Pills from the literature
Issue 4 - 2022
Efficacy and safety of oral immunotherapy in children aged 1-3 years with peanut allergy (the Immune Tolerance Network IMPACT trial): a randomised placebo-controlled study
L’arachide è una delle più frequenti cause di allergia alimentare, interessando circa il 2% della popolazione pediatrica nel mondo occidentale 1. Nella maggioranza dei casi, questa allergia perdura per tutta la vita. Attualmente, la dieta di eliminazione rappresenta lo standard di cura per i pazienti allergici all’arachide 2, nonostante l’elevato rischio di anafilassi a causa di esposizioni accidentali e l’impatto negativo sulla qualità della vita dei bambini e delle famiglie.
L’immunoterapia orale consiste nell’esposizione ripetuta a dosi progressivamente crescenti dell’allergene verso il soggetto è sensibilizzato 2, con lo scopo di aumentare la soglia di reattività immunologica, riducendo così il rischio di reazioni severe in caso di contatti accidentali. Nonostante l’importante rischio di reazioni avverse 3, l’immunoterapia si è dimostrata efficace nell’aumentare la soglia di tolleranza verso l’alimento 4,5 ed è raccomandata dalle linee guida EAACI per i pazienti con allergia persistente a latte vaccino, uovo e arachide 6.
Lo studio multicentrico randomizzato controllato con placebo IMPACT 7, pubblicato a gennaio 2022 su “The Lancet”, ha reclutato 146 bambini di età compresa tra 12 e 48 mesi con storia di reazione ad arachide o che non avessero ancora introdotto questo alimento; i soggetti arruolati dovevano inoltre avere positività delle IgE sieriche specifiche e degli skin prick test per arachide.
La dose media tollerata di proteine dell’arachide al momento del reclutamento era di 25 mg e tutti i soggetti inclusi nello studio erano andati incontro a un test di provocazione orale risultato positivo con una dose cumulativa inferiore a 500 mg di proteine dell’arachide. Dei bambini inclusi nello studio, 96 sono stati randomizzati nel gruppo trattato con immunoterapia orale mentre 50 sono stati assegnati al gruppo placebo. I soggetti in trattamento attivo hanno ricevuto una dose giornaliera di proteine dell’arachide progressivamente incrementate da 0,1 mg fino a 2.000 mg, mentre il gruppo trattato con placebo ha ricevuto lo stesso schema di trattamento ma con somministrazione di farina di avena. Il protocollo prevedeva una fase iniziale di incremento della dose in singola giornata in ambiente ospedaliero e successivamente un periodo di 30 settimane in cui veniva somministrata a domicilio la dose raggiunta in ospedale con esecuzione di visite ogni 2 per aumentare progressivamente il dosaggio. Una volta raggiunta la dose di mantenimento questa veniva somministrata a domicilio per un periodo di 104 settimane. Complessivamente, quindi, il disegno dello studio prevedeva un periodo di 134 settimane di terapia, al termine del quale veniva eseguito un test di provocazione orale in doppio cieco contro placebo per verificare l’acquisizione di tolleranza verso 5.000 mg di proteine dell’arachide (pari a circa 16 arachidi). La fase successiva era invece rappresentata da 26 settimane di interruzione della terapia con stretto evitamento dell’arachide. Al termine del periodo di sospensione veniva eseguito un test di provocazione orale per verificare lo stato di tolleranza; per i soggetti che passavano questo secondo test di provocazione orale, veniva eseguita una somministrazione finale di 8.000 mg di burro di arachidi e in assenza di reazioni veniva confermata la tolleranza.
L’endpoint primario dello studio era di individuare quanti pazienti dopo 134 settimane di immunoterapia fossero desensibilizzati, ovvero tollerassero il test di provocazione orale con 5.000 mg di proteine di arachide. L’endpoint secondario invece mirava a individuare quanti pazienti raggiungessero la remissione, definita come la negatività al test di provocazione orale con 5.000 mg di arachide dopo il periodo di evitamento dell’allergene.
I risultati hanno evidenziato che 134 settimane di immunoterapia orale inducevano la tolleranza verso 5.000 mg di arachide nel 71% (68/96) dei soggetti, contro il 2% (1/50) di quelli che avevano ricevuto il trattamento con placebo. La remissione al termine del periodo di interruzione del trattamento è stata invece osservata nel 21% (20/96) dei pazienti trattati, contro il 2% (1/50) del gruppo placebo. Inoltre, altri 20 pazienti trattati con immunoterapia, nonostante la positività del test di provocazione orale con 5.000 mg di arachide, hanno tollerato almeno 1.755 mg (pari a circa 6 arachidi), dimostrando un importante incremento della soglia di reattività verso l’alimento. Infine, il test in aperto, eseguito con 8.000 mg di burro di arachidi, nei pazienti che avevano raggiunto la remissione, è stato superato dall’85% (17/20) dei partecipanti che avevano assunto l’immunoterapia orale e dal solo paziente del gruppo placebo che aveva raggiunto la remissione; degli altri 3 soggetti del gruppo trattato con immunoterapia uno ha fallito il test mentre gli altri 2 non sono riusciti a terminare la dose, rendendo il test non conclusivo, nonostante non avessero manifestato nessuna reazione.
L’analisi dei dati ha permesso di evidenziare come un’età minore all’inizio dell’immunoterapia e un livello basale di IgE sieriche specifiche più basso siano statisticamente associati al superamento dell’allergia. Infatti, nel sottogruppo di bambini più piccoli (12,0-23,9 mesi) la remissione è stata ottenuta nel 71% (5/7) dei soggetti, contro il 35% (7/20) dei pazienti con età 24-35,9 mesi e il 19% (8/43) di quelli con età 36-47,9 mesi.
Nei pazienti appartenenti al gruppo placebo è stato inoltre osservato un importante e progressivo aumento delle IgE specifiche per arachide, dimostrando un incremento della sensibilizzazione nei bambini con allergia all’arachide.
Per quanto riguarda la sicurezza, la maggior parte dei pazienti ha sviluppato almeno una reazione in seguito all’assunzione della dose giornaliera, sia nel gruppo trattato con immunoterapia (98%, 94/96), che in quello trattato con placebo (80%, 40/50). Nella maggioranza dei casi si è trattato di reazioni lievi o moderate in entrambi i gruppi dello studio, mentre il verificarsi di almeno una reazione severa è stato osservato solo nel gruppo trattato con immunoterapia (2 soggetti, 5%). In totale si sono verificati 35 episodi in cui è stata somministrata adrenalina, osservati nel 22% (21/96) dei soggetti trattati con immunoterapia; di questi uno (3%) si è verificato durante l’aumento della dose in ambiente ospedaliero, mentre 45 (37%) si sono verificati a domicilio, 11 (32%) durante la fase di incremento di 30 settimane e 23 (68%) durante la fase di mantenimento. Infine, il 3% dei pazienti che hanno assunto l’immunoterapia orale ha sviluppato esofagite eosinofila diagnosticata istologicamente su biopsia.
Concludendo, il trial IMPACT ha dimostrato come l’immunoterapia orale per arachide abbia permesso la desensibilizzazione nella maggior parte dei bambini trattati e come la remissione al termine del periodo di sospensione della terapia sia stata comunque raggiunta in una proporzione rilevante di soggetti, se confrontata con il gruppo placebo. È stato inoltre osservato come la remissione sia associata con un più basso livello basale di IgE specifiche e con un’età inferiore, suggerendo come un inizio precoce dell’immunoterapia orale per arachide possa permettere un aumento delle probabilità di successo del trattamento. Nonostante ciò, ulteriori studi che prevedano un follow-up più a lungo termine sono necessari per verificare se l’immunoterapia orale sia in grado di indurre un’acquisizione di tolleranza permanente verso l’allergene.
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