffiagonis) | Lep w 1 | Parvalbumina | 100 | 11,5 |
Salmoniformes | Salmone keta (Oncorhynchus keta) | Onc k 5 | Vitellogenina | nd | 18 |
Trota iridea (Oncorhynchus mykiss) | Onc m 1 | Parvalbumina | 95 | 12 | |
Salmone (Salmo salar) | Sal s 1 | Parvalbumina | 49-64 | 12 | |
Sal s 2 | Enolasi | 24-34 | 50 | ||
Sal s 3 | Aldolasi | 16-26 | 40 | ||
Sal s 4 | Tropomiosina | 13 | 37 | ||
Sal s 6 | Collagene | 22 | 130, 140 | ||
Sal s 7 | Creatin chinasi | 14 | 43 | ||
Sal s 8 | Triosi-P isomerasi | 34 | 25 | ||
Sal s 9 | Nd | nd | nd | ||
Siluriformes | Pangasio (Pangasianodon hypophthalmus) | Pan h 1 | Parvalbumina | 42 | 11 |
Pan h 2 | Enolasi | 21 | 50 | ||
Pan h 3 | Aldolasi | 21 | 40 | ||
Pan h 4 | Tropomiosina | 6-32 | 35 | ||
Pan h 7 | Creatin chinasi | 10 | 43 | ||
Pan h 8 | Triosi-P isomerasi | 19 | 21 | ||
Pan h 9 | Piruvato chinasi | 6 | 65 | ||
Pan h 10 | Lattato DH | 13 | 34 | ||
Pan h 11 | Glucosio-6-P DH | 8 | 60 | ||
Pan h 13 | Gliceraldeide-3-P DH | 6 | 36 | ||
Le prevalenze sono estratte dal riferimento: www.allergen.org/literature. DH: deidrogenasi; P: fosfato; nd: non determinato. |
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